Non so dove i gabbiani abbiano il nido (cit. V.Cardarelli).
Tempi di promesse e speranze questi ultimi, uno scenario normale in qualunque chiusura di campagna elettorale. Ad entrambi i candidati giunga l’augurio di riuscire a mantenere gli impegni presi con la cittadinanza; alle grandi aspettative che son riusciti ad instillare nei cuori della gente corrisponderanno grandi onori quando queste verranno davvero appagate, saranno invece un’indelebile macchia qualora dovessero andare deluse.
La nascita della città di Corigliano Rossano porta con sè, non fossero state sufficienti quelle preesistenti, nuove e complesse criticità, non mi aspetto quindi che la futura amministrazione riesca ad assecondare o anche solo ad ascoltare ogni singola richiesta da parte dei cittadini, l’utopia non è di questa terra, mi aspetto invece un passo avanti più pragmatico nella considerazione di cosa è realmente utile fare affichè la neonata città possa finalmente invertire la rotta degli ultimi anni e tornare a progredire.
“Progresso” è parola che spesso viene mal interpretata o quantomeno associata esclusivamente ad ambiti tecnologici, computer, macchine ed intelligenze artificiali, quando invece, molto più semplicemente, vuol dire partire da un punto ed andare avanti.
“Progresso” vuol dire sfruttare il proprio potenziale per migliorare la propria condizione.
Il nostro destino di Corigliano Rossanesi è quello di esser stati baciati in fronte dalla sorte che ci ha dato in dono miniere di ogni bene; purtroppo peró, come facilmente accade, è più semplice piangere miseria, attitudine in cui noi ormai siam campioni incontrastati, che far la fatica di controllare prima il contenuto delle proprie tasche.
Io personalmente, ogni giorno da oltre cinque anni, da quando cioè son entrato nel club dei “ritornanti” (che non è il titolo di una serie televisiva horror ma semplicemente una denominazione per quella categoria di più o meno giovani che, dopo avere vissuto per anni altrove, tornano a casa portando seco una mentalità forse un pò diversa, magari leggermente più aperta, più propensa ed ancora allenata ad andare oltre. Perché si può andare oltre), mi ficco le mani in quelle tasche quando imbocco lo stradone di Sant’Angelo ed inizio a “scendere”. Ogni volta tiro fuori lo stesso assegno in bianco meravigliandomi del perchè non lo abbiamo mai incassato.
Il mare non è certamente l’unica risorsa che ci scordiamo di avere, ma è sicuramente una di quelle che potrebbero dare di più e che invece incredibilmente teniamo in minore considerazione se non l’abbandoniamo del tutto a se stessa.
La lunga ed estenuante premessa quindi per giungere allo scopo di questa lettera, ovvero suggerire al futuro sindaco e ai futuri consiglieri di porre l’attenzione almeno minima e necessaria, dovuta alla marina del nostro comune unico.
Ho avuto modo di riscontrare nei programmi elettorali dei due candidati, ma anche in incontri pubblici con entrambi, la volontà di attenzionare alcuni aspetti della questione.
Da cittadino, elettore, bagnante, pescatore, sognatore ho allora fantasticato su quella che dovrebbe essere per me l’agenda da tenere in considerazione parlando della nostra marina, sempre, beninteso, che la volontà di progredire riesca finalmente a battere il noto refrain di gattopardesca memoria.
Chi, come me, ha quella innata malattia che lo costringe quotidianamente a riempirsi gli occhi di blu, anche solo per pochi minuti, quale panacea di tutti i mali, avrà facilmente individuato qualcuno dei tanti problemi che attanagliano la nostra zona costiera.
Un piano spiaggia disastroso e disastrato, lidi che stanno dove non avrebbero dovuto (e non è certo colpa di chi si trova una concessione autorizzata, ma di chi a monte la autorizzò), concessioni, la gran parte, assegnate da anni non si sa bene come e mai sfruttate, in barba al libero mercato ed in barba alla volontà di chi vorrebbe poter avere la possibilità di creare qualcosa di altro. Soluzioni ricettive sporadiche, insufficienti e totalmente disarmoniche. Ostacoli amministrativi che impediscono a quei pochi volenterosi e lungimiranti di poter operare al di fuori di una stagionalità che non sfrutta appieno l’enorme potenziale non solo turistico ma anche sociale di un’alternativa di mare. Al di fuori dei tre mesi canonici scendere al mare equivale ad una cavalcata solitaria nel selvaggio west, illuminazione che più volte è capitato di veder spegnere già i primi giorni di settembre, nessuna attività commerciale che possa fornire un punto di riferimento ed allo stesso tempo essere presidio per il cittadino. Stato delle spiagge a dir poco desolante, non tanto per le inevitabili conseguenze delle mareggiate, quanto per l’inciviltà di molti che vedono queste stesse come proprie discariche abusive, cumuli di rifiuti speciali per non parlare delle migliaia di bottiglie e dell’infinità di preservativi buttati sulla sabbia (ma almeno in questo caso si renda omaggio a chi consapevole della propria inciviltá ha quantomeno lo scrupolo di limitare la propria riproduzione).
Degrado urbano che non diminuisce man mano che ci si allontana dall’acqua, incuria generalizzata che diventa ricettacolo di branchi di cani randagi, alcune volte docili presenze, altre invece veri e propri pericoli ambulanti per i malcapitati. Coste abbandonate a loro stesse in assenza di una vigile sorveglianza del fenomeno sempre più evidente dell’erosione. Acque patria di pirati di ogni genere e sorta, dalle maledette paranze che imperversano eradicando costantemente la Poseidonia, rara ricchezza, e stravolgendo e sterilizzando l’habitat marino; ai pescatori professionali ( non tutti, certo, il massimo rispetto a chi utilizza le risorse ittiche in maniera onesta per dare un futuro ai propri figli) la cui gran parte ha restituito in cambio di danaro la propria licenza divetando abusivo, o a quei pescatori di frodo che la licenza non l’han mai posseduta eppure si senton liberi di calare centinaia di metri di reti in ogni dove, non rispettando segnalazioni (e diventando quindi un pericolo non trascurabile per la navigazione), non rispettando periodi di fermo biologico e diametri di rete consentiti, il tutto soprattutto nel primo tratto di mare, ovvero nella zona che maggiormente viene sfruttata dagli organismi marini per riproduzione e ripopolamento. Per chiudere in bellezza l’ormai storico, nei miei oltre 40anni di vita è l’argomento annualmente ricorrente per antonomasia, e cronico problema dell’inquinamento delle acque causato da una rete fognaria insufficiente, un depuratore pericolante da decenni, e da rilasci abusivi di reflui in tanti, davvero troppi, seppur noti, posti lungo la costa.
Sembrerebbe la descrizione catastrofica di uno scenario distopico postapocalittico, sa bene chi scende a mare invece, che è la nuda e cruda realtà.
E allora che subentri con la nuova amministrazione anche una nuova coscienza ed un’attenta considerazione dei beni che ci siam trovati per caso tra le mani e che finora invece di sfruttare abbiam tentato in ogni modo di distruggere.
La meta del mio pellegrinaggio fantastico non è una soluzione definitiva ma un suggerimento Modesto e sicuramente non troppo pretenzioso che è facilmente riconducibile a tre semplici parole: Legalità, Sensibilizzazione, Coinvolgimento.
Restaurare la legalità coinvolgendo e coordinando gli organi preposti a seconda delle loro specifiche competenze, i vigili urbani, l’arma dei Carabinieri e la capitaneria di porto, non certo per militarizzare la costa, ma semplicemente per far rispettare poche ed essenziali leggi nell’interesse del bene comune. Non è possibile, come attualmente succede, denunciare un illecito, esser costretti a lasciare le proprie generalità rischiando ripercussioni in prima persona quando poi, la stessa denuncia, nella stragrande maggioranza dei casi non viene nemmeno accolta.
Sensibilizzare questo strano popolo, soprattutto nell’area rossanese, che ha il mare a due passi ma non ne fa propria la cultura, continuando a ritenersi gente di montagna (Gesù Cristo dà il pane a chi non ha i denti), con la corsa al lettino e all’ombrellone a luglio/agosto per poi rinchiudersi in macchina ed iniziare a girare per le vie intasate dello Scalo, con quaranta gradi fuori, già dal giorno dopo ferragosto.
Sensibilizzare questo strano popolo che, ne sono periodicamente testimone, con chilometri di spiagge certamente più pulite, va a farsi il bagno esattamente nello scarico del depuratore (o meglio nella famosa rottura, che pur essendo ben evidente da anni, pare sia stata scoperta solo qualche mese fa), probabilmente scambiando quel vortice marrone per una qualche acqua termale (?!).
Sensibilizzare questo strano popolo che piange la crisi, la miseria nera, e che pur avendo una fonte di reddito (si, cchiù sord pe tutti) di incalcolabile valore, ancora continua a fittare quelle quattro case per dieci giorni all’anno al triplo di quanto si pagherebbe in Sardegna; che pur avendo costi di gestione enormemente inferiori si ostina a vendere pizze e cocktail (iperbole) agli stessi prezzi di Milano marittima, quello stesso strano popolo che invece di accogliere quegli sparuti e pazzi che non si sa ormai bene per quale motivo capitino da queste parti a braccia spalancate, li guarda di sottecchi tutto il tempo cercando di capire come meglio fregarli. (NB per quanto riguarda l’accoglienza l’area coriglianese è senz’altro, tra le due, avanti anni luce). Lo stesso strano popolo che da mai riesce ad organizzarsi insieme e passa il tempo a farsi la guerra, perchè ciò che conta non è quello che faccio io ma quello che il mio vicino non deve assolutamente fare.
Invitare questo strano popolo a guardare pochi chilometri più in là, ad Amendolara, dove un’amministrazione illuminata sta riuscendo anche con poco, a creare davvero tanto.
Quando finalmente avremo la percezione di una restaurata legalità, quando finalmente ci vedremo inevitabilmente costretti a dare il meritato valore a quel tantissimo che abbiamo, allora forse finalmente “diventeremo” Coinvolti (“sentirsi coinvolti” è espressione non consona in questa circostanza perchè porta con se un retrogusto di passività che non possiamo più permetterci).
Coinvolti nel destino della nostra terra, coinvolti nel futuro delle generazioni di Coriglianorossanesi che stan crescendo e di quelle che verranno.
Io ho il sangue salato, sono di quella razza strana che risponde al nome di “gente di mare”, e solo di mare parlo, forse è per questo che mi risulta così difficile rimanere con i piedi per terra, ma mi auguro che questo messaggio nella bottiglia possa tra qualche giorno esser ripescato e non abbandonato a galleggiare tra le onde costretto a sperare nell’approdo in un lido migliore.
Giulio Novello