Un vero e proprio scrigno incastonato tra verde, acqua e antichi forni. Un tesoro d’immane bellezza che merita di essere inserito in un circuito turistico per la gioia di quanti, e non sono pochi, hanno a cuore le sorti della città. È la “Valle dei Mulini”, nel cuore del centro storico coriglianese, ove nella mattinata di ieri migliaia di persone d’ogni età si sono riversate per partecipare alla “Passeggiata ecologica”, magistralmente organizzata dalla Pro loco di Corigliano.
Si è andato così rinnovando il tradizionale rito del Primo Maggio molto caro alla comunità locale: “U passaggi ‘i l’acqua”. Un’usanza ancora sentita e tramandata da tante famiglie, il cui significato è narrato in un racconto del compianto professore Tonino Russo.
“Fino a circa quarantanni fa, infatti, in ogni casa, povera o ricca che fosse, vi era una cassa o un piccolo casciùni, dove si teneva ia provvista dei fichi secchi infornati: a ppallotta, a gghietta, a scarcella, a crucetta. La provvista serviva per l’inverno, però non veniva consumata tutta, ma una piccola scorta si conservava per il mese di maggio e serviva per compiere il rito ‘i ri passaggi ‘i l’acqua. Infatti, secondo un’antica tradizione, la mattina del primo maggio ogni componente la famiglia mangiava tre fichi secchi recitando per ognuno di essi un Pater Noster dedicato a San Paolo. E qui terminava la prima parte del rituale. Poi tutta la famiglia usciva ed andava alla ricerca di un qualunque corso d’acqua: ruscello, torrente, parte guadabile di un fiume, scoli di acque di sorgenti, ecc.. Ultimata la ricerca, iniziava la seconda parte del rituale, quella del passaggio attraverso l’acqua. Cominciava il capofamiglia: si faceva il segno della croce, recitava un altro Patrinnuostrsi dedicandolo ancora a San Paolo al quale chiedeva di tenere lontano da lui tutti i rettili, specialmente quelle velenosi, lìpiri e àsprici e quindi attraversava l’acqua. E così per tre volte. Al capofamiglia seguivano la moglie e poi ad uno ad uno i figli. Col passar del tempo, la seconda parte del rituale ha subito un cambiamento secondo il quale non si andava più sul posto a «passare l’acqua», ma si rimaneva a casa. Si metteva a terra un recipiente con acqua, generalmente una bacinella, e comodamente lo si scavalcava per tre volte rivolgendo a San Paolo la stessa preghiera e facendogli la stessa richiesta. Secondo alcune testimonianze raccolte, i due rituali, quello di mangiare i tre fichi secchi infornati e quello del «passaggio dell’acqua», non avvenivano lo stesso giorno: i tre fichi si mangiavano il primo maggio mentre l’acqua si passava il tre maggio, festa della Santa Croce. Ormai sono pochissimi i Coriglianesi che il primo maggio «passano l’acqua» e pochi anche quelli che lo stesso giorno appendono alla finestra o al balcone un asciugamano bianco ricamato con sopra appuntato un fiore rosso e una spilla d’oro (ricordo di famiglia) per festeggiare l’inizio del mese dedicato alla Madonna”.
Fabio Pistoia