È una vera e propria emergenza quella che sta attanagliando Corigliano-Rossano, negli ultimi anni, e a cui nessuno sembra dare il giusto peso e per cui si pensa che valga la pena di lottare. Dopo anni di sudate conquiste, la nostra terra è stata, oramai, del tutto privata dei servizi essenziali fondamentali quali giustizia -a causa della soppressione del Tribunale a favore del paesello su per i monti- e sanità -causa dello smembramento dei reparti nei due spoke, che arrancano a garantire i livelli minimi, e della soppressione dei nosocomi di Trebisacce e Cariati- in primis.
L’agricoltura e la pesca, poi, sono state mortificate dalle decisioni assunte dalle politiche comunitarie fallimentari a cui nessuno si è opposto, e mi riferisco, in particolare, al costo misero di vendita delle clementine, in favore delle importazioni di Marocco e Spagna, e al proibizionismo della pesca della “sardellina”, che stanno gettando sul lastrico intere famiglie di lavoratori.
A dispetto di quanto accadeva in passato, allo stato attuale Corigliano e Rossano sono diventate terre di confine, in cui le popolazioni soffrono e arrancano ad arrivare a fine mese, un territorio dissanguato e senza punti di riferimento. La responsabilità è tutta politica, la quale, negli ultimi vent’anni, si è asservita agli interessi accentratori della provincia di Cosenza, dove sono state assunte le decisioni scellerate delle spoliazioni che ci hanno visti vittime di un abbandono progressivo e inesorabile.
Le proteste poche e vane.
È, però, arrivata l’ora di reagire a tutto questo, di avere uno scatto di orgoglio e, sulla scia delle giuste rivendicazioni dei pastori sardi (che lottano per la mortificazione del costo del latte, che non permette di coprire neanche i costi di produzione), è giunto il tempo di avere un sussulto di identità territoriale e di orgoglio personale, programmando e predisponendo azioni reali, concrete e inclusive di tutta la popolazione per cercare di rivendicare i sacrosanti diritti negati affinché si possano ricreare le possibilità per lo sviluppo di quest’area e della nuova città unica. In alternativa, è inutile chiedersi il perché della decisione di tanti giovani, e meno giovani, che decidono di partire sugli autobus-carri bestiame (in assenza di altri mezzi di traporto) e di non tornare più. È il momento di svegliarsi dal torpore delle coscienze e dal sonno della mente, nessuno si senta escluso!
Titti Scorza