Ho riflettuto a lungo prima di scrivere questa lettera. Ho pensato e ripensato alle conseguenze ma poi ho capito che se dici la verità, non devi avere paura, né temere conseguenze. Probabilmente potrà sembrare strano che un parroco prenda la parola in contesti che vanno al di là delle sue competenze, ma non lo è. Non lo è soprattutto in questo caso, perché non è il parroco che parla. Io sono un sacerdote, ma sono anche un membro di questa comunità così duramente colpita da un evento catastrofico che di naturale non ha proprio nulla.
Ho aspettato che passasse un’altra lunga notte prima di esprimere pubblicamente il mio pensiero. Ho atteso che si calmasse il tumulto di pensieri che affollano la mia testa e soprattutto la testa dei miei concittadini.
Una notte di lacrime, una notte di tanta paura ancora, di smarrimento si, ma anche di tanto coraggio. Il coraggio di chi vuole rialzarsi, di chi non ci sta a subire in silenzio.
È di dominio pubblico ormai quello che è successo nelle frazioni di Thurio e Ministalla, le due contrade di Corigliano Calabro che nella notte precedente sono state sorprese dalla furia cieca del fiume Crati, nel cuore della notte.
Il fiume ha esondato, ha rotto gli argini, si è ripreso il suo territorio, caricando e travolgendo nella sua folle corsa agrumeti interi, case, macchine, animali.
Ha chiesto un tributo altissimo e l’ha ottenuto. A prezzo di tante vite distrutte dal dolore nel vedere i sacrifici di una vita “immersi” nell’acqua melmosa e minacciosa.
Un dolore enorme che non si può contenere, reso ancora più amaro dalla consapevolezza che si poteva evitare una simile tragedia.
Si sapeva, si sapeva da anni. L’ennesima tragedia annunciata che purtroppo si è materializzata in tutta la sua crudeltà.
Io non mi occupo di politica, il mio ruolo esula dalle dinamiche contorte di un meccanismo che sempre più spesso dimostra di avere falle dappertutto.
Non darò colpe, non punterò il dito, non sarà un sermone pesante il mio pensiero.
Però, da parroco, da membro di una comunità che amministro da quasi otto anni, non posso restarmene con la bocca chiusa di fronte alla disperazione di uomini e donne di cui conosco volti e storie.
Vedete, la vita di un parroco non è solo dire messa la domenica. In molti credono sia così, ma quando incroci le vite dei tuoi parrocchiani, in qualche modo diventano membri della tua stessa famiglia.
Ed è così che mi sento io di fronte ai loro occhi disperati, alla rabbia a stento repressa di chi sotto quel fango ha perso tutto, allo sconcerto di chi non riesce a comprendere quale assurdo disegno divino si nasconda sotto questo evento “luttuoso” e “delittuoso”. Mi sento un familiare.
E da familiare urlo il mio disappunto e la mia rabbia.
L’esondazione POTEVA E DOVEVA essere evitata. La situazione del fiume è argomento di discussione da anni. I problemi degli argini corrosi erano noti a chi di dovere. Allora perché non si è agito in tempo?
Qui non c’è un disegno divino, qui c’è l’incuria di chi avrebbe potuto fare e non ha fatto.
Certo, la mano dell’uomo ha contribuito, e non di poco, ad aggravare la già precaria condizione del fiume. L’abuso edilizio, gli agrumeti dove non dovrebbero esserci, i canali di scolo chiusi…un lungo elenco di cose che non dovrebbero essere concesse.
Però c’è anche la scarsa presenza di una parte politica che dovrebbe occuparsi un po’ di più della sua gente. Non voglio pensare che ci siano cittadini di serie A e cittadini di serie B, perché sarebbe una terribile sconfitta per una società civile.
Determinati lavori di manutenzione VANNO FATTI.
Determinati lavori di ristrutturazione VANNO FATTI.
Determinati controlli VANNO FATTI.
Le denunce dei cittadini VANNO ASCOLTATE.
Le paure VANNO ASCOLTATE.
Perché altrimenti è la fine. Non servono a nulla i discorsi del giorno dopo, le parate per dare lustro a certe categorie, lo scaricabarile a chi doveva fare e non ha fatto. Non servono a niente, se non ad accendere ancora di più gli animi di chi non ne può più di sentirsi preso in giro.
Si prenda coscienza di ciò che è successo, e soprattutto si dia una mano nel concreto alle famiglie che hanno subito danni irreparabili. La nostra terra non può essere abbandonata, non può restare sempre nell’ombra, in balìa di chi decide di fare il bello o il cattivo tempo.
Perché poi, quando il tempo, quello vero, decide di fare il “cattivo” il risultato è quasi sempre quello che si è presentato agli occhi di tutti questa volta: un enorme disastro.
Non lasciate sola la mia gente cari politici, non abbandonateci. Non dileguatevi e non passate di mano “la patata bollente.
Oggi non è un giorno come tutti gli altri, non lo è per noi soprattutto. I giorni a venire saranno ancora più difficili, abbiate a cuore la mia gente.
Io come parroco mi stringo al dolore della comunità tutta, e soprattutto a chi in questo momento sta affrontando momenti difficili, estendendo la mia disponibilità e quella di tutti i miei parrocchianii a renderci utili in qualsiasi modo.
Ringrazio le forze dell’ordine di qualsiasi ordine e grado per il grande lavoro svolto, per la coordinazione di tutti i movimenti di salvataggio e per la sensibilità che dimostrato nei confronti di chi è stato colpito dalla disgrazia.
Voglio ricordare che oggi, alle ore 17, nella chiesa di Apollinare, ho indetto un incontro straordinario, per esprimere sostegno, aiuto, vicinanza alle famiglie colpite, riunendoci in preghiera.
Nei giorni prossimi decideremo come aiutare nel concreto chi ha bisogno. Perché se la preghiera è importante, le mani che aiutano lo sono ancora di più. Il Signore lo sa.
Il parroco Don Cosimo Galizia