Anche l’Italia entra con colpevole ritardo nel gruppo europeo di lavoro sulla blockchain, la European Blockchain Services Infrastructure. Come ha annunciato il neo Ministro dello Sviluppo Economico italiano Luigi di Maio a fine settembre, l’Italia si aggiunge agli altri 26 stati europei che avevano aderito ad un accordo il cui obiettivo è quello di scambiare informazioni, esperienze e tecnologia a livello europeo.
Per i cittadini del Vecchio Continente al momento questo accordo non rappresenta una notizia di particolare interesse pratico, visto che la tecnologia blockchain è ancora agli albori in termini di applicazione nella vita quotidiana. Quello che forse interessa di più è se questo maggior interesse degli Stati attorno alle criptovalute può rendere l’asset profittevole in termini di investimento finanziario.
A disposizione degli investitori le piattaforme di exchange mettono ormai da mesi molte criptovalute. Si va da btcusd a xrpeur fino ad arrivare a cross particolarmente “esotici” come ethjpy. La speculazione sulla criptovaluta si incrocia quindi alla speculazione sull’andamento della valuta cosiddetta “fiat”, scommessa allo stato puro che sta restituendo però smalto ai vari broker sparsi per il continente europeo.
Tornando invece all’accordo europeo sulla blockchain, sappiamo che il progetto prevede risorse per 300 milioni di Euro che la Commissione Europea intende destinare a questo settore. L’obiettivo della UE è quello di migliorare la tutela della privacy e dei dati sensibili degli utenti, diminuire truffe e frodi online, migliorare la tracciabilità delle informazioni e l’accesso a servizi pubblici e privati.
Come si sta attrezzando però l’Italia per offrire un contributo a questo accordo europeo?
Dopo un gruppo di lavoro dedicato all’intelligenza artificiale partirà un gruppo di lavoro anche per il mondo blockchain. Gli esperti che aderiranno al gruppo definiranno una strategia che, tramite il supporto del Governo italiano (forse con parte degli introiti delle aste delle licenze 5G), promuoverà e supporterà iniziative nel campo dell’innovazione digitale. Nel frattempo tempo il comune di Napoli ha già intrapreso la sua avventura blockchain con la delibera dello scorso 5 ottobre, che prevede l’avvio dello studio di fattibilità per favorire la generazione, la distribuzione e utilizzo di una “valuta virtuale digitale” e/o “token” legata all’economia della Città.
Questo schieramento di forze a livello europeo quanto potrà influenzare le quotazioni delle criptovalute? Ovviamente è una risposta difficile da dare ora, anche perché siamo solo alla fase progettuale. È ovvio che l’aumento della domanda di nuovi progetti ad esempio conclusi tra controparti tramite smart contracts, aumenterà l’utilizzo anche delle monete virtuali sulle quali queste tecnologie si basano. Vale per bitcoin come per ethereum piuttosto che per ripple o altre criptovalute minori.
Probabilmente gli investimenti più profittevoli, ma anche più rischiosi, saranno quelli nelle società che opereranno a livello commerciale nel settore della blockchain. Come ha scritto l’Harvard Business Review in uno studio, “la blockchain farà al mondo della finanza quello che internet ha fatto al mondo dei media”.
Siccome nella finanza di soldi ne girano parecchi, va da sé che ci saranno società che saranno capaci di attirare le attenzioni dei grandi player e chissà, magari di creare la altcoin standard del futuro che potrà essere assimilata a Google per i motori di ricerca.