Esistono,al mondo,due tipi di fannulloni: -Quelli furbi e magari anche intelligenti; -Quelli incapaci e magari anche sciocchi. Sono due categorie che esistono,da sempre,nella società italiana,ma dagli anni 50 a venire avanti si sono talmente codificate e radicate nella politica che li ritrovi,sempre,tra le file dei militanti di partito,specialmente di quelli che ti garantiscono il “posticino”,di tutto riposo e,a seconda del rango e della pre-potenza e dell’arroganza,il “posto”,cioè con mansioni dirigenziali in Enti di Stato e Parastato.
E non chiedetemi quali sono questi partiti,se non quelli che, da sempre,vagheggiano lo Statalismo spinto ai massimi ed anche ai minimi livelli.E non crediate che la cosa faccia gola soltanto ai partiti classici dello statalismo marxista,cioè comunisti e socialisti ma,e soprattutto,i partiti cattolici, quelli caritatevolI e pervasi di buonismo populista,tutti casa, chiesa e sicurezza sociale,a prescindere dal rendimento nel lavoro,purchè il datore di lavoro sia sempre e soprattutto lo Stato,da loro rappresentato nella gestione,in modo di disporre della gestione economica,quella che dà …il potere.
Paradossalmente i più accaniti e feroci statalisti,a cominciare da don Dossetti,padre spirituale di Romano Prodi,fino a padre Pintacuda,mentore di Leoluca Orlando,furono quelli che,con voluttuosa perfidia,ostacolarono e rinnegarono l’ispirazione liberale del fondatore del Partito Popolore,don Luigi Sturzo, che aveva concepito un partito cattolico sostenitore di una economia liberale su modello anglosassone.
E le conseguenze furono disastrose per l’Italia che,ancora oggi, si dibatte tra i disastri causati da quelle scelte. Un esempio? Ricordate Enrico Mattei? Fu il Re dello statalismo, che furoreggiava negli anni 50-60.E lui,a capo della “sua” ENI e della sua AGIP,e della sua ITALGAS,che poi,sue non erano affatto ma,se mai,nostre,visto che campavano con le nostre tasse.
E probabilmente quelli della mia generazione ricorderanno l’efficace slogan “cane a sei zampe fedele amico dell’uomo a quattro ruote”,per la benzina.E,per il metano,”gatto a tre zampe. E quando si accorse che quegli enti gli davano la più completa disponibilità di un vertiginoso volume di soldi,ci prese tanto gusto che non rinunciò a disporne con ampia,incontrollabile facoltà,riuscendo a comprare tutto,specie i voti da mettere a disposizione dei partiti e delle correnti che a lui facevano comodo.E tutti i politici piagnucoloni si rivolgevano a lui per trovare il posto ai loro galoppini e,addirittura,a rilevare aziende decotte“risanandole”con i nostri soldi,ma che sempre decotte restavano,in spregio ai sacri principi del “libero mercato” che imporrebbe la “morte” delle aziende decotte a causa della incapacità dei dirigenti se non della malversazione.
Arrivò,persino,a produrre,un tipo di saponette da toilette,Zignago, che il solo pensiero che potesse avere una componente di petrolio, faceva storcere il muso.E se non era socialismo reale questo,ditemi che cos’era una saponetta prodotta dallo Stato che,se permettete, aveva ben altre gatte da pelare in fatto di economia,altro che dedicarsi alla… cosmetica.
Ci fu il caso della “Pignone”,un’azienda metalmeccanica decotta di Toscana che,in un paese liberista come gli USA,sarebbe stata destinata a fallire per il bene dell’economia nazionale e,soprattutto, degli stessi dipendenti che,senza artificiosi interventi di quel triste rimedio della “Cassa Integrazione” si sarebbero ricollocati,secondo le rispettive capacità,presso altre aziende floride e produttive. Da noi,no! E quella Pignone,malgrado massicci interventi statali di agevolazioni,e Cassa Integrazione,e pietismo sindacale,finalmente, era arrivata all’agonia. Ma in un paese come l’Italia di allora,destinato a diventare sovietico, non era consentito,come del resto ancora oggi,morire.Non si può licenziare in tronco migliaia di dipendenti,anche se fannulloni,magari proprio quelli che con il loro fannullismo hanno creato le premesse di quell’agonia.
Ed il sindaco democristiano di Firenze,il “Sindaco Santo” Giorgio La Pira,seppe versare così bene le sue lacrime che Mattei si accollò anche questa rogna,cambiandone solo il nome in “Nuovo Pignone” ma lasciando intatto il vecchio assetto,magari con l’aggiunta di altri dipendenti.Tanto una saponetta in più o una saponetta in meno, si,poteva sempre grattare il fondo per prolungare quell’agonia. Assicurò alla Pignone la garanzia della commessa di “bombole” da gas per la distribuzione del suo “Agipgas”,magari ad un prezzo più gravoso di altri offerenti con gestioni non statali. Ed oggi che il mercato del gas in bombole è quasi inesistente? Non cercate di capire che fine ha fatto quella marea di dipendenti.
Non ci credereste.Hanno addirittura aperto una sede a Vibo Valentia,magari con una pletora di tecnici ed operai che,con, probabilità,hanno gli stessi problemi di riutilizzazione e di occupazione e rioccupazione e cassa integrazione di 40 anni fa. I metodi di Mattei,comunque,erano noti per la spregiudicatezza. Lui stesso usava dire che i politici,per lui,erano come i tassisti. Di volta in volta lui “pagava la corsa” a seconda del servigio reso, e poi chi s’è visto s’è visto.Entrambi “soddisfatti o (e) rimborsati.
Comunque il suo convincimento di grande “manager” di Stato con risvolti da delirio di onnipotenza,lo pagò troppo caro,con la vita,addirittura,quando volle sfidare,colpito da un complesso di “grandeur”,la potenza delle “sette sorelle” del petrolio che erano tutt’altro che “soddisfatte” delle …mance che andava elargendo. E non crediate che il Carnevale sia finito.Per il peggio,in Italia, non c’è mai “quaresima”,specie nel profondo Sud.
Ernesto SCURA
P.S. Quando,negli anni ‘60,la DC decise,con un apposito congresso, a Napoli,di accogliere nella coalizione governativa il Partito Socialista di Nenni,per scongiurare risicate maggioranze nelle sedute parlamentari,accettò la condizione,posta dal PSI,di accompagnare l’evento con la decisione di procedere ad una clamorosa statalizzazione per dare atto della scelta decisionale imposta dal PSI che qualificasse la scelta come una scontata conquista del proletariato da loro rappresentato.
Si trattava della nazionalizzazione dell’energia elettrica che sarebbe stata gestita da un ente di Stato,l’Enel,che avrebbe tolto ai privati il “vergognoso arricchimento” a spese del popolo che pagava salate bollette,e favorendo,così dicevano,la fornitura di energia elettrica,a bassi costi,specie all’agricoltura,che si dibatteva in mille difficoltà.Ed ENEL fu.
Ma le tariffe continuarono a lievitare,peggio di prima,e le facili assunzioni politiche,peggio di prima,e sappiamo come andò a finire,fino a dover riconoscere lo scorno e la demenza di quella nazionalizzazione. E privatizzazione fu che,magari,di privato ha ben poco.E sotto certi aspetti siamo messi ancora come prima.Basta vedere chi sono i nuovi gestori…( ci provò persino Carlo de Benedetti che si trovò subito nelle rogne e fu costretto a recedere per evitare ulteriori danni all’Italia,come quella volta che riuscì a distruggere la magica Olivetti,l’azienda prima in Europa,e forse nel mondo, nel campo dei computer.Solo un “genio del male”,come lui poteva ridurla al fallimento,garantendosi però una favolosa buonuscita,e facendola precipitare nell’oblio tecnologico,privando l’Italia di quel prestigioso invidiabile primato mondiale).
Ma è tanto difficile liberalizzare? Eppure basterebbe guardare a quei paesi che alla liberalizzazione devono la loro efficienza e tutto il loro benessere diffuso ed incontestabile.
Ma quei paesi non hanno mai,nella loro storia,avuto la disgrazia di ospitare il più forte partito comunista del mondo occidentale, fiancheggiato da compiacenti partiti “democratici” col cuore a sinistra e il portafogli a destra che,affidandogli un vantaggioso sottogoverno,gli diedero ampia delega nei porri che contano: Magistratura,Cultura (Università e Scuola in tutti i gradi),Cinema, Teatro,Premi Letterari,Premi artistici e monopolio dei “fatti storici” da raccontare solo in chiave “Resistenza”,in cui Moranino è sinonimo di “Santo”(stinco) e“Triangolo della Morte”,al massimo, suscita richiami geometrici o da “2 novembre”.