Il Decreto Dignità sempre al centro del dibattito: il prossimo 30 luglio si terrà alla Camera la discussione generale sul provvedimento voluto da Luigi Di Maio. Per l’esame del Decreto, dunque, i tempi si sono leggermente allungati: le discussioni, riguarderanno principalmente l’articolo 9 in tema gioco, cioè quello più contrastato, dal momento che vieta sponsorizzazioni e pubblicità aumentando il preu per slot e VLT.
L’applicazione del decreto rischia però di oscurare completamente il settore del gambling online, penalizzando i casinò online a discapito del segmento terrestre. Nei giorni passati NiklasLindahl, country manager di LeoVegas, ha presentato un reclamo alla Commissione Europea contro il Decreto Dignità, sostenendo che esso “violi la legislazione dell’Unione Europea”. In particolar modo” il divieto assoluto di pubblicità, diretta e indiretta, legata al gioco d’azzardo è stato adottato in violazione dell’obbligo di notifica dell’articolo 5 della Direttiva dell’Unione Europea 2015/1535 e viola inoltre gli articoli 54 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Tfue)”.
Ieri però il Decreto ha mosso un ulteriore passo: è stato approvato l’emendamento dei relatori che prevede la conferma del divieto contenuto nella legge di Stabilità 2016, quella cioè che limitava le pubblicità del gioco. I comma della legge di Stabilità prevedevano infatti che la propaganda pubblicitaria, audiovisiva di marchi o prodotti legati al gioco comprendenti vincite di natura pecuniaria venisse raccomandata dai principi 2014/478/UE della Commissione Europea, risalenti al 2014, secondo cui la pubblicità di giochi con vincite in denaro è vietata in trasmissioni radiofoniche e televisive, generaliste, dalle ore 7 alle ore 22 di ogni giorno. Esclusi dal divieto solo i media specializzati, individuati con decreto dal Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Sulla base della proposta dei relatori, la presidente della commissione Finanze Carla Ruocco ha disposto l’accantonamento di vari emendamenti.
L’emendamento Bellucci (FDI), in primis, che chiede di sostituire nell’articolo 9 la parola ludopatia con “disturbo da gioco d’azzardo”. L’emendamento Baroni (M5S), già riformulato, prevede diverse modifiche all’art.9: “sostituire la parola ludopatia con disturbo da gioco d’azzardo, aggiungendo alle parole ‘giochi‘ o ‘scommesse‘ con vincite in denaro anche ‘gioco d’azzardo‘; sostituire il termine internet con ‘canali informatici digitali e telematici, inclusi i social media”.
L’emendamento Manchini (PD) chiede l’inclusione, tra i divieti, anche delle insegne di esercizio. L’emendamento Pastorino (LEU) chiede la modifica del periodo del Comma 1, con l’aggiunta di quanto segue: “A decorrere dalla medesima data, sono vietate tutte le forme di promozione o di pubblicità relative ad apertura ed esercizio di nuove sale da gioco o scommesse con vincite in denaro nonché le sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotto, o servizi e forme di comunicazione di contenuto promozionale […]”.
Il primo emendamento Martino (FI) prevede di aggiungere, dopo il comma 1, quanto segue: “Qualsiasi comunicazione commerciale che riguardi giochi con vincite in denaro reca in ogni caso dei messaggi di avvertimento con: denominazione sociale del concessionario, dato identificativo numerico della concessione ed estremi del visto di conformità. Poi ancora i loghi dell’Agenzia, l’avvertenza “Il gioco è vietato ai minori e può causare dipendenza patologica”; inoltre l’indicazione dell’indirizzo web dell’Agenzia su cui consultare la probabilità di vincita e cioè la percentuale sotto forma di legenda per giochi similari. Se è presente anche il sito web tanto meglio.
Ulteriori emendamenti chiedono integrazioni e correzioni ai punti più critici dell’articolo 9. I sopracitati sono i più importanti. Intanto, in una lettera inviata alla Federazione tabaccai, l’istituto Milton Friedman ha voluto esprimere solidarietà per quanto concerne i punti critici legati al gioco e all’utilizzo di sigarette elettroniche, auspicando nel veto del Parlamento. La politica avrebbe il dovere di tutelare chi rappresenta la rete nazionale che eroga servizi per conto dello Stato. Cosa che il Decreto, evidentemente, non fa, stando ai critici. Il 30 luglio si avvicina, la battaglia però non è ancora terminata.