Dal 1° Volume de “Le Botteghe di una volta” di Corigliano Calabro, pubblicato dalla Libreria ”Il Fondaco” il 10 aprile 2016
Il Bar Gatto Bianco, uno dei bar più famosi della mia Città, nasceva, forse, nella notte dei tempi. Non ne conosco le origini, ma provo solo a fare delle ipotesi, in base a qualche documento storico che ho letto. Per il nome, credo che si faccia riferimento a qualche gatto dal pelo bianco che aveva l’abitudine di sostare all’interno del Bar, o meglio della Taverna. Così, all’inizio del secolo scorso, veniva chiamato il bar: Taverna del Gatto Bianco.
Per le origini, invece, può darsi che ci sia una probabile correlazione tra ”La Taverna dell’Acquanova”, antico nome della Piazza del Popolo, per la presenza di una taverna appartenente al feudatario, e la Taverna del Gatto Bianco. Se è così, allora le origini risalgono a moltissimi anni fa, quando più che un bar era una taverna-trattoria.
A tale proposito, riporto integralmente il seguente articolo del periodico coriglianese ”Il Popolano” del 1947, a conferma di queste mie ipotesi.
«Non v’è ormai a Corigliano chi non conosca la “Trattoria del Gatto Bianco”, e non v’è chi non senta il fascino da cui sembrano circondate queste tre magiche parole che circondano il caratteristico ritrovo mondano di un tempo. Esse, infatti, richiamano alla mente un mondo romantico e lontano, pieno di amori e di galanterie, di intrighi e di misteri. E quel ritrovo galante di un tempo, su cui simboleggia il “Gatto Bianco”, oggi non è che un moderno locale pubblico ove all’esterno continua a sonnecchiare l’umile micio dall’aria stanca e sorniona che sembra racchiudere ancora in sé il ricordo di un avventuroso passato. Tutti, abbiamo detto, conoscono a Corigliano la Trattoria del Gatto Bianco. Si sente spesso dire: “sono stato alla Taverna del Gatto Bianco, ho ballato al Gatto Bianco, ho gustato un gelato squisito al Gatto Bianco, e via di questo passo. Ma, dirà qualcuno che non lo conosce, che cos’è dunque questo Gatto Bianco? Ecco, glielo diciamo in breve: è un simpatico ritrovo mondano dove effettivamente si assaporano i più squisiti e i più svariati prodotti di pasticceria, gelateria, caffè, liquori, dove si ascolta la musica preferita della caratteristica orchestra – jazz di Totò Gallina. Le più spiccate famiglie della città frequentano questo moderno ritrovo, le più eleganti signore vi recano il loro profumo e la loro grazia, le signorine più distinte il loro sorriso. E v’è ancora di più: all’infaticabile proprietario del Gatto Bianco non manca quello squisito senso di ospitalità e di gentilezza, e nelle varie serate danzanti tenute nel suo locale esso ha curato anche la raccolta di somme a scopo di beneficenza, devolvendole all’Ospizio di Mendicità “Cor Bonum”. Noi Coriglianesi siamo veramente grati all’amico Storino di averci regalato questo piccolo Eden dove ognuno può trascorrervi qualche ora in sana allegria. Mentre gli facciamo i nostri complimenti, gli auguriamo che possa presto portarla al più fastoso avvenire, con la raccomandazione, però, che non dimentichi di serbarci sempre quel piccolo angoletto per la nostra consueta tazza di caffè.»
Così, nel 1947, un giornalista del “Il Popolano” descriveva il Bar del Gatto Bianco. Un ritrovo dove le serate venivano allietate da cantanti e ballerini. Tra i primi, molto famosa, per le sue doti melodiche, la signora Elena Herbert, tra i secondi, invece, la coppia Sister Fiore. Sempre affollato, il Bar Gatto Bianco negli anni ’40 rappresentava un punto di riferimento nel panorama dei locali più esclusivi non solo di Corigliano, ma dell’intero territorio. Si davano appuntamento in questo famoso bar gente di Rossano, di Trebisacce, di Terranova da Sibari, dei paesi albanesi… per trascorrere una serata all’insegna della buona musica e del ballo.
In sintesi, un ambiente mondano e rilassante, che qualche volta andava anche oltre la musica e il ballo.
Mi sembra doveroso, a questo punto, dedicare qualche riga allo storico e dinamico personaggio Domenico Storino, noto come don Mimmo Storino, che aveva trasformato una vecchia Taverna in un piccolo Eden, come dice il giornalista del ”Il Popolano”.
Domenico Storino, nato il 1° maggio del 1896, – così mi raccontava suo nipote, Sergio Campana, – era un valente meccanico cosentino, che, negli anni ’20, aveva partecipato, come pilota, alla storica gara automobilistica ”Coppa della Sila”, distinguendosi per bravura e per temerarietà. Un uomo dalle mille risorse, era molto noto negli ambienti cosentini, soprattutto per le sue idee politiche. Iscritto al Partito Socialista, era un grande attivista, sempre presente, e in prima fila, alle manifestazioni del partito. Con l’avvento del Fascismo, però, per le sue idee politiche, l’irriducibile Domenico non ebbe vita facile. Fu confinato negli anni ’30 a Corigliano, dove, nonostante tutto, continuò a non tradire mai i suoi ideali politici. Insieme alla moglie, che aveva conosciuto a Vicenza durante il periodo della prima guerra mondiale, Ernesta Zaccaria, iniziarono a gestire la Taverna del Gatto Bianco, trasformandola in un moderno bar. Fu subito un grande successo. Don Mimmo, come era chiamato da tutti, spesso si recava a Napoli per ingaggiare personaggi dello spettacolo per animare le serate coriglianesi. Ma ritorniamo al Bar Gatto Bianco.
Un bar molto famoso anche per i suoi prodotti di pasticceria e di gelateria, curati con molta professionalità dal giovane cosentino Mario Manna, che, dopo l’esperienza di Corigliano, ritornerà a Cosenza per aprire con i suoi fratelli il Bar Manna, uno dei Bar più famosi dell’antica città dei Bruzi degli anni ’60.
Ma, come si suol dire, le cose belle non durano in eterno. A marzo del 1948 don Giorgio Salvidio, proprietario dei locali, iniziava i lavori di muratura per adattarli in gran parte a sala di proiezioni cinematografiche: il Cinema Moderno. Lasciava a don Mimmo Storinosolo pochi metri quadrati per gestire solo l’attività del bar. Praticamente, un monolocale con una sola porta d’ingresso, alla cui destra un piccolo spazio riservato alla vendita di tabacchi del signor Giovanni Russo, di fronte una porta che dava l’accesso al cinema, seguiva il bancone di servizio, la cassa, una porta vetrina e, salendo quattro gradini – lo ricordo bene – un laboratorio per la lavorazione dei prodotti di pasticceria.
La porta di fronte all’ingresso del bar, quando don Giorgiorealizzerà, negli anni ’50, un altro ingresso per il cinema, resterà per sempre chiusa.
Ma, nel frattempo, il dinamico e fantasioso don Mimmonon si perdeva d’animo. Nel 1949, apriva a Schiavonea, sulla spiaggia, un attrezzatissimo ed elegante Bar-Pizzeria con una grande pista da ballo circondata da verdi salici: La Taverna Azzurra. Una balera con tante luci colorate, musica di ogni genere e animata da spettacoli di varietà. Una grande novità allora per la nostra città. Era un punto di riferimento, durante il periodo estivo, di molti giovani amanti del divertimento, che potevano gustare, in buona compagnia, succulenti pietanze preparate dal personale specializzato in materia culinaria, nonché le delizie del Bar Gatto Bianco.
Ecco come il quindicinale coriglianese Cor Bonum, n. 9, del 7-8-1949, descriveva La Taverna Azzurra : Incantevole ritrovo di Schiavonea con grandi serate danzanti che si inquadrano in una cornice sfolgorante di luce e di colori… un vasto pubblico femminile che ogni sera si alterna sulla vastissima pista nei tanghi languidi e appassionati, nei valzer più vorticosi, nei ritmi più indiavolati… durante le serate danzanti saranno elette diverse reginette della spiaggia, cui la Direzione del locale offrirà una fotografia nella posa che esse preferiranno.
Un bel gran successo quello della Taverna Azzurra di Schiavonea.
Anche per il bar Gatto Bianco, vi riporto integralmente una locandina pubblicitaria del quindicinale coriglianese Cor Bonum (n. 15 del 24 agosto del 1952):
“I migliori rinfreschi ed il caffè più gustoso vi saranno serviti con squisita cortesia solo al “GATTO BIANCO”. Il “messicano” è inoltre la sua specialità. VISITATELO.”
Ma che cos’era questo messicano? Semplice. Al cinema Arena Italia, in viale Rimembranze, si proiettava, nei primissimi anni ’50, un film con due protagonisti messicani. Durante una scena di questo film in un deserto, i due personaggi, sotto la calura di un sole cocente, esprimevano un desiderio da realizzare in quel particolare momento. Mentre, uno dei due esprimeva il desiderio di avere tra le proprie braccia una bella donna, l’altro, invece, insofferente di quel caldo torrido, esprimeva il desiderio di un bel bicchiere di acqua con del gelato al limone dentro. Da qui, il termine messicano, appunto un bicchiere di acqua con dentro un buon gelato a limone. Ma ritorniamo, ancora una volta, al nostro personaggio don Mimmo.
Il cosentino Domenico Storino era un personaggio molto noto a Corigliano. Amato e odiato. Un forestiere, come qualcuno astiosamente lo definiva, dalle mille idee. Si interessava di commercio, di politica, sempre al centro di molte iniziative popolari, finiva, qualche volta, sulle prime pagine del quindicinale coriglianese Cor Bonumche, di certo, non era molto tenero nei suoi confronti. Così, attratto da altri interessi, anche personali, abbandonerà Corigliano per vivere altrove – dopo alcuni anni morirà nel lontano Perù -. Sarà la signora Ernesta, una grande donna, decisa, forte, e suo genero Vincenzo Campana, che nel 1940 aveva sposato la figlia, Franca Storino, a gestire l’antico Bar del Gatto Bianco. Sarà una buona gestione. Tra i baristi c’era Rocco Marinaro, detto Rocchi ’i Vàiss, Vincenzo Merlo, CiccilloCimino,… Come pasticciere, invece, un altro giovane cosentino, Salvatore Guarasci, che sostituiva il famoso Mario Manna. Anche Salvatore, quando andrà via da Corigliano, avrà un grande successo, aprendo più pasticcerie nel Cosentino. Evidentemente il Bar Gatto Bianco portava bene a questi giovani pasticcieri cosentini.
Vincenzo Campana, uomo intraprendente, nel 1957, e per un brevissimo periodo, gestirà anche una Pizzeria in via San Francesco al n. 22, dove prima c’era stata la falegnameria del grande maestro ebanista Giuseppe Policastri (noto come Vai Maestro).
La famiglia Campana-Zaccaria gestirà il Gatto Bianco fino al 1963. La gestione passerà, per un anno, al signor don Carlo Parrilla,e nel 1964 ai signori Biagio Vivacqua e Francesco (Ciccillo) Ortale. Quest’ultimo, dopo poco tempo, cederà la sua quota ad un suo cognato, Giovanni Gallo.
La nuova gestione Vivacqua-Gallo da subito si rivelava ottima, a tal punto che il bar acquisiva molti nuovi clienti, diventando, così, ancora una volta, uno dei bar più importanti di Corigliano.
Nelle prime ore del giorno, i mattinieri che frequentavano il bar erano, soprattutto, netturbini, che avevano l’abitudine di gustare il caffè con un prolungato schizzo di anice, che, talvolta, superava la quantità dello stesso caffè.
1954 da sx Vincenzo Campana,il barista Antonio Cimino,il pasticciere Salvatore Guarasci e Vincenzo Merlo
Qualche ora dopo, tra le 8 e le 9, anche per la presenza, all’interno del locale, della rivendita di giornali e tabacchi ’i zu Giuvanni Russo, il bar diventava un punto d’incontro di professionisti, impiegati, commercianti, che, dopo aver comprato il giornale e le sigarette, si gustavano un caldo cappuccino o un aromatico caffè, discutendo, soprattutto, di politica e di sport. Durante la giornata, numerose erano le consumazioniordinate dagli uffici, dalle scuole, dagli studi notarili, dalla pretura, dai negozianti, che con puntualità venivano consegnate dai ragazzi baristi. Tra questi, Tonino Celico, Salvatore Olivieri, Luigi Costantino Converso… Quando, poi, si trattava di consegnare qualche consumazionea personaggi importanti, a quelli, per intenderci, il cui nome era preceduto dal ”don” e che avevano l’abitudine di dare la cosiddetta mancia, era Pierino Astorino, famoso barman e figura storica del Gatto Bianco, a consegnarle.
La sera, poi, l’immancabile e puntuale profumo dei deliziosi dolci, appena sfornati, invadeva l’aria dell’Acquanova. Un dolce invito per le numerose persone che affollavano la piazza. Tra i pasticcieri del bar, ricordo Luciano Cicalone, il simpatico napoletano, settantenne, don Rodolfoe Domenico (Micuccio)Sosto. Quest’ultimo lavorerà al bar dal 1° luglio del 1967 fino alla chiusura definitiva dello stesso bar.
Il locale, come già detto, non era molto grande. All’interno, solo un tavolino con quattro sedie, riservato ai clienti più assidui. Mentre, nel
fine anni ’50 la signora Ernesta Zaccaria e il giovane barista Rocco Marinaro
periodo non invernale si allestiva con cinque o sei tavolinetti e le relative sedie quella piccola aria antistante il bar che i nostri padri chiamavano ” ’u minzulli ”, per la presenza di una pietra concava, che veniva utilizzata per la misura della merce. All’aperto, i clienti del Bar potevano gustare comodamente un caffè o i prodotti della pasticceria e della gelateria artigianale. Seduti a questi tavolinetti erano quasi sempre solo uomini. In quegli anni era un fatto del tutto eccezionale vedere donne sedute davanti ad un bar. E se questo, qualche volta, succedeva, non mancavano le persone che trovavano l’occasione per sparlare e inventare storie e inciuci, quasi sempre, inesistenti. Negli anni ’60, alcune donne, non poche per dire il vero, avevano così tanta soggezione di passare per l’Acquanovache sceglievano percorsi alternativi, pur di non attraversare questa piazza, frequentata da soli uomini. Ma questa è un’altra storia. Un semplice segmentino di vita quotidiana di una volta. Ritorniamo al Bar Gatto Bianco.
Nel 1981, si cambiava ancora una volta gestione. Il signor Luigi Costantino Converso, che era stato prima ragazzo del bar e poi barman, diventava il nuovo, e ultimo, proprietario del Bar Gatto Bianco.
Gli affari per Luigi andarono bene solo per i primi anni. A causa del grande esodo della popolazione verso la pianura (Scalo, Schiavonea, Cantinella…) i clienti diminuivano sempre di più. L’Acquanova, una volta sempre affollata in qualsiasi ora del giorno e della sera, diventava, sempre di più, una piazza frequentata da poche persone. E così, tra mille difficoltà, il povero Luigi Costantino Converso gestiva quel bar, che era stato un punto di riferimento per molti coriglianesi, con grande difficoltà. Lo farà fino ai primi mesi del 1999, quando sarà costretto a lasciare non solo l’antico bar, ma anche la sua breve vita terrena.
Continuerà la gestione il fratello, Leonardo, fino al 31 dicembre dello stesso anno.
Con l’inizio del terzo millennio, anche questa ex Taverna dell’Acquanova, trasformata successivamente in bar, culla del divertimento, che aveva contribuito con le sue produzioni dolciarie a dare quel profumo particolare alla grande Piazza del Popolo, chiude i battenti. Oggi, non ci sono più tracce di questo straordinario bar. L’intero palazzo storico Bianchi-Carusi, acquistato dal Comune e ristrutturato, è diventato il Palazzo di Città.
Un’ottima destinazione? Si, se sarà di buono auspicio per la rinascita dell’intero Centro Storico, da troppo tempo abbandonato. In caso contrario, non ci resta, ancora una volta, rimpiangere quelle tre magiche parole, Bar Gatto Bianco, che circondavano il caratteristico ritrovo mondano di un tempo.
Domenico Storino (foto fam. Campana)