Nel 1943 frequentavo la quarta classe delle elementari. Le cose incominciavano a mettersi male per l’Italia sui vari fronti di guerra.
Il maestro,ligio alle disposizioni,si guardava bene dal confidarci che in Africa gli angloamericani ci avevano già cacciati e dava ad intendere che le nostre truppe ancora resistevano e,sullla carta appesa alla parete,ci indicava Capo Bon,estrema appendice della Tunisia, dove le nostre truppe ancora “tenevano la posizione”, ma tutti capimmo che era un pietoso eufemismo che tendeva a nascondere un’amara verità.
Capo Bon non poteva essere l’ultimo avamposto,privo com’era di un porto adeguato per i rifornimenti o per eventuali evacuazioni.Quasi un arido “promontorio”.
Comunque tutti ancora ci illudevamo che le cose si sarebbero messe per il meglio e l’entusiasmo non era venuto meno,anzi ci preparavamo baldanzosamente con le esercitazioni per il saggio ginnico di fine anno. La scuola,tuttavia,mantenne sempre la sua serietá ed il suo consueto rigore.
La cosa più temuta da noi scolari e,probabilmente,di più dagli insegnanti,era la visita di qualche ispettore ministeriale,solitamente senza preavviso,che incuteva a noi bambini il terrore di interrogazioni che,se con esito negativo,avrebbero pregiudicato la nostra promozione.
Ma si percepiva anche il disagio degli insegnanti che,in caso di riscontro di un livello di preparazione troppo basso di tutta la classe,sarebbero stati ritenuti i veri reponsabili del disastro,con immancabili conseguenti provvedimenti punitivi.Insomma,diciamocela tutta: LA SCUOLA ERA, ANCORA, UNA COSA MOLTO SERIA.
E sebbene il conflitto bellico creasse tanti problemi, specie per la realizzazione delle trasferte,la visita dell’ispettore non mancò nemmeno in quel contesto drammatico,vuoi per il disagio alimentare,vuoi per la precarietà dei trasporti.
Fece delle domande scegliendo i nomi a casaccio sul registro.E tutto andò liscio.
Poi,assunto un atteggiamento molto più confidenziale e meno ufficile,scese dalla cattedra e con un sorriso accattivante,chiamò Tonino Formaro che,senza ombra alcuna di timore,uscì dal banco e,su invito dell’ispettore, si avvicino alla cattedra.
Con bonomia l’ispettore gli chiese:”chi è quello”? (quello era il ritratto del Re appeso sulla parete,alle spalle della cattedra) e Tonino con spavalda sicumera: il Duce.
Sconcertati,ispettore e mestro si guardarono in faccia. Il maestro,alquanto indispettito:ma che dici,guarda bene, chi è quello a sinistra?
E Tonino: il Duce.
Intervenne l’ispettore,sicuro che Tonino era emozionto per la presenza dell’ispettore e,bonariamnte,certo di chiarire l’equivoco,ribaltò la domanda: allora,dimmi, chi é quello di destra?
E Tonino,con la stessa spavalda sicurezza rispose: il Duce.
-Ecco,bravo,vedi che ora ci siamo.Ed ora dimmi chi é quello di sinistra?
Tonino,con la stessa inoppunabile sicurezza di prima, rispose:Il Duce.
Lo scoramento del maestro e dell’ispettore erano palesi.
Noi,intimoriti,non ci siamo nemmeno permessi di fare qualche risolino,temendo di peggiorare la situazione di Tonino e,forse,di indispettire maetro ed ispettore.
Con Tonino ci volevamo molto bene perchè eravamo i due della classe che facevamo,insieme,il percorso più lungo,per arrivare a scuola,da Sant’Antonio a San Francesco,con molteplici scambi di confidenze.
Quel giorno,sul percorso di ritorno,mi guardai bene dal chiedergli il motivo di quelle scocertanti risposte,che, ne sono certo,erano dovute al fatto che nessuno,mai, a scuola,ci aveva parlato del re,essendo scontato che tutto il potere era,sempre,del Duce,ed ogni immagine non poteva che appartenere al detentore del potere.
Forse,a casa di Tonino,non si toccavano certi tasti.
Ma quell’anno,io e Tonino ci separammo,poiché io feci il salto,quarta elementare prima media. E non ebbi altre occasioni per poter chiarire,nemmeno l’anno seguente.
Da grandi poi,non c’era più né la voglia né la curiosità di “chiarire”,vista l’inattualità dell’argomento: Non avevamo più nè un Duce nè un Re.
Ed oggi,purtroppo,non abbiamo più nemmeno Tonino, l’amico Tonino,il “fratello” Tonino che,ai miei esami di maturità,mi aspettò all’uscita,il giorno che ci fu compito di matematica,ansioso di sapere com’era andata,e su cosa verteva il famigerato “problema” che,comunque, era considerato lo scoglio più pericoloso della maturità scientifica.
Lui,che della matamatica era un appasssionato cultore e attento studioso,sin dalle classi dei lontani anni delle elementari.
Ciao,Tonino,quanto mi manchi.
Ernesto SCURA