C’è una data che,a Corigliano,non si festeggia e non si commemora.Il 25 maggio del 1969.E del resto non ci sarebbe motivo,vista la vergognosa memoria di quella triste ricorrenza. Già l’anno la dice lunga.È il cuore degli anni di piombo. quelli in cui “UCCIDERE UN FASCISTA NON È UN REATO”.
E,a parte l’infame legittimità di “uccidere”,l’assegnazione del ruolo di vittima era riservato ai “sinistri”,purchè fossero comunisti,o socialisti o,se si volevano “divertire”,anche democristiani di sinistra (ne avrebbero avuta facoltà).
I muri delle città erano tappezzati di manifesti con la “rivoltante” immagine di Giorgio Almirante,con baffetti alla Hitler,e con la didascalia: FUCILATORE DI PARTIGIANI. Cosa in effetti mai dimostrata.Intanto faceva effetto.
Se questo era il clima,a ben 24 anni dalla fine della guerra e del fascismo,vuol dire che c’era un impellente motivo di trascinare tutto “l’arco costituzionale” a sinistra,nel tentativo di avallare un coinvolgimento dei comunisti al governo (come se non bastasse quello famelico del PSI).
E quale miglior collante dell’antifascismo? E Corigliano fu il banco di prova di un preciso piano predisposto dalle federazioni provinciali dei partiti di sinistra.
Bisognava dare una “sonora” lezione ai fascisti,ai quali doveva essere negato ogni diritto democratico,consentito ai “mancini”,compreso quello di…parlare.E non solo quello di parlare.Al limite anche quello di “vivere”. E lo slogan,lugubremente urlato nelle piazze d’Italia,andava bene anche per Corigliano:
“UCCIDERE UN FASCISTA NON È UN REATO”.
E veniamo ai fatti. La “Giovanile” del MSI fa richiesta,ai carabinieri,di poter effettuare un comizio in commemorazione dello storico 24 Maggio 1918,ma i Carabinieri,anche loro probabilmente intimoriti dai preoccupanti avvenimenti nazionali,non lo concedono per il 24 Maggio,ma lo fanno “slittare”al 25,per “incomprensibili” morivi di “ordine pubblico”.
Ma,e qui la prima sorpresa,non concedono “Piazza del Popolo” che era l’arengo classico dei comizi e,per motivi di “sicurezza” veniva assegnata “Piazza San Francesco” che già di per sè,toglieva importanza e pubblico all’evento. I giovani missini provenienti da Cosenza insieme con i giovani missini coriglianesi,si rassegnavano ed allestivano il palco a San Francesco.
Ma non avevano fatto i conti con i sinistri che,ripetutamente, interruppero il comizio urlando slogan “antifascisti” fino a tagliare la corrente che alimentava gli altoparlanti. Ed ebbero luogo tafferugli provocati da chi si era presa la briga di salire su a San Francesco,piazza solitamente deserta in quel periodo,con precisi intenti provocatori,non certamente “perchè passavano da lì per caso”.
E un esponente della giovanile missina,il compianto Mimmo Longo,ne uscì con gli occhiali da vista frantumati, fatto riferitomi qualche giorno fa da Carlo Caruso uno degli aggrediti oggi stimato medico. Bene o male, quel comizio ebbe termine,ma l’irrefrenabile “foga antifascista” dei socialcomunisti non tendeva a placarsi. anzi,tallonarono i comizianti inseguendoli,con reciproci ed offensivi insulti,fino,a Piazza del Popolo e,non solo,scalpitando li inseguirono fino,alla sezione del MSI,ubicato al 1ºpiano di un edificio in via Piave (Cirria).
Sette giovani missini coriglianesi,più quelli cosentini,si chiusero dentro nella speranza che il tumulto e l’aggressione perdesseo vigore.
Dei sette coriglianesi sappiamo,senza smentita,che erano tutti bravi ragazzi.per indole e per educazione familiare. Gli aggressori,socialcomunisti,nella frenesia di applicare la regola: “Uccidere un fascista non è un reato”,premevano violentemente sulla porta della sezione per sfondarla e sfogare l’istinto omicida. I giovani,rintanati dentro,intuivano che le cose stavano prendendo una piega tragica e,individuato un sopralluce aperto su una porta murata che comunicava con un locale del sottostante“Bar Vittoria”,attraverso quel varco si misero in salvo,evitando di finire arrostiti nelle fiammeche quei “coraggiosi”rivoluzionari di lì a poco,appiccarono alla Sezione,e le cui lingue di fuoco,vomitate dalle finestre,raggiunsero i piani alti del fabricato,mettendo a rischio la vita degli abitanti,ai quali,poverini,men che meno si poteva imputare la colpa di essere…”fascisti”.
Insomma,strage non ci fu,non grazie al “buonsenso” della “canèa”di sinistra,ma al “culo” dei destri.
E se oggi,quegli ottimi professionisti,fanno onore a Corigliano, devono ringraziare quel provvidenziale sopralluce.
Ma gli aggressori,chi erano?
Vivaddio,altrettante brave persone,tutte di indole,normalmente, pacifica.Presi uno per uno,erano persone rispettabilissime e notoriamente rispettate.
Singolarmente non avrebbero mai messo fuoco ad un immobile,specie se con persone dentro.
Intruppati nell’ideologia,diventavano “Massa” e la “massa” non concede spazio al cervello.La massa è anonima ed incontrollata.La “Massa”non ha cervelli,ma ubbidisce solo ciecamente agli istinti precedentemente “programmati” da altri che si guardano bene di sporcarsi le mani.
Chi mise fuoco a quelle suppellettili fu la massa che non sapeva…del sopralluce.Ci fu solo una “bramosia “di morte, inconcepibile,in quel gruppo di persone,per altro verso, rispettabili.Quando si dice…”SCHERZARE COL FUOCO”.
Come finì.È ovvio.A TARALLUCCI E VINO. E che vuol diire? Fate voi,che a me ripugna il semplice pensarci.
Ernesto SCURA