Al referendum sulla fusione tra Corigliano e Rossano del 22 ottobre voterò si laicamente, pacatamente, razionalmente. I toni troppo alti fanno male alle due comunità che hanno bisogno di superare una storia di rapporti non sempre positivi, in cui spesso il campanilismo è stato deleterio e la “Sede del Tribunale” è stata usata a mo’ di clava per affermare una centralità, divisiva, della città di Rossano.
Oggi le due città, molto unite e in sintonia tra loro, scoprono di essere marginali in una regione che è marginale a sua volta in Italia. La fusione non farà miracoli e i miracolisti fanno danni; essa però potrà razionalizzare l’amministrazione di un comune di 80000 abitanti, rendendola più efficiente e più efficace; potrà altresì essere uno strumento che dia voce, UNITARIA, a tutto il territorio dello Jonio cosentino per rivendicare condizioni di vita decenti per i cittadini in relazione a una serie di problemi essenziali : la sanità, la viabilità, i trasporti, la valorizzazione delle risorse (agricoltura e turismo in primis), la programmazione di uno sviluppo economico decente che possa fermare l’esodo dei figli migliori di questa terra. Bisogna scommettere sulla buona riuscita dell’operazione; votare no significa conservazione (del nulla). Le differenti situazioni economico-finanziarie dei due comuni, anche se dovessero essere notevoli, sono un fatto transitorio e trascurabile rispetto a una sfida che dovrà dare i suoi frutti non nell’immediato. La paura che una delle due comunità annetta l’altra è pura fantasia, stante la quasi parità numerica delle due popolazioni. Certamente sarà da evitare che la fusione serva al rilancio di vecchi arnesi della politica che tanto male hanno fatto alla comunità nella occupazione di posti di potere, locale e non. Per questo serviranno un po’ di memoria storica e scelte elettorali conseguenti.
Corigliano 3 ottobre 17
Cosimo Esposito