La storia dell’umanità è costellata di fazioni. Pro e contro un popolo, pro e contro un’idea, pro e contro un governo. Una lista lunga chilometri. Anche a queste latitudini in questi mesi – e se ne parla da almeno quattro anni ma c’è chi si lamenta che sia un percorso frettoloso perché solo adesso ha aperto gli occhi – ci si sta schierando fra i “pro” ed i “contro” la fusione in atto fra i comuni di Corigliano e Rossano.
Fra chi è convinto della bontà del processo, avviato per offrire un futuro migliore ai cittadini di questa terra e chi si professa conservatore, tradizionalista, persuaso dall’idea le due città – e più in generale quest’area geografica – siano già avviate verso un futuro prospero, nonostante la realtà sia ben visibile e sotto gli occhi di tutti.
C’è chi crede, insomma, che l’unione sia sinonimo di forza dopo la “cancellazione” dall’Istat del territorio anche per un oscuro, ma ormai ben individuato disegno politico, e chi invece no.
Fra le schiere di quest’ultimo “schieramento” defilata in seconda e terza fila, dopo i sostenitori accaniti contrari alla fusione, c’è la politica locale. Tutta, tranne qualche rarissima eccezione, e rigorosamente bipartisan.
Sono amministratori locali di qualsiasi “rango”. A parole tutti si professano “pro” fusione ma nei fatti, nei salotti, nell’intimità di colloqui amicali avanzano grandi perplessità adducendo le motivazioni più astruse.
Sembra incredibile ma vero. Dopo aver approvato l’atto d’impulso su invito del comitato delle 100 associazioni (nel 2015 a Rossano e nel 2016 a Corigliano) con i quali i Consigli comunali hanno delegato la Regione ad indire il referendum del prossimo 22 ottobre, tutti probabilmente si erano convinti che questo processo si sarebbe impantanato in chissà quale pastoia burocratica come accade per qualunque progetto sgradevole alla politica locale e regionale.
Ed invece molti hanno commesso un grave errore di sottovalutazione del processo di fusione. La politica coriglianese ha fatto – e continuerà – a fare di tutto per far saltare il referendum mentre si prepara alla campagna referendaria a favore del “no”. A Rossano, invece, regna l’“accidia interessata”, sperando che non parlandone, non supportando con i fatti un’idea di fusione approvata all’unanimità, tutto passi – panta rei – senza scossoni.
Giunti alla “vigilia” della consultazione elettorale, però, quasi tutti tremano. Temono che quella poltroncina , quel piccolo “trono” conquistato possa crollare sotto i colpi del Sì. Ed allora ecco scattare gli anticorpi, le difese immunitari per la sopravvivenza della specie “amministratori” con antibiotici anti-fusione.
Viva, dunque, quella subdola e volgare ipocrisia.
Il popolo, però, questa volta, avrà la possibilità di decidere. In coscienza o meno, in buona o cattiva fede, ma ne avrà la possibilità. Ed allora che decida, responsabilmente e per il bene di questa terra il 22 ottobre, senza più delegare.
Domenica 22 ottobre il popolo avrà la possibilità di iniziare un nuovo corso, la posa della prima pietra di un cammino che rappresenta l’ultima possibilità di sviluppo, perché una città di 80mila abitanti, al di là delle capacità umane e politiche di chi la governerebbe (ed il popolo dovrà dimostrare di saper votare e di vigilare su questo nuovo percorso), sposterebbe gli equilibri socio-economico della Regione e del sud Italia. La gente prenda consapevolezza di una classe dirigente mediocre e la spazzi via con in Sì sulla sceda il 22 ottobre prossimo.
Luca Latella