Quando studiavo ingegneria,a Trieste,avevo spesso occasione di fare una capatina in Slovenia dove,con poche lire,riuscivi a farti servire un enorme piatto di carne mista arrostita. Era un pot-pourri di carne gigantesco che prendeva il nome da una montagna slovena:Triglav. Ma ciò non deve far pensare che il “maresciallo”Tito avesse prodotto un benessere tale che,con pochi dinari,ci si abbuffasse di carne.
Questo valeva per noi italiani che,con poche lire,col cambio molto favorevole,ottenevamo tanti dinari da poter mangiare in abbondanza e,inoltre,bere tanta birra,buonissima e di forte gradazione alcolica. Infatti,se un operaio slavo voleva emulare noi italiani, beh,allora doveva spendere una buona porzione del suo salario,e non so fino a che punto gli conveniva.
Ed è per questo che,dove mi recavo a mangiare,a Capodistria (Koper),non ho mai visto operai sloveni seduti ai tavoli vicini,ma,guarda caso,molti operai triestini che si recavano a trascorrere il fine settimana in quel paese della…cuccagna. Cioè,il “benessere” elargito da Tito non poteva,in alcun modo,competere col benessere di quella tanto “disprezzata” Italia.
E ricordo le strade percorse da rare automobili e certi ridicoli motocicli,e carrette a trazione animale,e quelle saponette che non facevano schiuma e non lavavano, ed una parodia di Coca Cola chiamata Kocta Kocta,e pestifere sigarette MARLBORO jugoslave,fabbricate su licenza americana che,delle Marlboro,avevano solo il marchio,ma per il resto erano solo “paglia ammuffita”. Ed il ritratto di Tito,ovunque,dal calzolaio al verdumaio, al ristorante,al tabaccaio,sempre col suo volto serio e crucciato..
Per prendere visione delle FOIBE non occorreva arrivare in Slovenia (dove,peraltro,erano vietate allo straniero), ma bastava salire sull’altipiano carsico triestino. Ce n’è una,a Basovizza,ricoperta da un enorme lastra di cemento. Una gigantesca scritta indica i metri cubi di cadaveri che vi sono contenuti.
Perchè metri cubi? Ma è ovvio.Trattandosi di una delle Foibe più profonde,non fu mai possibile recuperare i cadaveri di quegli italiani che vi furon fatti precipitare, legati,l’uno all’altro,con un fil di ferro,dai “partizan”,nei quaranta giorni in cui ebbero carta bianca,nella civile Trieste,applicando la tecnica della PULIZIA ETNICA.
Bastava sprecare un solo colpo,sparato alla tempia del capofila che,spinto nella foiba,si tirava appresso, per gravità,tutti gli altri,ancora vivi,come snocciolando la corona del rosario delle preghiere. A guerra finita,la pietà dei superstiti,optò per il rillievo volumetrico dei cadaveri.
Si conosceva con precisione la profondità delle foibe per i rigorosi studi d’anteguerra dei geologi triestini. Dopo gli ultimi scandagli si rilevò la nuova profondità e,per differenza,si ottenne il volume dei morti…in mc.
Raccontavano i triestini che durante i tristi famigerati quaranta giorni di quel dominio incontrastato,vi fu,tra i partizan che spadroneggiavano nella Trieste ricca di cultura mitteleuropea,una donna,partigiana,mutilata di una gamba che,arrancando,saliva ripetutamente sul trampolino di uno stabilimento balneare cittadino e,facendo leva sull’unica gamba,metteva in mostra l’orribile moncherino rattoppato alla meno peggio,e si tuffava,goffamente,suscitando il voltastomaco.
Ma erano i”vincitori”ed ai vincitori tutto è consentito. Trieste,la patria di Italo Svevo e di Umberto Saba,la città che si onora di aver ospitato,per molti anni,uno scrittore comeJames Joice,la città cara all’infelice e romantica coppia Carlotta e Massimiliano D’Asburgo, dovette subire anche l’affronto di quei “partizan”, montanari che si portavano addosso l’inconfondibile puzzo dello sterco dei cavalli a cui accudivano,e che non credevano ai loro occhi quando poterono”cacare” nelle strade della Theresiana Trieste,una delle piu civili città della mittel Europa.
E fu la tardiva rivincita degli “SCLAVI”(come li avevano definiti i romani) sui “LIBERI”.
E per le strade si alternavano violente raffiche di mitra al grido di “ZIVIO TITO” (si pronuncia Jivio Tito) che vuol dire Viva Tito.E,se percorri i dintorni di Trieste,su qualche vecchio muro,trovi ancora,molto sbiadita,in rosso,quella anacronistica scritta,”Zivio Tito”che,ormai, non fa più presa nemmeno sugli epigoni di quegli slavi. E trovi ancora la nobile parola”Trieste”slavizzata in una orribile TRST,scritta in un rosso antico,nella dizione slava,senza l’intercalare di almeno una vocale che ne addolcisca il suono.
E a Trieste c’era,allora,una sala cinematografica,che apparteneva alla sparuta minoranza slava,e che nel nome,ALDEBARAN,richiamava una stella dell’emisfero boreale che,ma guarda un po’ tu,ha la caratteristica di essere una stella di colore…rosso. E indovinate quali films vi si proiettavano.
Come si vede,nulla è casuale….sotto le stelle.
Ernesto Scura