Non è facile descrivere come visse Toni l’immediato dopoguerra nel suo paese del Sud . Di quel periodo conserva nella memoria immagini confuse . Ma se guarda in se stesso , l’immagine del luogo natio si fa prorompente e gli fa esclamare : “ Eccolo lassù il mio paese che si afferra con i denti alla collina . Appollaiato forte sul monte – da dove vorrebbe ancora salire – con i camini sempre fumanti , con le viuzze strette e rabbuffate e le persone … pronte a trattare di spada !” Lo ricorda così il suo terribile paese .
I vecchi lo paragonavano allora ad un Orco decrepito : a causa della mole massiccia delle case e per i calcinacci che si sgretolavano sulla via , alle prime piogge settembrine ; ed anche per quel rumoreggiare di cose e di persone , quasi violento , che non si attenuava se non alle prime luci dell’alba .
Altro nomignolo era quello di Malagente (Crogghianisi…mala gente !). Lo suggeriva la malignità d’animo di non pochi degli abitanti , che faceva rassomigliare il paese ad una brutta megera . Una di quelle solite , ad apparire in località Vernuccia con un tesoro dissecolato , a chi sapesse sgusciare una melagrana , senza che un solo chicco cadesse per terra .Ma chi v’era riuscito ? Eppure lo stomaco dell’Orco brulicava di tesori indigesti .
Chi si aggrappa al dorso dell’Orco giunge in una piazzetta chiamata < Acquanuova >. Al centro s’issava un tempo un lampione che , a sera , la rischiarava . I paesani d’America , ancora oggi , la ricordano con la stessa nostalgia dell’esule napoletano per la fontana di Capodimonte . Ma anche la piazzetta aveva , ai suoi tempi , tante belle fontane . Le popolane del rione Fossobianco o di vico Cirria o di Sopracanali vi attingevano l’acqua , scambiando parole con i pescivendoli di Schiavonea . I quali , già dalle prime ore dell’alba , avevano portato il pesce fresco sulle loro biciclette e lo avevano deposto , in cassette ben allineate , sui gradini che si trovavano presso quelle fontane !
Toni era solito comprare un gelato a limone al vicino bar del Combattente ; e , salendo sulle gradinate , osservava minuziosamente i pescivendoli che , man mano , diventavano sempre più eccitati ; fino a maltrattare con le mani le povere sarde , la rosamarina , le aguglie , i merluzzini .
Osservava Palma – secca come un fuso – che attingeva l’acqua alla fontana gesticolando con la <tignosa> , pare per una questione di precedenza ; zi Gostino che vendeva fresche e bianche ranocchie galleggianti in un secchio d’acqua , mentre continuava a parlare di femmine ; zi Natale che vendeva , a voce grossa , – come solo lui sapeva fare – pere <imperiali>.
L’aria a sera s’improfumava , nei mesi invernali , di castagne bruciate . Le preparavano puntualmente ogni anno zi Totonno – che allestiva il suo banco di vendita all’estremità della piazzetta – ed il <pastellaro > che reclamava giustamente la sua professionalità di caldarrostaio per avere fissa bottega alla salita per S. Francesco . La piazzetta allora sbraitava , si dimenava , era calda , si arroventava , rumoreggiava : sembrava una pazza scappata dal manicomio . E brulicava di guappi e pezzenti .
Ora ha fatto fortuna . Ha un tappeto d’argento , una veste di rosa e se ne sta gentile e civettuola con una nuova fontana zampillante : vera provvidenza di Dio nella stagione calda . Ma la piazzetta ora ha perduto la sua vecchia farfalla della pazzia , ora sembra assopita e quasi tramortita né si sente più il rumoreggiare delle macchine e dei camion .
La torretta dell’orologio che vi si installa … un tempo era il cuore pulsante del paese . Aveva battiti monotoni ed uguali . Non si è mai visto orologio che desse l’impressione altrove d’un tempo che scorri più lentamente . Il tempo sembrava addirittura una persona ammalata e che fosse di casa : non aveva mai fretta .
Solo il vecchio Castello , così carico d’anni , sempre vigilato da nere cornacchie , darebbe l’impressione al vecchio emigrante di avere ritrovato un antico gioiello quasi nell’incanto di come lo aveva lasciato . Il vecchio Castello , plurisecolare , più volte decorato nella guerra contro il tempo , nelle battaglie contro la sferzante pioggia o la caligine estiva – maledetta congiura !- ormai è reumatico , è pieno d’acciacchi : ma come li porta bene i suoi anni ! E se soffre è perché un brutto malanno ormai comincia ad insidiargli le ossa !
La pioggia . D’inverno metteva gli uncini e gli artigli di festa ; e tutto il male che non poteva fare al vecchio castello , lo procurava alle case che si tenevano strette da buone sorelle . Le graffiava , le sferzava , le sgretolava :al resto pensava la caligine estiva , quando poco mancava che non le incendiasse ! La pioggia e la caligine : forse non c’è altro luogo dove il Tempo possa menarne vanto più che a Malagente !
(dal mio libro < GENTE DI PAESE > )