NEGLI anni della mia infanzia e dell’adolescenza le notti , se non mi venivano turbate dagli incubi notturni , mi venivano addolcite dalle romantiche serenate di Pietro alias Bellimbusto . Atletico e forte come una quercia , capelli biondi e lunghi , occhi celesti , pantaloni alla zuava , Pietro era un <tombeur de femmes > soprattutto di contadinotte , abituate ad esaltarsi della forza delle sue braccia nerborute .
Spesso il vigoroso giovanotto , accompagnato da due uomini più attempati di lui, veniva a sedersi sul muretto del Fosso , quando ancora non era stato costruito il mercato del pesce . I mesi erano quelli della bella o della calda stagione : quando in cielo splendeva una luna luminosa che rischiarava le case e le montagne vicine.
Non si udivano rumori nella notte se non le strazianti lamentele delle gatte in amore o il grido di qualche gallo notturno . Ma poi essi cedevano il passo ben presto alle dolci note della chitarra che accompagnava poi il canto delle canzoni popolari , delle serenate , degli stornelli .
Dopo che la chitarra aveva eseguito una lunga introduzione , destinata ad interrompere il sonno della bella ragazza , alla quale era dedicata la serenata , Pietro con voce possente – che sapeva modularsi , all’occorrenza , in forme tenere – iniziava la sua serenata … in cui prevalevano lamenti e parole d’amore spesso inusitati.
Come poteva la ragazzotta , che si sentiva oggetto dei desideri di Pietro , sottrarsi al fascino galeotto delle sue profferte amorose ?
Pietro cantava una prima strofa e poi una seconda e poi altre ancora . I compagni cantatori gli facevano coro , a tempo opportuno ; ripetendo i versi più significativi delle strofe o quelli che lui voleva che venissero particolarmente ascoltati dalla sua amata . E perché non ci fosse confusione di voci , gli accompagnatori avevano l’accortezza di adottare un diverso tono , spesso invertendo l’ordine delle parole . Pietro , iniziando la serenata , appassionatamente cantava :
<< Bbella , còrila bbella , si ‘nna riggina !
Bbella quanni ti mindi a ccamineri ;
runi ‘nu passi avandi e ll’uocchj ggiri ,
bbella , nun haje cchjù cumi t’avanderi !
U suonne i l’uocchj mije t’ha pijeti
E ra ddormiri ccu ttije t’ha purteti .>>
I due compagni cantatori quindi facevano coro :
<< T’ha pijeti l’uocchj e ru suonni mije ,
ti l’ha purteti a ddormiri ccu tije >>
Quindi le voci dei cantatori tacevano per un poco e davano nuovamente spazio alle note , ora gioiose ora dolenti , delle chitarre perché pizzicassero teneramente il cuore della bella ragazzotta da poco addormentata .
Alle note della chitarra si univano , nell’intermezzo , i lamenti , ora dolci ora furiosi , delle gatte in amore che stavano accoccolate dentro i portoni e nei vicoli .
Poi Pietro , nuovamente tornava alla carica , intonando e sovrastando con la sua voce le note della chitarra :
<< Oje rosa russi e cristalli r’amuri !
Ccu mmilli grazzije m’ha trasuti ‘n core
Ca t’haje scerti ‘mmienzi tanti juri ,
‘mmienzi i rossi russi e ri vijoli >>
I tre ripetevano la strofa in coro e poi tacevano all’ unisono , per lasciare nuovamente spazio ai suoni della chitarra che crescevano man mano di tono . La notte, che sembrava quasi ferita dai rabbiosi lamenti dei gatti , pareva poi raddolcirsi quando , nell’aria , si disperdevano i suoni della chitarra . Il bell’intermezzo si protraeva un bel po’ per dare sfogo a tutti i virtuosismi dei suonatori. Poi il primo compagno cantatore cominciava a cantilenare una specie di favola amorosa ,alternandosi , in un duetto , con il secondo cantatore :
<< Ghera ppittirilli e facija r’amuri .
Gameva ‘na fimmina e ‘un hajie pututi aviri .
Ghiji i ra còlira nni cari maleti ,
ghilla i ru scrùpuli mi vene a truveri .
A nna mena purteva nu graneti ,
a nn’atra nu pumi ‘nzucchareti .>>
Gli rispondeva il secondo cantatore con parole di consolazione :
<< Rifrìschiti , rifrìschiti maleti
Ca ppi na fimmina ‘un si po’ muriri !>>
Quindi Pietro con voce adirata ed ancor più di passionalità, concludeva :
<< Filumé
U bbuogghj né rifrischj e nné graneti :
ca ‘ntri vrazzi tuvi vuoji vinìri !>>
E ripeteva questi ultimi versi con voce ancor più amorevole e concitata … nel caso Filomena – si fa per dire – non avesse ancora udito i suoi lamenti e la sua serenata .
Spesso Pietro veniva sul muretto del rione a portare la buonanotte alla sua innamorata : specialmente nelle notti d’estate . Ed ogni volta i cantatori declamavano , in versi , canzoni popolari d’amore che , al termine della stagione estiva , avrebbero formato un intero poemetto amoroso .
I cantatori , epigoni degli antichi giullari , se le tramandavano , di anno in anno oralmente , spesso arricchendole di nuovi versi e di nuova musica .
Molte volte si accompagnavano a Pietro ed ai suoi compagni cantatori , altre persone che facevano ritorno a casa , a notte fonda , quasi ubriache . Avevano lasciate , per ultime , le cantine in via del commercio , dopo essersi saziate abbastanza di vino e di lupini .
Esse aggiungevano altri versi ed altre strofe così come si cantavano nei loro rioni : < ai vasci > < alla citatella > al <fondaco > al <majillone> : <<Sugni vinuti apposti ri luntani
A tti purteri a bbìriri ‘stu cori .
T’hajie purteti nu mazzi ri jigghj
E nn’atri ri garofani ‘ncarneti… >>
Oppure :
<< Bbella , si vu tabbacke ti nni rugni :
‘un sugnu cum’a ttija cori ‘ncameti .
T’avija circheti ‘na zike r’amuri ;
m’ha ritti : “ quanni jura ra castagna “.
Gh’è passeti maje e r’è bbinuti giugni
Edi chilla cosa nu’ nni parri cchjù !>>
Passata la stagione estiva sembrava che i cantatori andassero in letargo . Bisognava aspettare la nuova primavera e l’estate perché le notti venissero nuovamente e piacevolmente disturbate dai gatti in amore , dai suonatori avvinazzati , dallo scampanìo delle mucche che lasciavano la pianura per guadagnare le fresche praterie dei boschi silani !
( dal mio libro GENTE DI PAESE)