Voglio raccontare un episodio che ci ha profondamente segnati,me e mio cugino,il vaccarizziotto Ottorino. Credo fosse l’estate 1979,in pieno imperversare di Solidarnosh. Woityla era stato eletto Papa,mi pare,da appena un anno. Decidiamo di visitare,per la prima volta,la Polonia. Le formalitá di frontiera sono estenuanti.
Non riuscireste mai ad immaginare,come del resto io a ricordare,la mole di dichiarazioni,bolli,timbri,marche,marchette,fiches da compilare,valuta da dichiarare elencata nelle varie nazionalitá,specificandone la quantità di pezzi con i relativi importi.Qualcosa di molto estenuante a cui ci siamo sobbarcati con molta “disinvoltura”,presi come eravamo dal pensiero di entrare nella terra di Maria Walevska e di Chopin,plagiati dalle letture giovanili di Sienkiewicz (Quo vadis?) e di “Ia bellezza della vita”di Zeromski,e dai racconti dei nostri soldati dell’ultimo conflitto,che ci avevano fatto “vedere” quelle sterminate pianure,quei campi coltivati a girasole e granoturco. Ed il buon sapore del pane,che chiamano chleb,e la birra che si chiama piwo,ed il latte mleko,e la panna smetana, e …..la donna,molto armoniosamente,kobieta. Per “amore” ci avevano assicurato:chiamatelo con molta semplicità amore.Loro sanno perfettamente di che cosa stai parlando e,specialmente,di dove vuoi arrivare. Varsavia ė come ce l’aspettavamo (il centro storico ė stato tutto ricostruito,dopo le davastazioni della guerra,sulla base di documentazioni fotografiche). Le chiese,affollatissime,con grande disappunto del regime comunista che subiva l’affronto di aver”donato” al mondo cattolico il più gagliardo antidoto al materialismo ateo: un Papa polacco. Le sole brutture sono gli edifici del regime che rispettano rigorosamente i canoni dell’orrenda architettura sovietica. Le ragazze sono proprio come immaginavamo. Capelli biondi,pelle color panna e…nasino all’insù. La crisi alimentare ,invece,non si può descrivere. In una terra pur ricca di pascoli ….manca la carne. Fuorchè le kobiete,scarseggiano piwo,mleko e smetana. Le porte dei ristoranti sono chiuse. Se ti sobbarchi ad una estenuante attesa,forse, ti fanno entrare,però,solo quando esce almeno un altro cliente. Per fortuna,le ragazxe che abbiamo conosciuto ci hanno accompagnato in ristorantini intimi nel grande parco di periferia dove ci servono mięso (carne) e tutto il resto. E così riusciamo,a…sopravvivvere,mangiando,libando e, perché no,delibando …il resto. L’uscita dalla Polonia è stata traumatica. Scegliemmo un varco meno affollato,sulle montagne tra Polonia e Cecoslovacchia. Sul percorso tutti ci accoglievano festosamente e con simpatia per via che l’Italia ospitava un Papa polacco. E nelle case di campagna non mancava mięso,chleb, mleko,smetana e sorrisi di kobiete. Al varco di frontiera arrivammo che era giã buio. I transitanti eravamo solo io ed Ottorino. Il miliziano di frontiera uno,e solo uno. E siccome aveva tempo “a disposizione” ci fece portare tutte le valigie sul bancone di controllo. Puoi immaginare cinque o sei bagagli,spalancati, sottoposti alla furia di quell’assatanato servitore del regime alla ricerca di chissá che cosa,tra tutte quelle mutande e quei calzini e quelle camicie e panni sporchi. Ed il “che cosa” lo trovò,non nelle valigie,nei portafogli, che tirammo fuori quando decise di procedere alla meticolosa perquisizione corporea,fino al nudo integrale. Per decenza non spinse la perquisizione fino alle parti intime ma ci intimò di alzare le braccia per guardarci sotto le ascelle e poi ci invitò a sollevare i testicoli per verificare cosa c’era sotto. Se avesse saputo che,Leopardi,localizzava proprio là sotto la virtù forse avrebbe desistito. Ci risparmiò solo il buco del culo… Nei portafogli trovò,ovviamente,tante banconote che, presumo,a lui diedero l’impressione di essere,noi,due agenti della CIA,entrati in Polonia con chissà quali intenti eversivi. Con aria di sfida e di vittoria,esclamò:PROBLEM ! Facendo impallidire il ricordo dell’EUREKA di Archimede. Per il resto non capimmo un cazzo.E intanto,a me ed Ottorino cominciarono a tremare le gambe. E non era per il freddo! Quando,finalmente,ci permise di rivestirci,le gambe continuarono a tremare,a conferma che il fenomeno non era di natura termica ma….”tremica”. La situazione non si sbloccava anche e,forse soprattutto, per la difficoltà della lingua. Per fortuna entra un ragazzo,studente universitario, in villeggiatura in quel posto di montagna. Fu la nostra salvezza.Come la maggioranza dei polacchi, in omaggio al romantico ricordo di Napoleone e di Maria Walevska,parlava benissimo il francese.ed io,facendo sfoggio del mio francese scolastico (ben sette anni) lo pregai di riferire a quell’assatanato che quei soldi,in fondo, corrispondevano a due buoni stipendi italiani (ciascuno). Rispose che noi,entrando in Polonia,avevamo dichiarato una certa cifra ed ora uscivamo con più soldi di quando eravamo entrati.(In teoria,io ed Ottorino avremmo potuto realizzare quel gruzzoletto …battendo i marciapiedi?) Ed io al ragazzo: digli che all’entrata non abbiamo avuto il tempo materiale di contare ed elencare il nostro “patrimonio” monetario. Nulla da fare.Problem. Ebbi un’intuizione.Cercare di mettere in atto una mia collaudata azione di aggiramento,consistente nel baypassare gli imbecilli.E giocai la mia carta preferita, quella che nella vita mi ha fatto sempre sormontare ostacoli,anche i più apparentemente,insormontabili: il ricorso al coraggio ed all’orgoglio di sentirsi un tantino superiore all’interlocutore di turno. -Digli che VOGLIO parlare col suo superiore (ormai le gambe avevano cessato di tremare). -Dice che lui è solo ed il suo superiore è nella vicina cittá e lui non ha alcuna intenzione di disturbarlo. -digli che insisto,che CHIAMI il suo superiore perché è al suo superiore che voglio spiegare tutto. (“teoria del parigrado”). Ma giá la mia voce ed il mio comportamento si erano rivestiti di orgoglio,coraggio e,fors’anche,arroganza. Incredibilmente,forse “intimorito” dalla mia fermezza e dalla mia ostentata “autorevolezza” accompagnata da adeguate contrazioni dei muscoli facciali (in anatomia, non a caso,si chiamano “mimici”),si lasciò convincere e chiamò il superiore. Dopo un breve concitato parlottare,mi passò il telefono. Io:”est que vous parlez francais?”-Lui:”Bien sur,monsieur”. Gli spiegai tutto,compresa la fretta,nell’entrare in Polonia, per immergerci nella terra del Papa,e dell’entusiasmo di quel magico momento che ci indusse a sottovalutare il conteggio. E lui comprese,ma tentò timidamente di giocare una carta che salvasse,almeno in parte,la faccia all’assatanato: -Ma voi avete problemi a depositare questi soldi alla frontiera in modo da ritirarli al prossimo viaggio in Polonia? -ma certo che abbiamo il problema.Noi dobbiamo ancora proseguire per un lungo viaggio. -capisco.Vi chiediamo scusa e…”Bon Voyage”. Gli ripassai l’assatanato,e dopo un accalorato colloquio, presumo a base di cazziate rivolte all’assatanato che non aveva ancora capito che un avvenimento irripetibile aveva cambiato la storia del mondo. A Roma c’era un Papa polacco,ed un cretinetto di una sperduta frontiera di montagna stava per infangare la dignitá della Polonia con stronzate del genere. Il poveretto giá si aspettava una promozione ed una medaglia per aver sventato il “complotto internazionale” di due….spie, Ernesto ed Ottorino.(TOTÒ E PEPPINO A…. ) Gli è andata male.Non aveva fatto i conti con la sfrontatezza di Ernesto e con la tenacia di Ottorino. Ma più che altro non aveva fatto i conti con la Forza taumaturgica e col potere carismatico dell’effetto Woytila. Ed oggi,come posso”emozionarmi”per un banale augurio di”BUON APPETITO” di Papa Francesco,dopo aver recepito un messaggio incisivo e di potenza universale come quello di Papa Woityla: “NON ABBIATE PAURA”. Scusatemi per la lunga storia che ho voluto raccontare, ma la ritengo molto utile per poter comprendere cosa può derivare da un carisma,quando il carisma riesce a penetrare perfino nella coriacea struttura mentale di un funzionario “educato” a suon di Marx,Engels,e falce,e martello,e stella rossa e bla,bla,bla. Il giovane studente polacco ci aiutò a caricare i bagagli in macchina e abbracciandoci disse: “A nome di tutti i polacchi vi chiedo scusa”. Commosso,ho accettato,di buon grado,quelle scuse, anche perchè quel “tutti i polacchi” includeva persino quell’imbecille che ci aveva fatto “tremar le vene e i polsi”, oltre che le gambe.(Per la prima ed unica volta nella vita). Ma,in fondo,non possiamo dolercene più di tanto. In fondo in fondo,e vi pare niente,due testardi gjegji,son riusciti a scombicchierare la rigida e ingessata burocrazia di un regime assurdament eantistorico e a prendere per il culo ….il generale Jaruzelsky.
Ernesto SCURA