È da ormai molto tempo che chi scrive cerca di comprendere quali possano essere i pro ed i contro di una eventuale fusione tra i due comuni più popolosi della costa Ionica cosentina (Corigliano e Rossano) e, a ragion più o meno veduta, non si può prescindere a parere di chi scrive da tale procedimento di accorpamento.
Occorre partire un po’ da lontano, più precisamente da qualche decennio addietro, ed in particolare scrivere di quel “treno che è passato” che denomineremo “processo per la creazione della provincia unica di Corigliano-Rossano”. I conservatori ripetevano più o meno quello che si dice anche oggi, con motivazioni più o meno campanilistiche ed il timore di perdere l’identità territoriale ecc. ecc.. All’epoca ci si domandava a chi sarebbero andati gli uffici amministrativi con l’aggiunta di tutta quella serie di argomenti che con puntuale precisione si stanno riponendo anche quest’oggi in diverse salse.
Mentre i sibariti restavano a guardare, nel frattempo, Crotone e Vibo Valentia, che dimostrarono di avere spiccata intelligenza politica, nel 1991 avviarono il loro iter di trasformazione provinciale e nel 1992 vennero proclamate come nuove Province calabresi. Da ciò derivò (in automatico) l’assegnazione degli uffici del prefetto e della questura ed ogni altro vantaggio relativo alla nuova posizione istituzionale assunta. Ma non finiva lì. Per Crotone accanto agli uffici governativi (e non) sopra indicati, magicamente, nel 1992 venne dato il via libera per la creazione dell’aeroporto Sant’Anna oggi caduto in disgrazia, tuttavia (molto stranamente), mentre la logica avrebbe voluto che l’area da destinare a sede aeroportuale sarebbe dovuta essere proprio quella del nostro golfo (sprovvisto di autostrade, di strade ferrate, con un aeroporto distante 1 h 30 min se ti va bene) la politica scelse un luogo completamente diverso (e da poco divenuto provincia) che distava 40 minuti dall’aeroporto di Catanzaro, la scelta sembrò kafkiana ma come si sa le vie del Signore sono infinite (soprattutto in abito politico). Il baratto fu chiaro, a loro uffici, servizi ed aeroporto mentre noi ci tenemmo stretta stretta la nostra bella identità poiché, ieri come oggi, il motto era ”arrass u russanis”.
Mentre dalle nostre parti il giubilo cittadino ed il visibilio della classe politica strabordava in ogni dove per aver difeso l’identità di Corigliano, due comuni da circa 40.000 abitanti mettevano le ali, acquisivano uffici governativi e lavoravano per intercettare il più possibile; finanziamenti di Stato e Regione (quando i soldi c’erano, nel periodo craxiano) ed importanza politica. Ovviamente la storia non ebbe un lieto fine poiché Catanzaro (come Reggio e Cosenza) resta egemone di un certo potere “inattacabile” e per tale ragione i servi della gleba restano tali ed i padroni pure, la concessione di confine territoriale per la formazione delle province doveva bastare ed avanzare, nel frattempo la politica invertì la tendenza e le province vennero identificate come i carrozzoni da abbattere per gli sprechi che portavano in grembo, ma in quel periodo storico di cui non si è saputo approfittare a noi restarono solo le briciole. La cosa che fa sorridere è la seguente; se chiedi ai politici dell’epoca perché non partì l’iter per diventare provincia (assieme a Rossano) il massimo che ricevi come risposta sono “le spallucce”. Alti livelli.
In merito al potere esclusivo che la provincia ha, e detiene con forza, rinvio direttamente al TUEL (DLgs 267 del 2000) precisando che dal 1992 in fino al 2000 (circa) i poteri di tali Enti erano molto più forti e capillari.
Terminato tale excursus entro, con tutti i miei limiti, nel merito delle mie scelte.
Oggi innanzi ad un altro treno che passa, e che non tornerà più indietro, mi sento in dovere di specificare cosa mi porta ad essere favorevole al processo di fusione.
Perdonerete lo zelo ma la pragmaticità ed il parlare con carte alla mano è per me molto importate e per tale ragione chiedo anticipatamente venia per eventuali noiosissimi richiami normativi.
Il primo punto favorevole alla fusione è rappresentato dall’art. 15 co. 3 DLgs 267/2000 che così recita “Al fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della Regione, lo Stato eroga, per dieci anni decorrenti dalla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono” in parole povere Stato e Regione finanziano la fusione e la incentivano con aiuti non solo economici, con buona pace della storiella inventata secondo cui “il comune troppo grande avrà meno soldi perché il vantaggio è solo per i piccoli comuni che si fondono (sotto i 5.000 abitanti)”, tutto falso, si veda la relazione del ministero dell’Interno sulle fusioni dei comuni (anno 2014) in cui si specifica che più l’agglomerazione di cittadini è ampia e più denaro viene erogato, sempre con calcoli matematici alla mano.
Il secondo punto favorevole è la deroga al “patto di stabilità”. Sempre a causa del mio zelo vi invito a prendere visione della L. 190 del 2014, la quale, all’art. 1 co. 498 lett. b) sancisce, inequivocabilmente, che i comuni che decidessero di intraprendere la strada della fusione (di qualunque densità di popolazione essi siano) sono dispensati per 5 anni dal c.d. “patto di stabilità” anche mediante assunzioni a tempo determinato (tappa fondamentale). Tale passaggio inerente le assunzioni tende ad evitare la solita corsa all’assunzione perenne negli uffici comunali, il Legislatore ha imparato la seguente massima: metti il parente o l’amico a lavorare a tempo indeterminato nella macchina amministrativa ed avrai un bacino di voti vita natural durante da parte del suo intero nucleo familiare. Si è scelto di risolvere il problema in maniera drastica ma i tempi sono quelli che sono e le finanze sono particolarmente grame per cui ben venga il “tempo determinato” in tale settore.
Qualche lettore attento potrebbe obiettare “ma il patto di stabilità ormai non c’è più”, esatto, e poiché il patto di stabilità ha subito un “maquillage” nel solo nome, diventando “pareggio di bilancio”, tale istituto nel caso di fusione verrebbe annullato sempre per 5 anni per come sancito dall’art. 1 commi 709 e 734 della L. 208/2015, per cui se la fusione ci fosse un grosso peso ce lo leveremmo dalle spalle. Lungi da me l’idea secondo cui i nostri amministratori debbano avere carta bianca sulle spese amministrative, qualunque natura esse abbiano, ma è pur vero per come trasversalmente riconosciuto in tutti i settori politico – commerciali che i mancati investimenti economici non causano nessun tipo di vantaggio e/o crescita per qualunque territorio ma creano solo disagio ed arretratezza ad ampio spettro, e Corigliano, purtroppo, ne è un esempio.
Il terzo punto favorevole, che a parere di chi scrive è quello fondamentale, è l’aumento dell’accountability del vertice politico e la maggiore inclusione nelle decisioni di programmazione Regionali e Nazionali. Tali ultimi due vantaggi venivano riconosciuti da uno studio di fattibilità richiesto dalla Regione Emilia-Romagna in merito alla creazione del comune della Valsamoggia, redatto dalla SPISA (scuola di specializzazione sugli studi dell’amministrazione pubblica). In tale studio accanto ai vantaggi sopra elencati, si aggiungevano i miglioramenti nelle economie di scala (ad esempio; Ecoross che con un bando unico provvederà alla raccolta dei rifiuti in un solo comune o i vantaggi derivanti dai trasporti pubblici in un unico comune, con notevole risparmio di spesa) e l’assenza di spese aggiuntive nella formazione dei nuovi organi consiliari comunali, tradotto, i politici se dovessero aumentare (o diminuire, anche se tale ultima ipotesi è molto improbabile) percepiranno sempre lo stesso stipendio.
Per tutti coloro che invece dovessero temere una sorta di “impreparazione strutturale” in caso di fusione invito a leggere la delibera regionale n. 1 del 2013 sempre della Regione Emilia Romagna, che impavida affronta un evento così innovativo ( in alternativa, la delibera 1777 del 2012 della Regione Marche).
È necessario partire dal presupposto che né Corigliano e né Rossano godono di una florida condizione economica e che i debiti dei 2 comuni non sono da sottovalutare. Tuttavia il nuovo comune unico dovrà prendere in considerazione le due esposizioni debitorie ed affrontarle in maniera unitaria, sia per ciò che concerne gli stati passivi che gli stati attivi, ovviamente sarà vero che un debito risulterà superiore all’altro come è altrettanto vero che il denaro che giungerà nelle casse del nuovo comune sarà utile a dimezzarlo
(art. 15 DLgs 267/2000), sempre per il solito zelo che mi porto addosso come un avvoltoio, potrei rinviare alla solita relazione del ministero dell’Interno, ma di loro mi fido poco, allora invito il lettore a cercare su internet, con una banale ricerca, lo stato economico attuale del comune della Valsamoggia, giusto per renderci conto assieme dei benefeci raggiunti. Per rendere l’idea più chiara la Toscana che più di tutte ha intrapreso e fomentato tali processi di razionalizzazione amministrativa ha ricevuto nel biennio 2014/2015 la somma di 3.037,871,04 euro, non proprio due spiccioli, che uniti alla razionalizzazione delle spese amministrative, forse, a qualcosa di buono potranno portare.
Veniamo al punto sulla programmazione ed allocazioni delle sedi amministrative e burocratiche, affrontando anche la “bufala” della mancata organizzazione di sedi ed uffici del nuovo comune unico.
Il TUEL, successivamente al risultato del referendum consultivo indetto obbligatoriamente da ogni regione per verificare la disponibilità delle popolazioni alla fusione (previsto per la nostra zona il 22 ottobre c.a.), per ciò che concerne; la scelta della sede comunale, l’individuazione degli uffici dei settori ed ogni altro “qui pro quo” amministrativo prevede l’istituzione di un Osservatorio composto dai vari rappresentanti dei Comuni e della Regione, il quale, ha l’obbligo (con tutto il suo pool) di sopperire alle criticità di natura amministrativa, burocratica e organizzativa che ne deriverebbero. In parole povere ci si siede tutti assieme attorno ad un tavolo e si scelgono le varie allocazioni amministrative, senza avere il bisogno di primeggiare a tutti i costi. In sinergia con l’Osservatorio è prevista dalla normativa statale anche la figura del Commissario governativo per la fusione il quale dovrà garantire la tutela dei cittadini senza alcuna sofferenza nei servizi offerti e vigilare acchè non si verifichino ritardi inutili nei processi di fusione. Va tuttavia precisato che immediatamente dopo il voto consultivo promosso dalla Regione sarà necessario, quindi in una seconda parte del procedimento, disquisire su posizioni di sedi e quant’altro, il tutto sotto l’egida del Commissario governativo, dell’Osservatorio Regionale e dei vari rappresentanti politici.
Niente paura, il tempo c’è, c’è anche chi vigila e l’allarmismo non serve a nulla almeno in questo momento dato che per la “spartizione del corredo nunziale” bisogna aspettare necessariamente l’esito del referendum consultivo e poi, ad ogni buon conto, ci sono due organi deputati a verificare se qualcuno “ruba qualche lenzuolo o qualche coperta in più”.
Ora invito tutti i cittadini coriglianesi, e non solo, ad un investimento ad alto rischio speculativo, se avete un bel gruzzoletto recatevi in un centro scommesse e fate queste due puntate: l’ospedale unico della sibaritide non si farà e puntate sul potenziamento dell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza che diverrà policlinico adibito ad ospitare la facoltà di medicina dell’UNICAL, i soldi europei per l’ospedale di Insiti torneranno indietro e Cosenza saprà cosa fare, “u can azzicca sempr u strazzun”, ovviamente tutta una schiera di persone penserà che l’idea è ardita e poco fattibile mentre chi scrive, da buon osservatore, è convinto che se in giunta provinciale siamo riusciti a mandare un solo rappresentante della nostra area, beh, il bello deve ancora venire e, ad abundatiam, per farvi capire la natura del mio consiglio “da giocatore d’azzardo” sappiate questo; la ditta esecutrice dei lavori non avrebbe né le capacità di mezzi né di “know how” né tantomeno il DURC (documento di regolarità contributiva) per realizzare l’ospedale, per farmi capire meglio faccio questo esempio; immaginate che per realizzare il ponte sullo stretto di Messina fossero stati chiamati soltanto 3 muratori ed 1 capomastro i quali dovranno realizzare l’intera opera nosocomiale da soli. Qualche dubbio sulla realizzazione del nostro ospedale comincia a venirmi. Paura vero?!.
Ad ogni buon conto la frase che meglio abbraccia la nostra situazione è la seguente “Dīvĭdĕ et īmpĕrā” letteralmente «dividi e comanda», locuzione latina tornata oggi in uso, secondo cui il migliore espediente di una tirannide o di un’autorità qualsiasi per controllare e governare un popolo è dividerlo, provocando rivalità e fomentando discordie. Ciò che in sostanza facciamo ormai da anni, noi stiamo separati in virtù di non si quale ideale e la nostra provincia non avrà nulla da temere perché, sempre noi, continuiamo imperterriti a farci saccheggiare in tutti i sensi senza opporci in alcun modo.
Oramai le strade che sono state intraprese a livello nazionale sono chiare; Lombardia, Campania, Emilia-Romagna, Marche Toscana e Veneto spingono fortemente verso i processi di fusione ben consci dei benefici che ne derivano e ben consapevoli che le linee guida per tale processo sono delineate a livello normativo da leggi dello Stato, da noi, di contro, le resistenze sono a volte legittime ed a volte irrazionali, gli scippi che in questi anni abbiamo subito non hanno precedenti, in ambito sanitario le ASL rispondono a delle logiche che neanche in un film di David Lynch avrebbero senso, l’INPS è pronta a chiudere e l’INAIL è agonizzante, su tutta la fascia Ionica vi sono 2 autoambulanze deputate al trasporto dei malati e non si riesce a creare un progetto serio di unificazione. Non credo personalmente di poter accettare ulteriori scippi ed il fatto che Cosenza si prepari a creare l’area vasta (da estendere fino a Castrovillari) mi fa comprendere che il disegno è ormai ben definito, la costa ionica DEVE ridursi a pagare l’obolo alla provincia ed a rispondere sempre “sissignore!”. Le teorie della buona politica che si oppone sono risultate fallimentari da più di 20 anni, ove vi è centro di potere politico lì si decideranno le sorti dei relativi popoli, si badi bene che anche la Presila con il comune unico di Casale del Manco sa dove dirigersi con il processo di fusione. E noi? A guardare!.
Si parlava di Unione (in alternativa alla fusione) ma tale processo non darebbe garanzie di alcuna natura in merito alla rappresentatività del nostro territorio e nessun introito finanziario (né tantomeno deroghe al patto di stabilità), si avrebbero sempre due entità distaccate che, con i loro rappresentanti, esporrebbero le criticità ormai note dei nostri territori (art. 32 TUEL).
Distinti Saluti
Daniele Torchiaro, serio attentatore dell’identità coriglianese.