Le prelibatezze del periodo pasquale, dolci o salate che siano, della tradizione coriglianese nell’incontro tra antichi sapori e moderne ghiottonerie: dalle culluri, gurpinelle, pisci cantanti, fino alle sofisticate e moderne uova di cioccolata.
Nel periodo pasquale, ormai volto quasi al termine, anche a Corigliano gli antichi sapori della tradizione dei nonni e i moderni gusti dei più piccoli si incontrano, e si “scontrano” sotto alcuni aspetti, sulle tavole imbandite a festa e nelle vetrine dei negozi.
È una convivenza tra vecchio e nuovo anche in materia gastronomica; gli scaffali dei supermercati e i banconi delle pasticcerie e panetterie lo dimostrano pienamente nella felice esposizione dei prodotti tipici da forno della tradizione, accanto a quelli della commercialissima industria dolciaria del cioccolato in tutte le sue forme (uova, coniglietti, orsetti e galline). Nella contemplazione e nel desiderio delle uova di cioccolata da parte dei bambini che si materializza nella famosa corsa, questa volta degli adulti, per la “caccia all’uovo del supermercato” ( è quasi una gara che arriva al suo apice la vigilia di Pasqua nel corri corri frenetico ed affollato nei grandi negozi) spesso si dimenticano quei sapori e quei gusti tipici del territorio di Corigliano, sapori che, però, non tutti i giovani hanno dimenticato grazie anche alle nonne, alle zie ed alle mamme che ne mantengono ancora viva la tradizione e la conservazione. Ma anche grazie alle pasticcerie e alle panetterie locali che ripropongono ogni anno prodotti che hanno già da tempo ricevuto il marchio PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali). I nomi tipici (che spesso possono suonare un po’ stravaganti, inusuali e divertenti per i più piccoli e per chi non è pratico di questo genere di ghiottonerie), come i “culluri”, le “gurpinelle”, i “pisci cantanti”, portano con loro un tesoro linguistico-dialettale sicuramente da custodire e preservare ed un mix di gusti e significati legati alla tradizione ed ai costumi del passato. I “culluri” nella loro semplicità di ingredienti (farina, uova, “aranzo”, uva passa) richiamano, con la loro caratteristica forma a ciambella, una corona, (il termine, infatti, deriva dal greco antico κολλύρα (kollura) che significa corona). Questa ciambella veniva anticamente infilata dai pastori e dai viandanti nel bastone o nel braccio per poterla, così, portare con loro durante i lunghi spostamenti. Una realtà oggi a dir poco anacronistica e lontana anni luce dalla nostra società! Questo pane, dolce o salato a seconda degli ingredienti utilizzati, veniva, quindi, usato nel passato come pane per il viaggio; oggi, invece, più comunemente consumato durante la scampagnata del lunedì dell’Angelo, il cosiddetto pascuni. Le “gurpinelle”, fatte con mandorle, noci, fichi ed uvetta e cotte secondo la tradizione con il miele di fichi o con la marmellata. I“pisci cantanti”, detti anche “pisaturi”(fatti con gli stessi ingredienti dei “culluri” ma con forma più piccola ed allungata) erano destinati ai bambini che li ricevevano come doni pasquali in assenza dell’attualissimo e diffusissimo uovo di Pasqua con sorpresa annessa. Ed infine, non si può tralasciare l’uovo, quello comune, che una volta bollito veniva, così come anche oggi, aggiunto ai “culluri” come elemento decorativo, ma altre volte lasciato “da solo” per essere decorato e colorato dai bimbi e poi scambiato come dono, sinonimo di auguri e buoni auspici; una antica usanza, questa, che risale a ben oltre l’antica tradizione contadina coriglianese, trovando le sue radici nelle culture germaniche e scandinave, nel Medioevo e nel periodo del paganesimo.
Le uova di cioccolata restano, però, di questi tempi i doni di scambio preferiti non solo tra i più piccoli ma anche tra gli innamorati ed i fidanzati. Era tradizione, infatti, che le zite, le giovani fidanzate, preparassero una cullura a forma di cuore, corredata di relative uova sode, al proprio promesso sposo, come simbolo d’amore, oppure a forma di “pupa” con un solo uovo sodo nella pancia, come augurio di una felice e numerosa prole in vista del matrimonio. L’antica tradizione voleva che quanto più grande fosse stata la dimensione del dolce, maggiore sarebbe stato l’amore provato nei confronti di chi riceveva il dono. La tradizione dei nostri giorni vuole, invece, che a fare il dono sia soprattutto il fidanzato; e nel periodo pasquale è gradito sicuramente l’uovo di cioccolata con dentro la sorpresa. Questa volta per molti o meglio molte, tanto più piccola sarà la sorpresa, maggiore l’amore di chi dona e soprattutto maggiore il gradimento di chi riceve.
Serena Teresa Lombardi