Dalla fine degli anni ’30 e fino ai primi degli anni ’40, nella mia zona di residenza, ai margini della Piana di Sibari, imperversava la malaria. E sebbene la bonifica avesse provveduto ad opere di canalizzazione e prosciugamento delle paludi, quella terribile zanzara, l’anofele, trovava ancora sacche di habitat e mieteva vittime. Io, come tutta la mia famiglia, fui una vittima di questa calamità.
Nell’estate del ’44 (eravamo già stati liberati dagli alleati) fui vittima dei soliti attacchi di malaria che si cercava di combattere con massicce dosi di chinino. Ma il chinino era un palliativo che non riusciva a debellare quel male. Avevo 11 anni ed ero ridotto uno scheletro.
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