Che la fusione tra Corigliano e Rossano lasci mille perplessità è cosa che avevo evidenziato sin dalla sua prima discussione in Consiglio Comunale in un incontro tra le forze che componevano l’ex centrosinsitra coriglianese. Avevo perplessità molteplici sia sull’impianto legislativo, sia sul ruolo della Regione ed il suo sostegno, sia sui vantaggi che avrebbe o meno portato alle città.
Quello che preoccupava e che, a distanza di più di un anno, continua a preoccupare è la totale mancanza di uno studio di fattibilità che evidenziasse nel particolare costi, benefici e difetti del progetto. Mi perdonerete se non bastano a rassicurarmi né le parole generiche di alcuna associazione, né le promesse di politici che, ad oggi, non hanno fattivamente portato nulla a questo territorio. Chiedevo, ad esempio, di fare un raffronto con la fusione del comune di Pescara (con Spoltore e Montesilvano che si dovrebbe concretizzare nel 2019) per capirne le dinamiche. La strada intrapresa ad oggi è quella di un generico appello a vantaggi sul raccolta di finanziamenti e su infrastrutture da realizzare per la conurbazione (che non esiste al momento e che interesserebbe un territorio agricolo di gran pregio). Il problema è che il fondo che dovrebbe finanziare la fusione è praticamente esaurito e non rifinanziato, le leggi che incentivano la fusione è specificatamente predisposta per piccoli comuni fino ad un’aggregazione di 20 mila abitanti e, in tal caso, il vantaggio economico è tutto nella riduzione dei costi delle macchine amministrative. Va da se comprendere come due città di quasi 80 mila abitanti debbano muoversi con qualche sicurezza in più del risparmio di qualche consigliere e/o un segretario comunale.
A tutto ciò si aggiunge, anzi precede, l’idea che, se si vuole rafforzare il territorio nel suo complesso non può limitarsi a ragionare su Rossano e Corigliano ma è necessario parlare di Area Vasta con tutta la Sibaritide. Ed è qui che non capisco, dopo aver ascoltato con favore le parole del sindaco di Cassano, perché il “niet” di chi preme per la fusione? Se al centro c’è l’interesse del territorio, un ragionamento che coinvolge 200 mila abitanti ha un valore maggiore. Aprire all’Area Vasta, senza perdere l’autonomia dei singoli comuni offrirebbe certamente strumenti “politici” più forti rispetto ai problemi che affliggono l’intero territorio.
Ma sia chiaro: nessuno di questi strumenti rappresenta la risposta finale alla crisi terribile che viviamo. I finanziamenti per il meridione sono praticamente ridotti a zero. I progetti d’infrastrutture sono assenti. Quello che abbiamo è solo un elenco infinito di promesse mai mantenute. Gli ultimi governi (Monti, Letta, Renzi) hanno tolto risorse al Sud per dirottarle verso il Nord. Non è campanilismo ne altro…è un dato di fatto. Pensate solo alla vicenda del Ponte di Messina: l’unico soggetto che ci ha guadagnato è stato Impregilo (impresa del Nord). Se non s’inverte questo trend politico qualsiasi opera è inutile se non dannosa.
Ad oggi ragionare sulla fusione, a mio avviso, quindi rimane un rischio per il nostro territorio proprio perché troppe sono le domande a cui non si vuole rispondere.
Potremmo ancora ragionare sullo sviluppo turistico delle due città che è opposto, sullo strano atteggiamento dell’Amministrazione rossanese nella difesa dell’ospedale bizantino troppo spesso “interessato” a prendere reparti coriglianesi, sulla lettura poco chiara dei bilanci delle due città (quando ci si sposa bisogna conoscere pregi e virtù…ma sapere anche i vizi può essere utile). E non è campanilismo: chi scrive non ama ne nazionalismi ne razze, figuriamoci se possono interessarmi i campanili…Ma, ancora meno, amo le cose poco chiare.
Ed a queste condizioni si affronterà, probabilmente un referendum che, a mio avviso verrà prevalere – almeno a Corigliano – i No proprio perché tutto il processo non viene avvertito come inclusivo e ragionato. Ed infatti non lo è perché sembra proprio, come molto bene spiega la nota del M5S, una necessità quasi “imprenditoriale” e non di “popolo”.
Prendersi del tempo, ragionare in assemblee aperte ai cittadini, coinvolgere i sindaci da Cariati a Rocca Imperiale, dare spazio ad un’idea più ambiziosa potrebbe essere l’unica soluzione che permetterebbe di non ridurre a terra di frontiera questo pezzo di mondo.
Alberto Laise. Coordinamento Provinciale Sinistra Italiana