La Costituzione per me è la Mamma di tutte le cose. Dalla Mamma Costituzione nascono le cose più importanti del mondo: la libertà, il rispetto, l’eguaglianza, l’unità, il non fare la guerra, ecc. E’ la legge più grande, la più importante perché contiene le regole del nostro vivere. La più bella del mondo nei suoi principi, nei diritti e nei doveri che custodisce e che ci trasferisce.
Questi principi, che stanno nella prima parte della Costituzione, non vengono toccati minimamente dalla Riforma che andiamo ad approvare il 4 dicembre. Anzi questi principi, con la Riforma, vengono accresciuti con l’introduzione della Trasparenza e dell’equilibrio uomo donna.
Oggi viviamo in un mondo che cambia velocemente, in un mondo dove le informazioni, le relazioni avvengono velocemente e per la globalizzazione avvengono in un contesto mondiale. Avvengono come amano dire i giovani ” in tempo reale”. Basta pensare, scrivere e con un clic si condivide al mondo intero. In questo contesto, sempre più, in continua evoluzione le istituzioni posso e devono cambiare per adeguarsi alle mutate e mutanti condizioni ed esigenze.
In questo contesto anche la Mamma Costituzione che è bella, alla quale vogliamo bene ma che sta diventando Nonna, una Nonna, sempre bella, alla quale vogliamo sempre più bene ed alla quale siamo più contenti se gli possiamo dire ti voglio bene con whatsapp, con messenger, con telegram piuttosto che con face book. Una Nonna che vogliamo moderna, a passo con i tempi, una Nonna 4.0 come si ama dire ora.
E non è vero che se riformiamo questa Costituzione è un tradimento. Perché non si toccano i principi fondamentali della prima parte che anzi sono accresciuti e sviluppati coerentemente; non si tocca la forma di Governo che è e resta parlamentare; non si tocca il ruolo del Presidente del Consiglio che resta quello che è; non si toccano le figure di garanzie il ruolo del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale.
Il 4 dicembre siamo chiamati a fare una forte assunzione di responsabilità. Assunzione di responsabilità che passa attraverso un gesto semplice, semplicissimo, dura pochi secondi, mettere una croce sul si o sul no. Ma è un gesto che peserà come un macigno sul nostro futuro. Perché è da questo gesto che parte o non parte il futuro di tutti noi e dei nostri figli.
Allora questo gesto lo dobbiamo fare tenendo conto che:
da una parte c’è il futuro di una Italia che vuole uscire dalla palude, vuole diventare più dinamica, più snella, più stabile, con meno burocrazia, meno costosa. Dove non ci saranno più 630 deputati e 315 senatori che fanno la stessa cosa; dove ci sono solo 100 fra sindaci e consiglieri regionali che, senza un ulteriore stipendio, portano in parlamento le esigenze dei territori; dove per poter licenziare i furbastri dei cartelli, che timbrano e invece di andare a fare il proprio dovere vanno a farsi i fatti loro, non ci vuole l’intesa di 20 regioni; dove vengono abolite le province; dove c’è la riduzione dell’indennità dei consiglieri regionali e la cancellazione dei rimborsi ai gruppi regionali e parlamentari; dove si tagliano le poltrone degli enti inutili; dove c’è più stabilità, più democrazia, più trasparenza, più partecipazione.
Dall’altra parte c’è, resta lo status quo. Questa Italia che non piace a nessuno e che a parole tutti dicono che voglio cambiare e che preferiscono tenersi solo per mandare a casa quell’antipatico di Matteo Renzi. Dove ci teniamo più burocrazia, più costi, più confusione nei poteri, più disparità di trattamento nei confronti dei cittadini, dove c’è meno trasparenza, meno partecipazione; dove si conservano le poltrone e gli enti inutili.
Allora quel gesto semplice, il 4 dicembre, facciamolo con la massima responsabilità, facciamolo per cambiare l’Italia, per rendere il nostro Paese più veloce, più autorevole, più semplice. Allora cari giovani riprendetevi il futuro. Fate valere i vostri sogni. Perché quando ci si trova davanti ad una domanda secca, la risposta dovrebbe essere altrettanto diretta. Spesso gli amici del no tergiversano, propongono alternative fantasiose e sviano le domande. Riflettiamo su ciò che siamo chiamati a fare. Visto che l’alternativa è tra questo sistema e quello nuovo, e non tra questo sistema, quello nuovo e quello potenziale, quello ideale. Proviamo ad invertire il ragionamento. Pensiamo che la riforma sia già in vigore. Che il numero dei parlamentari sia ridotto, che il CNEL e le Province siano abolite, che ci sia stata una razionalizzazione delle competenze Stato-Regione. Poniamo che la classe politica ci proponga di rivedere questo sistema, ed il quesito reciti “vuoi tu un Senato composto da 315 membri pagati, anziché 100, non stipendiati? Vuoi tu istituire il CNEL? Vuoi tu inserire un organo, la Provincia, che si inserisca nei già complicati rapporti Stato-Regione? Vuoi tu dare la possibilità alle Regioni di gestire in quasi totale autonomia materie come sanità, turismo, sicurezza? Ed ancora mettiamo che la battaglia referendaria, ad oggetto invertito, sia sostenuta dalle stesse forze di ora. Ce li vedete i sostenitori del sistema attuale tentare di convincere i cittadini che avere 315 senatori, lautamente pagati, al posto di 100 senza indennità sia un vantaggio? Pensiamo al paradosso: convincere gli italiani che si renda necessario eliminare il principio di trasparenza nella pubblica amministrazione. “Caro cittadino” potremmo sentir dire “il sistema attuale ha assoluto bisogno di 500 milioni in più, perché non darglieli?”. Immaginate gli autobus brandizzati “Anche tu sei stanco di un Parlamento che fa leggi in tempi accettabili? Aiutaci ad introdurre il bicameralismo paritario!”. Poi ci dovremmo chiedere come – in questa situazione un po’ paradossale – si schiererebbero gli instancabili difensori dello status quo. A favore dell’introduzione del bicameralismo paritario, del CNEL, delle Province, di 500 milioni di spesa in più? Il ragionamento di fondo è abbastanza semplice: i sostenitori del No, oltre alla strenua difesa del sistema attuale in quanto attuale, non in quanto funzionale, non hanno argomenti.
Vuoi 315 senatori al posto di 100? Vuoi un sistema di competenze complesso, più costoso e poco comprensibile? Vuoi il bicameralismo paritario? In questo caso, basterebbe un No. Oggi c’è bisogno di un grande, forte, convinto SI.
Francesco Madeo