Sono trascorsi molti anni da quel tuffo nel mare, dall’alto del faro del porto. Era il 2007, quando ritrassi quegli angeli che spiccavano il volo dalla lanterna, lì posta, alla fine della lunga scogliera, a indicare la rotta ai naviganti.
Pescatori e marinai che nelle notti buie, guardano a quei fasci di luce intermittenti, un segnale verso il quale indirizzare la prua della propria barca, in quello specchio di mare Ionio, che bagna la costa di Corigliano Calabro, nella sua parte marina. Schiavonea. Essa è un punto in quel lembo di terra della penisola Calabra, la Regione più lunga, e, per certi aspetti, più impervia. La parte finale dell’italico stivale.
A monte, tra le stradine di questo presepe arroccato intorno al suo Castello Ducale, è dal 2003 che hanno iniziato a transitare i tanti fotografi e maestri della fotografia, sia italiani che internazionali. Fra i primi, Gianni Berengo Gardin. La sua, una presenza costante ad ogni ricorrenza, tale da indurre l’Amministrazione Comunale, di insignirlo della cittadinanza onoraria per il suo attaccamento a questi luoghi.
Terra Calabra, figlia di quella Magna Grecia, primordio delle culture Mediterranee, di cui dalla sua lingua, la parola fotografia deriva (φῶς-phôs) (γραφή-graphè), e che Corigliano Calabro, ne è diventata la fucina, ove l’arte fotografica ha trovato il suo spazio, divenendo laboratorio di esperienze. Attraverso l’obiettivo dei tanti, da Gabriele Basilico, a Franco Fontana, da Ferdinando Scianna a Francesco Zizola, tanto per citarne alcuni, i quali uno dopo l’altro, attraverso i loro occhi, hanno iniziato a raccontare questo luogo, creando quel caleidoscopio, in cui le immagini si sovrappongono l’una sull’altra, sposando la fotografia a questa terra, sovente sonnolenta, ma che con l’impegno di chi in essa crede, e ha creduto, ne ha fatto una realtà, come poche esistenti nel nostro Paese.
Non solo i maestri che l’hanno raccontata, ma anche i grandi, che nelle sale del Castello Ducale, divenuto esso stesso il simbolo di questa grande manifestazione della fotografia, hanno esposto nel tempo le loro opere, i propri lavori. Il mondo apparso, o che apparirà attraverso le immagini di ogni uno di essi, sovente racconta o racconterà, realtà lontane, di fatti avvenuti, e perché no, di avventure vissute. Sì perché qual si voglia soggetto, la fotografia è, e resterà sempre, una grande avventura. Un’avventura dedita a raccontare la vita in ogni sua forma, in ogni suo aspetto, e se a raccontarla, sono immagini realizzate dai tanti maestri, che della fotografia detengono l’alchimia del mistero che la compone, allora bisogna inchinarci al cospetto di questi grandi, siano essi Letizia Battaglia o Jeff Dunas. James Whitlow Delano o Nikos Economopoulos, Giorgia Fiorio o Guy Le Querrec, Claude Norì o Bernard Plossu, e i tanti altri non citati. L’elenco è lungo. Chiedo perdono per le mie scelte, in cui la mente, detta le sue regole nel condurre lungo il tortuoso e complesso sentiero, che segue il filo dei ricordi.
Quest’anno, il festival di CoriglianoCalabroFotografia, vedrà nomi di rilievo, in cui Massimo Mastrorillo, racconta il territorio, costruendo le sue immagini di un’apparente surreale saggezza, radicata nell’atavica tradizione popolare calabrese. La somma del più e il meno, contravvenendo all’insegnamento di Pitagora, per il quale, ogni aspetto della vita aveva il suo valore.
Fausto Giaccone, l’amico di lunga data, testimone della rivoluzione portoghese, e, testimone del tempo, ferma quest’ultimo, nelle immagini di una Calabria, dove il cammino era il solo mezzo per raggiungere gli spazi sospesi, e gelosamente custodite nell’emulsione della pellicola, anch’essa parte di quel tempo che fu.
Valerio Bispuri, con la sua ricerca durata negli anni in quel Sud America, racconta di emigrati, soprattutto calabresi, che già dopo l’Unità d’Italia, si sono visti costretti ad abbandonare le terre natie, diretti verso, quel Nuovo Mondo, portando con loro le tradizioni, per mai più tornare nelle terre dei padri.
Luigi Baldelli, lontano da qui, ma non tanto, e quel suo essere lontano, è parte di tutto ciò in cui il quotidiano fa ormai parte della nostra vita, proprio perché gli occhi dell’amico Luigi, ci rendono partecipi al dolore dei tanti, i nostri simili, con quella sua fotografia, schietta e veritiera.
Ilaria Ambiente, con la scatola di nonna Maria, ci racconta attraverso quella poesia della vita, la corrispondenza in cui in trepidante attesa, se ne attendeva l’arrivo, per poi immergersi nelle frasi, che oggi, meno poeticamente, vengono trasmesse attraverso le fredde tecnologie.
Matteo Buonomo, il vivere in Deshepe, nella lontana Georgia, una volta parte di quell’Impero Sovietico dissolto, e con la sua dissoluzione le guerre che hanno indotto migliaia di profughi a trovare rifugio altrove, nei tanti campi profughi della storia moderna.
Luigi Luzzi, la sua Calabria rappresenta attraverso un ineguagliabile paesaggio, ci porta in quel concetto dell’immagine fotografica, in cui induce per noi che osserviamo, a che lo spirito si riconcilia con il cuore.
Regina De Luca, ha, nel suo essere partenopea, la dedizione del racconto, in cui l’allegria è mista alla malinconia, e il suo reportage sul piccolo villaggio del Rocio in Spagna, celebra fra canti e balli, le preghiere di tutta la notte, per la festa della Pentecoste.
Di Monika Bulaj, è per me riduttivo esprimerne la sua vasta biografia. Non c’è luogo che lei non abbia raccontato attraverso le immagini realizzate nei tanti Paesi, Medio Oriente, Europa, Asia, Africa, viaggiando attraverso l’Afghanistan, in cui “Nur appunti afghani” è una parte del suo lavoro. Le religioni del mondo.
Tutto questo, è CoriglianoCalabroFotografia, dei tanti amici che l’hanno voluta, e che mi onoro di essere diventato io loro amico, è certamente per me un appuntamento irrinunciabile, un richiamo, il pellegrinaggio dovuto, verso quel tempio in cui il mistero diventa religione, e in essa trovare il proprio credo. Un credo divenuto tale, grazie al grande impegno che Gaetano Gianzi, Presidente dell’Associazione Culturale, ha profuso in tutti questi anni, rendendo questo festival della fotografia un appuntamento irrinunciabile. Sarebbe però riduttivo, non citare anche tutti gli altri, che di questa manifestazione ne sono parte o lo sono stati. In essi, non solo ho trovato degli interlocutori con i quali rapportarmi, ma soprattutto, degli amici, di quelli, – e questa è parte di una cultura antica – che amici lo sono sempre, in ogni circostanza o ricorrenza, senza mai farti mancare il loro affetto. Dovrei citarli tutti, ma loro sanno, e, non sentono la necessità a che io li menzioni, ma non posso esimermi di ricordare gli amici che di questa vita non fanno più parte; Cosimo Reale e Francesco Vitali Salatino. La loro, è un’assenza sentita, ma faranno sempre parte del ricordo, il mio, e di coloro che il Festival della Fotografia di Corigliano, e non solo, l’hanno sempre vissuto.
© Francesco Cito