C’è un intellettuale, che sceglie la via dell’esposizione, sempre e comunque, portandosi, spesso con affanno, da un salotto a un proscenio, e ce n’è un altro, che, stanco o avvilito, lascia circoli, assemblee e convegni, per ritrovare, nella sofferta solitudine, un bandolo perduto, una ragione.
Meritano entrambi rispetto. M’assomigliano i primi agli antichi predicatori, che correvano di chiesa in piazza; i secondi ai monaci di clausura, statici e muti. Per strade diverse, rispondono tutti ad una chiamata. Meritano rispetto, dicevo, a condizione, però, che non si insuperbiscano, ritenendosi, gli uni e gli altri, in una condizione di supremazia. Nel dubbio, meglio attenersi a misura.