Vecchia abitudine ed anche bella. Me la porto da quand’ero ragazzo: entrare nella chiesa, dalla quale per avventura passo, cercare, se non c’è nessuno, i sacri testi e fermarmi sulla pagina che trovo aperta. Sarà coincidenza, sarà qualcos’altro, certo è che mi capita sempre di imbattermi in un versetto, che illumina ed ammonisce.
L’ultima volta, una Bibbia tutta nuova, su di un leggio posto in bella mostra all’ingresso d’una chiesa, mi offre un passo del Siracide: “Non abbandonare un vecchio amico, perché quello recente non è uguale a lui”. Un pensiero – sembrerebbe – quasi scontato, che tale, però, non deve essere, se a ribadirlo è il vecchio testamento nella sua parte sapienziale. E mi tornano a mente tanti bei luoghi delle lettere greche e latine, insieme ad altri della tradizione italiana, da Epicuro a Cicerone, fino al Manzoni ed oltre. ‘L’amicizia, il bene più grande’; ‘l’amicizia, un dono divino’; ‘l’amicizia, un sollievo’. Chi ha un amico, dunque, lo custodisca. Se può, ne aggiunga un altro e un altro ancora, ma non abbandoni il vecchio, che è scrigno di mille e più storie.