Già da ragazzo, pure tra sogni e speranze, pensavo che dobbiamo accontentarci del paese, che la sorte ci ha dato. L’esempio familiare e lo studio mi persuasero, ancor di più, a fare i conti con esso, ma m’insegnarono anche che possiamo migliorarlo.
Non ne faremo la città del sole, non ne faremo la città perfetta, governata da principi-sacerdoti ed abitata da santi e da eroi, ma lo renderemo, nel tempo, più bello o, nel peggiore dei casi, meno brutto.
Se questo nostro paesello, tra collina e mare, negli anni, non solo non è diventato più bello, ma è diventato un tantino più brutto, vuol dire che qualcosa non ha funzionato. Evidentemente, il terreno, mal seminato, ha dato un raccolto piuttosto scarso. Colpa anche delle cattive stagioni? Non credo proprio, dal momento che sui paesi vicini son passate le stesse stagioni.