Tornare ragazzo e sedere nello spiazzo, a S. Francesco, insieme ai tanti vecchi, che, con ruvida camicia d’estate e mantello nero d’inverno, riscaldavano al sole la loro magrezza. Mi piaceva molto ascoltarli: l’America e il mare, la guerra e la famiglia. Storie e favole. E in mezzo ai ricordi, io li vedevo di qua e di là, nelle loro fatiche e nelle tante avventure.
A volte, all’ora di pranzo, giungeva qualcuno, un figlio o un nipote, ad avvertire ch’era tempo di far ritorno a casa. Essi, però, s’attardavano ancora, almeno, fino al rintocco del mezzogiorno, che puntuale arrivava dall’orologio del convento… L’indomani, ricurvi sull’inseparabile bastone, ritornavano sul ‘setto di pietra’, a farsi compagnia; raccontavano le mille imprese, già mille volte raccontate e, sospirando, come sempre, ripetevano: “atri ca mo!”