Il dopo-Cassazione: vi sarebbero già gli ordini di carcerazione per altri condannati che si trovano agli arresti domiciliari
Divenute definitive le condanne per effetto della sentenza emessa dai giudici della suprema Corte di Cassazione venerdì 9 gennaio scorso, tra il pomeriggio di venerdì e la mattinata di ieri sono tornati in carcere, a Corigliano Calabro, alcuni dei coinvolti nel maxiprocesso di ‘ndrangheta “Santa Tecla” i quali da qualche tempo si trovavano agli arresti domiciliari o in stato di libertà per effetto dei ricorsi dei loro legali presso il Tribunale del Riesame di Catanzaro che erano andati a buon fine.
Ad eseguire cinque nuovi ordini di carcerazione, emessi dalla Procura generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro, è toccato ai carabinieri della Compagnia cittadina.
E a finire nuovamente dietro le sbarre è toccato a Luca Cerza, il quale deve scontare ancora 2 anni e sette mesi di reclusione a fronte della condanna complessiva a 4 anni ed otto mesi; Eugenio Morrone, al quale restano da scontare 1 anno e 9 mesi a fronte della complessiva condanna a 6 anni; Arcangelo Conocchia (classe 1982), il quale dovrà scontare gli ultimi 7 mesi dei 4 anni e due mesi inflittigli; Filippo Arcidiacono al quale restano 1 anno 3 mesi a fronte dei 3 anni complessivi di condanna; Leonardo Antonio Zangaro, il quale deve scontare ancora 1 anno e 6 mesi a fronte dei 6 anni cui è stato condannato.
Nel maxiprocesso “Santa Tecla” sono stati condannati, in via definitiva, pure: Giuseppe Mauro, a 9 anni e sei mesi di reclusione; Mario Straface, a 6 anni e otto mesi; Giacomo Pagnotta, a 7 anni e quattro mesi; Arcangelo Conocchia (classe 1965), ad 8 anni ed otto mesi; Alfonso Sandro Marrazzo, a 9 anni; Gennaro Luzzi, a 3 anni e quattro mesi; Edwin Jovanny Diaz Guaman, a 3 anni e quattro mesi; Antonio Conocchia, a 6 anni ed otto mesi; Renato Malvito, a 7 anni ed otto mesi; Vincenzo Grosso, a 7 anni ed otto mesi; Carmine De Nuzzo, ad 8 anni ed otto mesi; Francesco Surace, a 4 anni ed otto mesi; Giuseppe Presta, a 3 anni e quattro mesi; Girolamo Nasso, a 4 anni ed otto mesi; Pietro Longobucco, a 6 anni; Piero Francesco Chiaradia, a 5 anni e quattro mesi; Leopoldo Cosimo Martillotti, a 2 anni; Lucia Cimino, ad 1 anno e quattro mesi; Massimo Mauro, ad 1 anno e quattro mesi; Antonio Piccoli, ad otto anni; Antonio Cangiano, a 3 anni; Cosimo Meligeni, a 5 anni e quattro mesi; Ciro Nigro, a 6 anni ed otto mesi; Rocco Azzaro, a 6 anni ed otto mesi; Carmine Gìnese, a 6 anni ed otto mesi; Alba Rosa Vìdarte Mansilla, ad 8 anni: Giuseppe Ursomarso, a 16 anni; Gualtiero Milani, ad 8 anni; Adil Ben Sahri, a 9 anni e quattro mesi.
E i collaboratori di giustizia: Lucia Rende, a 1 anno e quattro mesi; Carmine Alfano, a 4 anni; Vincenzo Curato, a 4 anni.
Buona parte di loro sono reclusi in carcere dal 21 luglio del 2010, quando scattò la maxioperazione condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che fece finire tra le sbarre complessivamente 67 persone.
Alcuni, pur condannati in via definitiva, sono da qualche tempo agli arresti domiciliari ed anche per loro la Procura generale presso la Corte d’Appello catanzarese avrebbe già spiccato i relativi ordini di carcerazione, mentre qualcuno già da qualche tempo è tornato in libertà avendo già finito di scontare la pena nelle more del processo.