Lascio l’auto in via Roma, sotto l’Arco, e prendo la scaletta, a sinistra, che mi porta al Fosso Bianco. Pioviggina. Suolo e muri, muri e cielo s’accordano ad un grigio, che, più che sulle cose, è nel cuore. Mi guardo intorno: poche le case, che ancora mostrano un segno di vita; alcune sono ormai fatiscenti. Lo slargo, un giorno festante di mercato e di gente, restituisce il rumore dei miei passi.
Ripenso alla famosa ‘vigna’ del profeta Isaìa: hanno tagliato la sua siepe e demolito il muro di cinta, l’hanno trasformata in pascolo e calpestata; ora, è un ‘deserto’; non viene più potata né zappata e, perciò, in essa crescono rovi. Mi fa pensare a quella vigna il Fosso Bianco, come, d’altra parte, l’intero paese. Il profeta sentenzia che in alcuni contadini manca la ‘rettitudine’. Manca, sì, se è vero che tante belle ‘vigne’ son diventate un ‘deserto’.