Il decoro urbano nella nostra comunità è pari, uguale, identica alla stradina sperduta della periferia di Beirut, o del Burundi, odi una qualsiasi realtà “urbana” di un Paese del Terzo Mondo, ovvero è all’anno zero. Dire queste cose tocca il cuore, fa molto male, ma questa è la realtà. E non dirle sarebbe non servirebbe certamente a migliorare lo status quo che ci circonda.
Anzi significherebbe cedere ulteriore terreno ad esso e a quel fenomeno collettivo, e sempre più dilagante nelle coscienze dei cittadini, che fomenta la rassegnazione a questa assurda e triste “normalità” (tutta nostrana).
Le cose bisogna dirle e soprattutto occorre, ognuno per quello che è nelle proprie capacità, ciascuno per quello che è nelle proprie possibilità, impegnarsi, attivamente, per cambiarle. La rassegnazione all’ingiustizia tradizionalmente ha portato sempre al peggioramento delle stesse situazioni originarie, e cioè ha determinato ulteriori ingiustizie, nuove storture e sempre a discapito dei più, del popolo.
La Città non è di chi stabilisce magari silenziosamente, magari unilateralmente, spesso soffrendo di strabismo… e quasi sempre creando situazioni delicate e improduttive, almeno per quel fine che dovrebbe animare le condotte politico-amministrative e cioè di accrescere il “bene comune”, la res pubblica, ma è dei cittadini, è della gente che vi abita , è del popolo, della gente comune che la mattina si alza va a lavorare, che paga le tasse; ma è anche di coloro che un lavoro lo cercano e non lo trovano, la Città è di tutti coloro che la rispettano e che ne sono figli.
Gli amministratori sono stati eletti perché la Democrazia prevede che in una Comunità vi siano delle persone-cittadini che abbiano la responsabilità e il buon senso di occuparsene a tempo pieno, gestendo le risorse e il territorio in maniera trasparente, senza secondi e altri fini che trascendono l’interesse comune per privilegiare quello particolare (come sempre più spesso avviene nelle nostre realtà), e non perché essi vivacchiano in Comune passando il tempo a fumarsi le sigarette come se si fosse al Circolo… o per deliberare atti e determinazioni illogiche e soprattutto impertinenti e, molte volte anche inique e ingiuste non solo per gli effetti deleteri che essi producono realmente, quanto proprio per quello stesso comune buon senso che dovrebbe animare ogni singolo atto pubblico.
Ma lasciamo perdere questo “discorso”, lo riprenderemo in altra sede, anche se l’evidenza della realtà che viviamo è così palese e triste che impone ad ognuno di noi di dire la propria, di fare qualcosa per scardinare questo “falso bene”, cioè questo falso autentico. E con questo non dico niente di eccezionale, ma solo cose purtroppo “normali”, cose e atteggiamenti imperniati di falsa saggezza, falso perbenismo, eletti al “potere” che, silenziosamente, o talvolta con toni roboanti assistiamo goni giorno.
Tuttavia si parlava di decoro urbano cittadino al limite della decenza, ossia gli spazi pubblici che sono avvolti dalle tenebre del disordine, dell’incuria e della sporcizia. Non parliamo poi e delle strade che, come recitava un comunicato stampa diffuso dal municipio , dovevano essere asfaltate e rese “civili” e percorribili e pienamente fruibili, e invece sono state solo rattoppate qui e là con il risultato che molte “buche” sono rimaste “scoperte” quasi a fungere da esca per delle micidiali trappole per coloro che vi si trovano a transitarvi a piedi o con i propri mezzi.
Le villette di contrada S. Francesco – giusto per dare concretezza di ciò che si sta affermando – sono letteralmente e praticamente abbandonate a se stesse, erbacce e piante infestanti diffuse dappertutto; gli alberi che sarebbero dovuti essere potati e sistemati ” a tempo debito… si ritrovano e si presentano in malo modo.
In tutto questo l’apice della negatività esplode e si tocca all’ex Parco Periurbano, oggi intitolato a Fabiana Luzzi, dove l’erba spunta in ogni dove, o, nella migliore delle situazioni, l’erba è fatta a sprazzi, cioè tagliata alla meno peggio qui e là determinando un “paesaggio” che solo a vedersi è già tutto un dire, figuriamoci per coloro, le famiglie che vi vanno a passeggiare o vi portano i propri figliuoli a giocarci. Per non parlare dell’indecenza del ponte di legno, che attraversa il laghetto che è da mesi orsono rotto è impraticabile, quasi fosse stato eletto a simbolo della decadenza coriglianese.
Ecco queste sono le cose vere che prendono forma realmente, al netto di tutto ivi comprese le dichiarazioni rilasciate da Palazzo Garopoli.