Giovani e coppie di diplomati e anche laureati cominciano a lavorare come lavapiatti arrivando a guadagnare 1200 euro al mese
“Paese mio ti lascio e vado via…” cantava il Josè Feliciano di “Che sarà”, inno all’emigrazione per antonomasia, triste e al contempo “carico” di speranza. Era il Festival di Sanremo del 1971, proprio mentre dal Sud Italia milioni di persone facevano le valigie e lasciavano i loro paesi per andare a cercare lavoro e “fortuna” all’estero. Dalle nostre parti si partiva soprattutto alla volta della ricca Germania. Ed erano in tanti a partire.
Sono passati oltre quarant’anni e per i corsi e i ricorsi storici quel fenomeno di massa si sta ripetendo un po’ in tutta la Sibaritide.
A Corigliano Calabro per esempio, se consideriamo soltanto i dati “Aire”, vale a dire l’anagrafe degl’italiani residenti all’estero, “scopriamo” che nel giro d’un anno solare – dal 30 agosto del 2013 al 30 agosto scorso – ben 94 cittadini hanno formalmente richiesto ed ottenuto il trasferimento di residenza dal Comune jonico ad un comune estero.
E scorrendo l’elenco nominativo si “scopre” che nella stragrande maggioranza dei casi il comune estero di residenza si trova in Germania.
Purtuttavia quel “94” è un dato numerico da non leggere – paradossalmente – in termini assoluti.
Dall’ufficio Anagrafe del Comune di Corigliano Calabro ci spiegano infatti che è soltanto una minoranza degli emigrati a richiedere e ad ottenere il formale trasferimento di residenza all’estero, e che questo spesso viene richiesto e ottenuto anche dopo svariati anni di permanenza nello stato d’emigrazione.
E il relativo dato empirico si può facilmente riscontrare nel corso di svolgimento di qualunque competizione elettorale, allorquando ai seggi coriglianesi non si presentano numerosissimi aventi diritto notoriamente emigrati all’estero, non cancellati dalle liste elettorali del Comune poiché non iscritti all’“Aire”.
Ma c’è un dato ancora “più empirico” ed è composto da centinaia di recentissime storie umane coriglianesi ognuna diversa dall’altra eppure tutte così “uguali”.
Storie che parlano di giovani – spesso giovani coppie – che partono alla volta della Germania perché qui si sono stancate di cercare e di non trovare un lavoro che possa garantire loro il presente ed un futuro.
Un’ondata di giovani quasi tutti diplomati e in diversi casi pure laureati, i quali giungono nel paese teutonico disconoscendone la lingua (lì poi cominciano a frequentare appositi corsi d’alfabetizzazione tedesca) ed i quali di buon grado vanno a lavorare subito come lavapiatti in ristoranti e pizzerie dove riescono a guadagnare anche 1200 euro al mese.
Ed è proprio così che le vie del centro storico, dello Scalo, di Schiavonea e di Cantinella, diventano le “strasse” di Francoforte, di Monaco, di Stoccarda e di Colonia…