Ricercato da tempo, il 32enne rumeno Vasile Ciuca che l’aveva seviziata e sfruttata, è stato scovato dai carabinieri a San Demetrio Corone
Risultava ancora residente nella sua Romania ma in realtà viveva da tempo “in incognito” in questo nostro angolo di Calabria.
Già, perché sapeva d’avere un “conto in sospeso” con la giustizia italiana. Da quando è arrivato qui, qualche anno fa, avrebbe sempre vissuto sfruttando l’attività di prostituzione prima dell’ormai ex fidanzata sua connazionale e poi di altre ragazze rumene. A Corigliano Calabro.
Era ricercato in tutt’Italia da più d’un anno e mezzo.
Sul suo capo pendeva infatti un’ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere spiccata nel gennaio 2013 dal Giudice per le indagini preliminari distrettuale di Catanzaro per i pretesi reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, estorsione e lesioni personali in concorso con altre tre persone.
Vasile Ciuca, 32 anni, ufficialmente è un “autotrasportatore”, in realtà un presunto “magnaccia” violento e socialmente pericolosissimo.
E’ stato scovato ed arrestato dai carabinieri della Stazione di San Demetrio Corone in località Castagna Rotonda, zona pedemontana del centro arbereshe. Ora è in carcere a Castrovillari.
Il presunto “magnaccia” dall’estate del 2009 e fino all’agosto del 2012, a Schiavonea di Corigliano, insieme a tre sue connazionali, per tre lunghi anni avrebbe obbligato la giovane fidanzata a prostituirsi, attraverso cruente minacce e violenze.
E’ la storia della 23enne Gabina Marlena Facalet, la quale un giorno ha trovato la forza e il coraggio di denunciare tutto ai carabinieri.
Appena compiuta la maggiore età, Marlena giunge a Corigliano, nella frazione marina di Schiavonea, in compagnia di Ciuca, all’epoca suo fidanzato, il quale già da tempo s’era trasferito in Italia.
La “prospettiva” – ingannevole – era quella d’un periodo di vacanza insieme.
Ma, come riferì la giovane rumena ai carabinieri, «la vacanza è durata solo un giorno, perché il giorno successivo m’ha comprato scarpe con tacco e abiti appariscenti e m’ha detto che da quel giorno avrei dovuto lavorare per lui, in strada».
Nel sottrarle la carta d’identità, Ciuca l’aveva minacciata di non farle più rivedere la famiglia d’origine se non si fosse prostituita per lui almeno per un anno.
La ragazza ha descritto nei minimi dettagli agl’inquirenti la propria attività: «Lui m’assegnò una piazzola sulla strada 106 jonica, con me c’era anche un’altra ragazza. Stavo in strada dalle 9 del mattino fino all’una di notte. In inverno fino alle 22. Se dovevo andare al bar a mangiare o al bagno, la ragazza che stava con me mi veniva sempre dietro. Vasile mi chiamava per sapere quanto avevo guadagnato e se gli mentivo, poi a casa mi picchiava. I miei guadagni all’inizio erano anche 900/1000 euro al giorno. Ho provato a scappare una decina di volte dall’albergo dove alloggiavo e dov’ero controllata a vista. Ma lui m’ha sempre ripresa e bastonata».
Col passare dei mesi, i guadagni, pur sempre ragguardevoli, si sono dimezzati e così le sevizie sono accresciute.
Le lesioni, in particolare, sono consistite in “ferite da taglio al collo in corrispondenza dell’orecchio sinistro”, nonché “ustioni all’altezza dello stomaco, sull’anca e sulla coscia sinistra procuratele con una busta di plastica bruciata”.
In questa drammatica storia sono coinvolte, a vario titolo, altre tre connazionali di Marlena.
Le quali – secondo il Gip di Catanzaro – in concorso tra loro e con Ciuca, avrebbero favorito e sfruttato la prostituzione della malcapitata accaparrandosene i proventi.