Questa è la settimana delle celebrazioni della cultura calabrese. La cultura è uno dei presupposti essenziale per l’esistenza della stessa Civiltà. Storicamente, antropologicamente e concretamente provato che è proprio la cultura il faro di ogni civiltà, intesa come organizzazione sociale, come convivenza civile. Ma la cultura non è solo quella propriamente detta e identificata con il sapere, quello che si acquisisce attraverso lo studio.
E’ cultura ogni buona azione, è cultura la sapienza, anche empirica e forse soprattutto questa, che si tramanda nei costumi e negli usi di un popolo o da individuo a individuo. Ma, oggi, in questo “luogo” (di democrazia) vorrei soffermarmi su quella cultura politica intesa ed eletta a modello del governo della nostra Città.
Tutto va male e tutto va peggio di quanto sembra, tanto che il malcontento serpeggia quasi in maniera incontenibile verso e nei confronti di questa maggioranza e di questa compagine politica che trova il suo punto più concreto nella figura del Sindaco oltre che della Giunta, e questo è ripetuto a destra e a manca e in ogni dove della città.
Ma il punto della questione è che, quando il niente si appropria del tutto della scena, le cose si complicano poiché il radicamento, paradossalmente, ha gioco facile a riverberarsi nella sua indole malefica e si radica ancora più forte.
Dicendo questo, ovviamente, non si vuole criticare per criticare, non si vuole dire per dire, ma si vuole semplicemente far emergere il male che appesantisce l’esistenza e i quotidiani di questa Comunità, e cioè si vuole in qualche modo spronare quest’Amministrazione bigotta, cinica e astratta a prendere contezza del male e dell’incoerenza che sta praticando e mettendo in atto ormai da troppo tempo.
Tutto “questo” è qualcosa e un atteggiamento condizionante nella sua negatività che produce, inevitabilmente, altri e nuove situazioni di altrettanta negatività, alimentando così un circolo vizioso che appare essere addirittura, oltre che fatale per le sorti di questa Città, ‘infrangibile’, anche ammantato da una certa autorevolezza che, però, ha fondatezza solo nei numeri (peraltro condizionati da vicende storiche oltre che da inganni ben occultati).
Per restare al tema della Cultura col quale abbiamo aperto, esempio di questo modo approssimativo di amministrare la Città ne è la Biblioteca comunale “Pometti” che, oltre a essere assorta dalla disorganizzazione più tangibile, la stessa che non permette di poter usufruire degli stessi innumerevoli testi che la costituiscono, versa in uno stato pietoso e impresentabile.
La stessa Biblioteca, che non rientra più neanche nell’albo delle biblioteche regionali così come solitamente è previsto dalla buona prassi amministrativa che sottende a queste importanti “entità”.
E’ importante a questo punto ribadire e ricordare che la Pometti ha molti Fondi bibliotecari, facendone una biblioteca ricchissima e molto importante costituito nella sua totalità da circa un milione di testi (con molti manoscritti addirittura inediti), insomma un vero patrimonio culturale dall’inestimabile valore che, tuttavia, rimane fermo, inespresso e, ancora di più, non fruibile. I libri non sono stati catalogati, anzi sono sparsi qui e là…
In tutto questo scenario il pensiero corre all’importante Fondo bibliotecario devoluto proprio alla Pometti dalla famiglia Colosimo, o, ancora, quello che qualche settimana fa, ha devoluto sempre in favore della pometti il prof. Otranto che consiste in una donazione di circa 2000 libri: che fine hanno fatto e/o che fine farà quest’immenso patrimonio culturale???!
Questo è tanto, questa è la cultura (politico-amministrativa) di questa Compagine politica che amministra la Città.
Giusto per dovere di cronaca, ricordiamo che il nostro Sindaco con uno dei primi atti (molto discutibile, almeno dal punto di vista politico) ha affidato l’incarico di “dirigere” e gestire la Biblioteca comunale Pometti a un signore di tarda età e già in pensione. Nulla di contrario a questa scelta del sindaco di affidare questo importante incarico a un soggetto collocato ufficialmente già in pensione (e questo non vuol dire che l’ente sarà esonerato dal corrispondere il “dovuto”), seppur rimane la perplessità per una scelta irrituale e, forse, anche inopportuna e, visto anche gli esiti prodotti, inadatta.
A volerla dire tutta: perché questo “lavoro” non lo si è affidato a un giovane laureato ? Magari avrebbe potuto portare a beneficio di quel ruolo, di quella realtà, qualche competenza, tecnica e accademica, che certamente avrebbe fatto bene.
E allora, a fronte di tutto questo che dire? Niente, lasciamo spazio alla riflessione, alle vostre dovute riflessioni, in maniera tale che la risposta che vi darete sia quella più giusta e saggia, quella che emerge inequivocabilmente dalla storia dei fatti, quelli veri però e non quelli giustificati dalla propaganda e dagli amministratori che ci hanno abituato ai toni melensi nel mentre perpetrano le loro condotte in contrapposizione a quello stesso loro dire mielato.