Noi, un Popolo generoso e onesto
Tralasciamo, almeno per un attimo, le “vicende” di casa nostra. Anche se ci sarebbe molto da dire e questo non solo per i disservizi e le disfunzioni di carattere politico che la Città continua a subire (per mano amica, tanto amica che, tra l’assegnazione di nuovi incarichi legali; tra l’ingaggio di altre consulenze esterne e studi di fattibilità assegnati sempre a tecnici esterni; tra chiamate dirette, contratti stipulati a giornalisti e società di comunicazione), ma proprio per come viene (mal) considera da chi ne regge le sorti e, difatti, Corigliano sta letteralmente sprofondando nella poltiglia… E quindi per un attimo soltanto parliamo di “qualcosa” che a che fare con i coriglianesi, i cosentini, i rossanesi e tutta la Calabria.
Nei giorni scorsi, come ormai è noto, il presidente del “Comitato antimafia” del comune di Milano, nel corso di un’assemblea pubblica parlando alla platea e interlocutori presenti, ha praticamente definito i calabresi come degli ‘ndranghetisti. E la cosa sin da subito ha suscitato, già negli astanti, un certo scalpore, poi finito per diventare un coro di d’indignazione che, mano mano, si è andato affermando sui media nazionali e regionali.
Il presidente di tale “organismo” è Nando Dalla Chiesa, figlio del generale dell’Arma dei Carabinieri barbaremente ucciso insieme alla moglie in un attentato mafioso nel lontano 1982. Ma non tutti i figli hanno la stessa “dignità”, la sensibilità, l’estro del padre, poiché questi sono valori e attitudini, come anche quello dell’intelligenza, che si maturano e si solidificano nel corso degli anni, nella singolarità, nella individualità e nella crescita esistenziale di ognuno di noi.
Dico questo perché, quella scioccante dichiarazione resa da questo signore non è contro i calabresi, i nostri conterranei onesti che ogni mattina si alzano per andare a lavorare e che col sudore della fronte all’ora di sera portano il pane a casa, non è contro quei grandi uomini illustri e figli di questa terra che per l’Italia hanno dato il sangue accrescendone la sua “nobiltà” di popolo e nazione autorevole, elevando il suo “nome” nell’olimpo della civiltà occidentale e mondiale, ecco: quella dichiarazione offende non solo tutti questi personaggi, tutti questi italiani, tutti questi calabresi, non offende solo una Regione, non offende la grande storia calabrese e dei calabresi che abbraccia tutto il mondo, ma offende ciascuno di noi, tutti gli italiani.
Quella dichiarazione è stata la sortita di un raptus di follia intellettuale figlia, probabilmente, di un vezzo proprio degli uomini saccenti, generata da/in una cultura subdola, tracotante, cinica e propria di questo tempo, propria del fenomeno nichilista che si espande a macchia d’olio in questa maledetta epoca del post-modernismo.
Da calabrese, visto lo squarcio che questa infelice uscita, peraltro nell’ambito di una discussione avente per oggetto un evento di portata storica e mondiale quel è l’Expo, ho avvertito l’esigenza di pronunciare la mia indignazione, di rappresentarla in queste poche righe. Mi sarebbe piaciuto, ancora di più avrei voluto vedere su questa “cosaccia”, che sta riempiendo le pagine dei quotidiani nazionali, una reazione massiccia, univoca, compatta di tutto il mondo istituzionale, politico, accademico, civile, associazionistico e non della Calabria. Invece, sinora, sui media, ci sono state solo sparute e isolate voci di protesta a questo “fattaccio” che riguarda tutti, eccetto i pochi calabresi “intrallazzati” con questo male oscuro che segna, a sangue oltre che a “dito (come si diceva un tempo) ogni giorno, molti territori della Calabria e del Mondo, Corigliano compreso.
Ma il nostro Popolo calabrese, lo sappiano tutti e il mondo intero è costituito da valori autentici e da gente generosa e onesta.