Per principio etico e valoriale ogni buon amministratore alle critiche si risponde con i fatti non con le invettive, non con le querele, non con l’intollerante nervosismo
Ieri è stata la giornata della libertà di stampa. Una libertà, questa, come tutte le altre imprescindibili per la vita civile, personale e sociale di ogni cittadino, di qualsiasi comunità. La “libertà di stampa” tradizionalmente, correntemente è un “lessico”, un’espressione linguistica e concettuale utilizzata per identificare, decodificare e dare rappresentazione e sostanza a un’idea, un valore, una cultura:
quella dell’ascoltare, del comunicare, quella del lasciare esprimere chi ha da dire o raccontare un qualcosa, sia esso un fatto, una sensazione, un pensiero, una considerazione, una riflessione e questo in merito a qualsiasi cosa o tema, ambito o soggetto o evento al quale si intende dare valore, manifestandone il significato attraverso la parola.
Ecco la libertà di stampa è parola. E quindi e anche pensiero, dunque cultura. Civiltà. Ecco: la parola è il tratto distintivo dell’uomo, la libertà di espressione invece è il tratto distintivo della Civiltà, della Democrazia. Dove c’è la parola infatti, vuol dire che c’è il confronto, e dove c’è il confronto, delle idee, con le rispettive vedute, c’è la libertà, ovvero la cultura della democrazia. Ecco, questo, è il valore della libertà di stampa. Libertà che sottende a tutte le altre libertà, che riguardano l’individuo o la comunità in cui esso vive.
Ma oggi, propri in questi giorni è uscita una statistica nazionale in cui si evince dove la libertà di espressione nel suo valore, astratto e sostanziale, vive sempre più delle ‘pressioni’ tendenti a ridurla, a ridimensionarla, a comprimerla, a svilirla finanche a screditarla. E la Calabria, in questa classifica, come sempre più spesso accade quanto c’è il dato negativo che prevale, è la Regione dove c’è meno libertà di stampa. Perché la libera parola, che è sempre un seme di speranza e di chiarezza, e quindi un modus per affrancarsi da determinate situazioni di “oppressioni”, di soprusi, di prevaricazioni, di malcostume, da’ fastidio: suscita malumore in colui il quale ha saldo nelle mani, o almeno così sembra essere, le ‘levi’ del comando del Potere; una minima “funzione istituzionale” che gli attribuisce un minimo di potere, il potere di stare dall’altra parte della scrivania, il potere di essere dirigente di un ufficio, funzionario di qualsiasi settore, di un azienda privata o di un ente pubblico e la critica diventa urticante, fastidiosa da sopportare, da tollerare.
Questo atteggiamento, già al momento della situazione in fieri, ossia per chi la vive o la osserva nel suo svolgimento, assunto da questi “soggetti” non risulta essere semplicemente come tracotante e arrogante e, quindi, come una rappresentazione dell’ignoranza “nominata” ( nel migliore dei casi) o “eletta” al Potere, bensì come l’esemplificazione plastica di una subcultura che, nelle sue varie nefasti segmentazioni arriva a produrre effetti deleteri sulla stessa civiltà, sulla democrazia, intaccando il c.d. Bene Comune, il benessere pubblico, la civiltà: la dignità di un intero popolo.
Proprio ieri leggevo del fatto di un Funzionario di un Pubblico Ufficio, del nostro Comune, che ha presentato querela nei confronti di un giornalista locale. Non voglio entrare nel merito della vicenda, anche perché è stata interessata la Magistratura e dunque sarà la stessa, tra qualche tempo, a pronunciarsi stabilendo Giustizia e principi.
Tuttavia consentitemi di dire, a prescindere dai soggetti coinvolti, che, quando una qualsiasi figura pubblica querela un giornalista o un qualunque altro cittadino il mio cuore traballa, il mio spirito si rattristisce. Sì, perché qualsiasi impiegato, ancora di più un dirigente, ancora di più un politico, che si ritrova nella posizione di svolgere una “mansione” per la comunità in cui vive, per il proprio popolo, deve avere nell’anima e serbare sempre nel cuore l’amore per la propria gente, e quindi mostrare sempre una certa predisposizione, con pazienza e tolleranza, all’ascolto; deve mostrare apertura al confronto, al prossimo, al cittadino.
Qualsiasi giornalista, dal canto suo, ha il dovere civile prima ancora che deontologico di raccontare, di investigare la verità, di narrare i fatti, di informare la pubblica opinione. E se nell’ambito di queste attività non offende nessuno, e utilizza un linguaggio civile ha , non solo la libertà ma il dovere di parlare, raccontare, scrivere e narrare appunto, fatti, dubbi, disagi, istanze che vive o ravvisa nella realtà in cui risiede.
In questa città si ravvisa da tempo una certa ostilità da parte degli uomini Politici alla libertà di stampa, alla libera informazione. E basta pensare che uno dei primi atti del Sindaco è stato quello con il quale ha oscurato la telecamera che riprendeva i lavori del Consiglio comunale; poi si è arrivati, sempre da parte dei nostri amministratori, a “s-gridare” contro chi scrive, in maniera rispettosa ma liberissima, sul Blog per raccontare e rivelare le malefatte degli stessi amministratori (qui, permettetemi di dire che il Blog è la vera piazza della libera espressione, dove tutti possono dire la propria e, forse, è l’unico spazio che sempre di più fa informazione vera, libera e completa, poiché sempre più spesso è l’unica sede da tutti facilmente raggiungibile, l’unica sede dove le notizie arrivano prima e in maniera completa anche quelle che in altri “luoghi” non sarà mai possibile leggere…perché fastidiose al potente di turno); poi ci sono state le critiche, anche vementi e irrituali, dell’Amministrazione contro la cronista della Gazzetta del Sud rea di aver scritto e narrato circa i disagi vissuti a Schiavonea.
Allora diciamo che la libertà di stampa è l’essenza della democrazia, così come lo è la liberta di opinione e di espressione. Chi sente attaccato, insidiato, non deve querelare o “sgridare” il giornalista o il cittadino che scrive per informare o per palesare un disservizio, ma deve agire alla critica o smentendola, o producendo degli atti che vanno a risolvere il problema che è oggetto dell’articolo pubblicato. Questa è cultura, questa è civiltà: la democrazia trova concretezza in questi piccoli atti; la crescita di una comunità passa da queste buone condotte, atte ad includere e non a escludere, finalizzati a chiarire e non a occultare, fatti o parole.