Da qualche giorno la Madonna Nera di Schiavonea è tornata alla ribalta per, “diciamo” , un ritrovamento durante i lavori di restauro di una figura intera dietro l’antica copertura d’argento. Ma per capire meglio la situazione è bene, forse, fare qualche passo indietro sulla storia dell’Icona Sacra.
L’effige della Madonna di Schiavonea è avvolta da numerosi racconti e leggende, ma si punterà l’attenzione su ciò che nel 1884 Giuseppe Amato, dopo numerosi studi, ha raccontato nella sua opera letteraria “Crono-Istoria di Corigliano Calabro”, che sembra la più attendibile e veritiera per far luce sulla immagine nascosta della Madonna.
Dire che si tratta di una scoperta sensazionale, così come è stata definita, è un’affermazione un po’ affrettata.
L’icona della Madonna che è stata “portata alla luce” in questi giorni non è una novità per i cultori della storia di Corigliano Calabro ed in questo caso di Schiavonea, in quanto è a molti nota l’origine del Quadro.
Come molte storie e leggende il tutto inizia con il ritrovamento di un qualcosa ed anche questa inizia con il ritrovamento di un’antica pergamena fatta scrivere dal Duca Agostino Saluzzi per conservare la storia della costruzione della Chiesa “…e che, religiosamente era conservata fra le carte e i libri della Platea.”
Secondo quando racconta l’Amato il dipinto fu commissionato dal Duca Agostino Saluzzi dopo l’apparizione della Vergine ad un umile a piissimo pescatore conosciuto come Antonazzo o Antonaccio (ma pare che il suo vero nome fosse Antonio Ruffo) la notte del 23 agosto del 1648.
E pare che la Celeste Signora abbia chiesto la costruzione di una Chiesa in Suo onore.
L’autore del dipinto fu un artista del luogo, un certo Scamardella, il quale si affrettò a dipingere il quadro seguendo la minuziosa descrizione del giovane Antonazzo che descrisse chiaramente posizione delle braccia, il colore del trono e i colori dell’abito.
Già da ciò, un attento lettore può percepire che si trattava di una figura intera.
La leggenda poi narra che un giorno “…: il volto, il collo, le mani ed il piede destro che fuoriusciva dalla veste aveva cambiato colore dal Roseo-Carne al Bruno-Scuro…” che il pittore prontamente ripassò.
Anche da questo passaggio si può benissimo capire che la Vergine raffigurata avesse una veste di un colore diverso e ben definito.
Il 16 marzo del 1649 il Duca diede subito ordine di edificare una sontuosa chiesa “…essendo così mirabilmente richiesta.”
I lavori di costruzione proseguirono per un po’ di tempo e furono arricchiti da preziosissimi marmi provenienti dalle cave più importanti della penisola.
Il Duca, però, non ancora contento di aver fatto sorgere un tempio così suntuoso, “…pensò di arricchire il quadro della Signora di Antonazzo con farlo ricoprire tutto, di lamine d’argento, lasciando solo allo scoperto, a venerazione dei fedeli il Volto ed il Collo. Fè ricoprire la Sedia, su cui sta seduta la Vergine, di lamine di argento dorato, e pose sul capo di Lei una mezza corona stellata, di massiccio argento…”
Da ciò che abbiamo scritto ed in particolare riportato in questa ultima parte si può benissimo concludere che l’immagine che è stata “riportata alla luce”, non è una novità, bensì si conosceva, era ben nota a molti e che fu poi ricoperta non solo per abbellirla, ma anche per nascondere il resto che si era scurito forse a causa dell’effetto della salsedine, dell’umidità o altro effetto climatico che aveva imbruttito i colori di origine naturali dell’epoca.
Qui di seguito a riprova di quanto affermato si propongono le due immagini del quadro
Figura : A sinistra il quadro riportato alla luce durante il restauro a destra un antico santino su pergamena dove ai piedi è possibile leggere “VERO RITRATTO DELLA MADONNA” dove si notano tutti i colori ben delineati degli abiti.