Fonte: cronachedelgarantista
Il caso della piccola Fabiana Luzzi approda nuovamente sui media nazionali. Questa volta ad occuparsene sarà la nota trasmissione di Barbara De Rossi in onda su Rai Tre “Amore Criminale”. Fatti e circostanze ricostruiti nei dettagli dal corpo redazionale che giungerà con una apposita troupe in Calabria al fine di raccogliere umori e testimonianze della città.
La puntata è prevista in ottobre, alla ripresa delle attività. L’obiettivo è trattare la questione del “femminicidio” la cui apposita legge ha tratto spunto proprio dalla tragedia della piccola Fabiana, uccisa nelle campagne di contrada Chiubbica dal presunto omicida Davide Morrone, oggi maggiorenne, condannato a 22 anni di reclusione con l’accusa di omicidio volontario aggravato, calunnia, detenzione di armi. Fatto ritenuto aggravato dalla premeditazione atteso che dopo aver accoltellato la vittima, Davide rientrava nel centro abitato si procurava il liquido infiammabile per poi decretare la barbara uccisione dandole fuoco. Nelle ultime ore sono state depositate le motivazioni della sentenza di primo grado all’interno delle quali i giudici ritengono che l’omicida avrebbe ucciso perché si sentiva offeso dalle continue lamentele di Fabiana in ordine ai tradimenti subiti. Sostanzialmente si vuole affermare che Davide non era geloso di Fabiana, la quale invece lo rimproverava perché lo accusava di avere più relazioni. Ed è per queste ragioni che l’avrebbe uccisa. Se queste sono le tesi dominanti sotto il profilo della verità processuale, cade anche il presupposto fenomenologico del “femminicidio”. Tuttavia, sul versante investigativo, rimane un mistero il fatto che non si siano mai rinvenuti né l’arma del delitto (il coltello) né la pala che Davide avrebbe preso dal magazzino della sua abitazione al fine di seppellire il corpo di Fabiana. Il giovane nel corso di un interrogatorio riferiva che avrebbe voluto occultare il cadavere della 15enne e di avere gettato pala e coltello in un dirupo mentre con il motorino era intento a fare rientro. Di tutto questo mai un riscontro oggettivo. Non a caso nel filone d’inchiesta inizialmente vi fu un’attività d’indagine protesa ad accertare se nell’ambito dell’azione delittuosa vi fossero dei complici, senza però sortire alcun risultato. Resta dunque l’ombra di una pala e di un coltello mai rinvenuti. Intanto l’ufficio di difesa, rappresentato dagli avvocati Antonio Pucci e Giovanni Zagarese, è a lavoro per la redazione del ricorso in appello che terrà conto di una serie di situazioni non meglio chiarite nella motivazione della sentenza.