Foiba dal latino “fovea” ossia fossa. Grandi baratri tipici delle zone carsiche prodotti dall’azione erosiva delle acque, hanno una forma di imbuto rovesciato sul cui fondo si aprono degli inghiottitoi di varia profondità, con una apertura sul terreno che può variare di decine di centimetri ed un’altezza profonda fino ad un centinaio di metri. Una volta descritta geologicamente una foiba possiamo procedere alla spiegazione di ciò che rappresenti per i 15.000 torturati, trucidati e infoibati tra l’8 settembre del 1943 e la primavera del 1945.
Un tragico momento della storia in cui la crudeltà umana si rivelò in tutta la sua violenza. Il 10 febbraio, Forza Nuova e Lotta Studentesca commemorano i caduti italiani che perirono nelle foibe carsiche per mano dei partigiani comunisti jugoslavi ed italiani. Con questa commemorazione, ricorderemo non solo il disegno criminale voluto dal maresciallo Tito (al secolo Josip Broz), ma anche le azioni di alcuni Presidenti della Repubblica italiana, come Sandro Pertini che alla morte del dittatore jugoslavo andò a rendergli omaggio baciando la bara e la bandiera di quel paese che la copriva. Un gesto che andò oltre l’atto dovuto, e che venne accompagnato dalle lacrime di dolore per la morte del suo compagno in armi. Sandro Pertini non si rese conto – o non gli interessò – che all’interno di quella bara giaceva un macellaio che diede ordine ai suoi boia di uccidere senza pietà chiunque avesse avuto sangue italiano. Gli infoibati non furono solo fascisti ma principalmente italiani, perché Tito non volle compiere una pulizia politica, ma etnica. Per Sandro Pertini questo risultò un inutile dettaglio che scomparì facilmente tra le lacrime e il dolore del defunto maresciallo. Il massacro riguardò quindi sia italiani che sloveni o croati, fascisti ed italiani antifascisti cattolici, in quanto nemici del popolo jugoslavo, gettati nelle foibe legati l’un l’altro con del filo di ferro e gettati morti o vivi a strapiombo nelle foibe, tirati giù da grandi massi legati ai loro piedi o semplicemente scomparsi nel nulla. Questi i nostri “desaparecidos”, i nostri padri e i fratelli dell’Italia dimenticata. Finalmente dopo mezzo secolo di silenzio queste pagine orribili della storia trovano giusto posto fra i libri di scuola, e nel giorno della memoria stabilito dalla legge n.94/2004 con la quale il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ne sancì la ricorrenza il giorno 10 febbraio di ogni anno, spendendo poi importanti parole durante la cerimonia del 2007. Tutti gli altri Presidenti non presero posizione a riguardo. Ma vi fu un Presidente della Repubblica che fece ancor peggio, Giuseppe Saragat, che conferì a Tito, nel 1969, l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Orrori ed errori espressi dalle più alte cariche dello Stato italiano che contribuirono a scavare quel solco profondo ed incolmabile tra i boia e le vittime. Paradossalmente ancora non è stata revocato il titolo di “Cavaliere di gran croce decorato di gran cordone dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana” cioè l’onorificenza più alta prevista dagli ordinamenti di benemerenza internazionale.L’ottusità e la cieca partigianeria manifestata dai due Capi di Stato italiani, che mostrarono la propria devozione al sanguinario dittatore jugoslavo, hanno alimentato l’ignoranza di cui sono pregne le generazioni odierne, che ancora confondono i carnefici con le vittime, che manifestano pubblicamente l’inesistenza degli eccidi compiuti o che, ancor peggio, trovano giustificazioni improbabili rivendicandone con orgoglio l’accaduto. Un atteggiamento, quest’ultimo, che rende gli ottusi appartenenti alle ultime generazioni, complici morali e politici delle azioni aberranti e disumante perpetrate da chi, più che un’idea di libertà, aveva nel sangue il DNA dell’assassino. L’amaro in bocca ci viene anche leggendo, ad esempio, sulla questione dei “numeri”, come se la quantità dei massacrati sia una variabile determinante nella scala della gravità dell’evento, da cui meno morti equivale a meno grave, oppure che « Le foibe contribuirono a liberare sia l’Italia che la Jugoslavia dal nazifascismo », o per finire che « In quanto alle onoranze richieste per i “caduti delle foibe” (commemorazioni, erezioni di monumenti e lapidi, intitolazione di vie), visti i ruoli impersonati dalla maggior parte degli “infoibati”, personalmente ci rifiutiamo di onorarli. Si può provare umana pietà nei confronti dei morti, ma da qui ad onorare chi tradiva, spiava, torturava, uccideva ce ne corre» (“Foibe tra mito e leggenda”). Se esponenti del panorama politico parteciparono al funerale di un maresciallo che si è macchiato di un simile crimine, carezzandone e baciandole la bara, perché mai noi non dovremmo ricordare ed onorare i nostri “infoibati” e i nostri “desaparecidos”? Forza Nuova Corigliano Calabro invita tutta la cittadinanza a ricordare, anche per un minuto, i nostri infoibati, vittime di una guerra già terminata. Chiediamo alle autorità di ricordare le Foibe, come è stato fatto per altri eventi tragici. Ricordiamo, inoltre, ai dirigenti scolastici di trasmettere film o almeno, di ricordare questa immane tragedia di cui i nostri fratelli italiani sono, purtroppo, gli attori protagonisti.