Il tema più affascinante di questo ultimo periodo è certamente quello relativo alla fusione dei comuni di Corigliano Calabro e Rossano in un’unica municipalità. Un unico comune, numericamente più consistente, sarebbe in grado, secondo i promotori dell’iniziativa, di garantire un maggiore peso politico e un ruolo non più marginale per il territorio in questione. Se fossimo stati un comune unico – si legge nel “manifesto” dei promotori – probabilmente non avremmo perso il Tribunale di Rossano, con tutto quello che ciò ha comportato, e avremmo già assistito alla posa della prima pietra dell’ospedale unico e, magari, anche dell’aeroporto.
Così, di getto, viene da domandarsi come mai, quando in passato Corigliano ha perso l’Azienda Sanitaria e l’Agenzia delle Entrate (solo per fare due esempi), entrambe a vantaggio di Rossano, nessun rossanese abbia pensato di promuovere la fusione dei due Comuni, e viene da chiedersi anche se questa onorevole battaglia, combattuta esclusivamente nell’interesse dei cittadini, sarebbe stata intrapresa ugualmente, dagli attuali promotori rossanesi, se il Tribunale di Rossano non fosse stato soppresso.
A questi interrogativi ci rispondiamo da soli, consigliando a noi stessi di rimanere “sul pezzo” e di non farci sopraffare dai cattivi pensieri, anche se…
Tornando al tema caro agli “unificazionisti”, intendiamo sgomberare subito il campo da equivoci e incertezze e, per questo, dichiariamo di condividere pienamente l’idea secondo la quale soltanto una macro-area, politicamente, amministrativamente e socialmente omogenea, sarebbe in grado di risollevare le sorti della Sibaritide.
Posto l’assioma, però, iniziano i dubbi su tutto il resto, almeno per quanto ci riguarda.
In sintesi (anche se ci sarebbe da scrivere per giorni), vorremmo rimarcare i due aspetti che, fondamentalmente, ci lasciano molto perplessi in merito a questa vicenda.
Il primo è legato a quella che potremmo definire un’autentica anomalia nell’identificazione, da parte dei promotori della fusione, dei territori da fondere amministrativamente.
Il secondo, invece, riguarda il percorso intrapreso per la realizzazione del “Comune Unico”.
Andiamo con ordine.
Si parla di Sibaritide da oltre cinquant’anni e, oggi che si intende imprimere un’accelerazione a questo progetto politico, sociale e amministrativo, si decide di escludere, dal progetto stesso, proprio Cassano allo Ionio e, di conseguenza, Sibari.
Dobbiamo confessare che questa circostanza ci risulta davvero difficile da comprendere e, malgrado i nostri sforzi, siamo quasi rassegnati al fatto che non ci sia una spiegazione logica all’esclusione di Sibari dal progetto di Comune Unico della Sibaritide.
Magari, se fossimo più maliziosi (e non è il nostro caso), potremmo pensare che, dietro questa iniziativa “unificazionista”, si nasconda il tentativo, ben orchestrato, di spostare il baricentro della Sibaritide verso Rossano.
In ogni caso, e ancora una volta a scanso di equivoci, riteniamo si debba esprimere un parere assolutamente contrario alla nascita di un grande comune della Sibaritide, laddove lo stesso non dovesse prevedere la presenza di Cassano allo Ionio e la centralità di Sibari.
La seconda grossa perplessità è legata al percorso intrapreso per giungere a questo ambizioso risultato in tempi ragionevolmente brevi.
Ancora una volta, infatti, per perseguire l’obbiettivo, si è intrapresa la strada della “rappresentanza”. Ancora una volta si è fatto appello alla politica, ai vertici istituzionali, alle associazioni di categoria, alle associazioni tout court, ai movimenti politici e a qualche “club service”. Ancora una volta si è trascurato ciò che, ormai da tempo, è sotto gli occhi di tutti e, cioè, che le associazioni, gli enti, i partiti politici e, per certi versi, persino le istituzioni non rappresentano più niente altro che se stessi e non sono più – o quantomeno non sono più come in passato – rappresentativi dei cittadini.
Come potrebbe pensare, un movimento politico che non si sia mai confrontato con gli elettori sul tema della fusione dei comuni di Corigliano e Rossano, di prestare il suo assenso incondizionato al progetto?
Come potrebbe pensare, l’Amministrazione Comunale di Corigliano Calabro, di esprimere parere favorevole al progetto di fusione – con conseguente delibera in tal senso – non avendo idea di cosa ne pensino i cittadini coriglianesi?
Il tutto anche in virtù del fatto che circa il sessanta per cento dei coriglianesi non si è neppure presentato alle urne durante la tornata elettorale dello scorso maggio/giugno, lanciando un messaggio, in tema di rappresentanza, difficilmente equivocabile.
Sappiamo bene che un’amministrazione comunale – qualunque sia stato il numero di cittadini presentatosi alle urne in occasione della sua elezione – una volta eletta, possa e debba rappresentare l’intera città, compiendo scelte politiche e amministrative i cui effetti si ripercuotono su tutti (astenuti compresi). Tuttavia, siamo convinti che, davanti a scelte così importanti per il futuro di migliaia di persone, un’amministrazione comunale, tanto più se eletta a seguito di una tornata elettorale nella quale più della metà degli aventi diritto non ha votato, debba andarci cauta, cosa che, peraltro, siamo certi farà l’Amministrazione Comunale di Corigliano Calabro.
E’ vero che la normativa in tema di fusione dei Comuni prevede che la Regione (che ha competenza in materia) si pronunci, positivamente o negativamente, solo dopo che siano state “sentite le popolazioni interessate” attraverso un referendum consultivo, ma crediamo che, ancor prima di attivare l’iter legislativo, sarebbe quanto mai opportuno cercare di capire cosa ne pensino “le popolazioni interessate”.
Una raccolta di firme, ad esempio, potrebbe essere uno strumento idoneo a far conoscere la volontà di qualche migliaio di cittadini.
Se, anche in questo caso, non si procederà dalla “base” ma dal “vertice”, partendo dalle istituzioni e dalle cosiddette “organizzazioni rappresentative” per arrivare ai cittadini, e non viceversa, si dimostrerà, ancora una volta, di non aver compreso – malgrado i numerosi ed espliciti segnali degli ultimi anni – che la rappresentanza politico-sociale, come siamo abituati a conoscerla, non esiste più.
Il proliferare di quella che viene definita “antipolitica” e che, forse, sarebbe più opportuno definire “altra politica” o “nuova politica”, è un fatto (positivo o negativo, secondo i punti di vista) che non può essere sottovalutato o, peggio, ignorato e che ci deve far comprendere come, oggi, il principio costituzionale che sancisce la sovranità popolare venga interpretato, dai cittadini, in maniera più rigida rispetto al passato.
Non si può non tener conto, in buona sostanza, del fatto che sono sempre di più i cittadini che vogliono decidere in prima persona e che non intendono più farsi rappresentare da chi, a torto o a ragione, ritengono inadeguato a farlo.
Se si trascurerà questo tipo di approccio e non si partirà dalla volontà dei cittadini, si potrà anche giungere ad avere un “Comune Unico”, ma non si creerà mai una città.
Il Movimento Cittadino San Mauro, pertanto, ritiene che il progetto di unione amministrativa, politica e sociale della Sibaritide dovrebbe passare attraverso i seguenti passaggi:
1) promozione di un “Comune Unico” (sotto il nome, ad esempio, di Sibari) da realizzarsi attraverso la fusione dei comuni di Cassano allo Ionio, Corigliano Calabro e Rossano (in ordine rigorosamente geografico da nord a sud);
2) apertura di un’immediata campagna di informazione dei cittadini sui vantaggi e sugli svantaggi del “Comune Unico”;
3) raccolta di firme tra i cittadini residenti nei territori interessati;
4) attivazione dell’iter previsto dalla legge per la fusione amministrativa.
Prima di concludere, riteniamo siano opportune due ulteriori, brevi, riflessioni.
La prima riguarda l’ex Tribunale di Rossano.
A nostro avviso, la soppressione del Tribunale di Rossano non deve diventare l’emblema di una Sibaritide scippata di ogni bene e servizio, quanto, piuttosto, l’emblema di una Sibaritide che, probabilmente, non è in grado di difendere e tutelare i propri beni e servizi.
Chi, negli anni scorsi, avesse avuto modo di frequentare il Tribunale di Rossano, anche per brevi periodi, avrebbe potuto facilmente verificare come, in quelle condizioni logistiche e organizzative, fosse enormemente difficile, per non dire impossibile, esercitare la professione forense e amministrare la giustizia.
Il fatto che abbiano soppresso il Tribunale di Rossano, per tasferirne le competenze al Tribunale di Castrovillari, certamente ha reso meno agevole la vita di tutti i professionisti che vivono e operano nella Sibaritide e che svolgono la propria attività in collegamento con il Tribunale. E se si pensa agli avvocati, al personale operante nelle cancellierie, agli ufficiali giudiziari e ai periti di vario genere, non si può che solidarizzare con tutti loro.
Detto questo, però, non pensiamo che la difesa del Tribunale di Rossano – così come lo ricordiamo – possa e debba passare attraverso l’enfatizzazione del disagio che la sua soppressione ha arrecato alle varie categorie professionali e ai cittadini.
Il Tribunale di Rossano, negli ultimi dieci anni, si sarebbe potuto e dovuto difendere in maniera diversa, ad esempio promuovendone lo spostamento in una struttura – posta sempre all’interno del territorio rossanese – che fosse più moderna, funzionale e facilmente raggiungibile.
Ci sia consentita, infine, da coriglianesi che vivono nell’Area San Mauro, un’ultima, amara, considerazione.
Da queste parti (ma lo stesso vale per tutte le cosiddette “periferie cittadine”) non abbiamo scuole degne di questo nome, le nostre abitazioni non sono dotate del metano, le nostre vie pubbliche sono al buio e le nostre strade sono ridotte a un colabrodo.
Da queste parti, se non si fosse capito, facciamo già molta fatica a sentirci coriglianesi.
Chi ha orecchie per intendere…