Mi trovavo a Corigliano Calabro qualche giorno fa. In Calabria si attendeva con ansia l’arrivo di Pippo Civati. Quest’ultimo, tra i tanti giri, avrebbe fatto tappa anche a Corigliano. Ovviamente avevo provveduto a pubblicizzare tale evento. Non mi passa inosservato il post pubblicato su facebook da un amico coriglianese il quale mostrava il proprio dissenso perché il PD di Corigliano, ancora una volta, aveva scelto la strada sbagliata sostenendo Civati “perché noi a Corigliano amiamo perdere”.
Anche qui a lavoro, mi capita sovente di chiacchierare con un collega: “quel Civati bravo eh, mi piace quello che dice, anche preparato devo dire…però non lo voto, è minoritario” (!). Il limite però si raggiunge il giorno dopo l’evento tenutosi a Corigliano. Un persona mi ferma per strada e, dopo i complimenti per l’evento riuscitissimo, mi chiede se e quando potrebbe venire Renzi. Così, molto candidamente chiedo “perché Renzi”? Di fronte al suo palesato imbarazzo e alle sterili convinzioni frutto solo di uno stereotipo composto solo da ottimi slogan, ho ribadito: nel frattempo che pensi alla risposta da darmi, ti dico perché io voto CIVATI.
Civati, intanto, perché è venuto in Calabria…a Corigliano (dubito seriamente che il sindaco di Firenze verrà mai). Nel suo intervento non ha mai fatto promesse irrealizzabili o “campate in aria”. L’unica è stata, “è mia intenzione tornare presto qui”. Non si è mai comportato come il Messia, anzi. I problemi si devono risolvere, non insabbiarli.
Civati perché ha sempre chiaramente esposto, sin dalla candidatura alla segreteria del PD, la sua idea di politica. Sempre in modo trasparente. Non ha aspettato l’evolversi dei “giochi”, ma ha detto “io mi candido”. In fondo, perché aspettare se hai già un progetto da voler realizzare…chi o cosa aspetti?
Civati perché per la realizzazione della mozione con cui si candida a guidare il Pd si giova di un lavoro collettivo. Nessuno ci ha calato nulla dall’alto. Al documento congressuale, infatti, abbiamo lavorato tutti sin dal mese di aprile e anche durante la pausa estiva. Militanti storici, neo iscritti, precari, professori universitari, ricercatori, studenti, sindacalisti, amministratori locali e chiunque abbia voluto offrire seriamente il proprio contributo confrontandosi su temi di economia, ambiente, diritti, giustizia, welfare, cultura, scuola, università e ricerca.
Civati perché non abbiamo più una vita privata. Si lavora tutti i giorni costantemente e senza sosta, mettendoci passione. Quella stessa passione sopita da tempo. Tutti in modo collettivo. Senza capi e capetti, cercando solo di essere organizzati.
Civati perché come me (e io come lui) desidera un partito aperto. Che sia di tutti e, soprattutto, che sia capace di dialogare con le persone. Non solo nuove idee, ma un nuovo metodo di fare politica. Un progetto politico da portare avanti insieme, proteso alla rinascita del Mezzogiorno e in grado di dare voce a nuovi linguaggi. Che non guardi solo ai risultati elettorali. Un partito che sia capace di ascoltare ciò che avviene nella società. Un partito che sia convinto che le differenze si valorizzano, senza che vengano mortificate come troppo spesso accade.
Civati perché “ci sono un milione di cose di cui dobbiamo parlare. E anche qualche scusa da porgere”. Ed ancora, perché se dovesse vincere “sentirei Cuperlo e Renzi e anche Pittella, perché mi sembra giusto fare così. E chiederei loro di indicarmi le persone migliori con cui costruire insieme il nuovo Partito democratico, che premi il merito e non l’appartenenza a questa o a quella corrente. La qualità e non la fedeltà”. E perché “troppo spesso le decisioni sono state prese senza consultarti, senza coinvolgerti, senza riconoscere l’essenziale protagonismo e la sovranità che ti appartiene”.
Civati per dire NO alle larghe intese e ai 101 che le hanno volute; agli F-35; agli inciuci; al porcellum, all’imu solo per chi fa davvero fatica ad arrivare alla fine del mese, senza che si continui a cambiargli sempre nome facendola pagare a sempre a tutti.
Ecco, Civati “solo” per questo. Ma certamente ci sarà tanto altro. Trovatelo voi “il tanto altro”, ma (per favore) non mi fate ascoltare ancora frasi del tipo “è minoritario”. Perché dipende da noi. Solo da noi. Esclusivamente da noi. Dipende anche da te che stai leggendo ora.
Ah…un’ultima cosa, io non sono un’attaccante della “Sanbenedettese”, da sempre mi piace fare il regista, giocare dietro le punte. Non ti farò pressioni di alcun genere, non ti chiederò mai di tesserarti, non ti verrò a prendere sotto casa, non ti telefonerò, né ti chiederò di votare l’8 dicembre. Niente di tutto questo. Io penso che il diritto di votare dobbiamo sentirlo come “senso di responsabilità”. Quello che faccio, la passione che ci metto, spero possano coinvolgerti, appassionare anche te. Portare a casa la questa vittoria deve essere un obiettivo comune, altrimenti non ha molto senso. Le cose cambiano cambiandole.
Salvatore Pagnotta