Ciao a tutti, sono una coriglianese che vive e studia a Taranto, quindi lontana e malinconica dalla sua Corigliano. Sono una studentessa di Scienze della Comunicazione e scrittrice in erba.. Vorrei avere l’onore di inviarvi un breve racconto che presentai ad un concorso letterario. Il racconto è ambientato a Corigliano Calabro, precisamente nella “vinella” di Via Capalbo, dove tutta la mia famiglia è nata, e dove viveva la mia nonnina cara.
Vorrei condividere questo amore senza fine con voi.
Via Capalbo
Era già mattina inoltrata quando tutto iniziò a diventare grigio. Per lei però tutto iniziò a diventare grigio da un pezzo; esattamente da quando pensò che i colori dell’alba non erano mai uguali. In un certo senso questa riflessione la rassicurò e produsse in lei una specie di brivido che sollecitò l suo animo. Era sempre la stessa. La stessa. Di iniziativa ne aveva sempre avuta abbastanza, mai quanto il suo perdersi nei pensieri più disperati e insonni che avevano le sfumature di tutte quelle albe. Oggi si sentiva decisamente meglio, e questo mi dava la forza per guardarla.
Osservo una vecchia foto panoramica ritrovata per caso.
Ho un ricordo sempre vivo in me. Talmente vivo che io stessa vivo di questo. E’ un pezzo di vita, un qualcosa dal quale non potrò mai e poi mai separarmi; perché mi appartiene, ed io appartengo ad esso. Ed è nel mio silenzio più profondo, che riesco a portare in vita ciò che nella realtà purtroppo non c’è più… O quasi.
Sebbene ci sia stata, e abbia trascorso lì bellissimi momenti della mia vita, non ho mai vissuto nella città che mi ha vista nascere; Ma posso dire che vi ho vissuto, attraverso gli occhi di mia nonna. Vivevo nelle sue parole, durante le nostre chiacchierate, mentre mi portava con sè, mano nella mano, sera dopo sera, a scoprire dei piccoli angoli di vita, di umanità, di gente comune.
La città della calma e dello star bene. Delle strade intasate di lamiere sotto il sole, della gente che brulica per la piazza, delle urla dei venditori nel mercato, dei sorrisi di un incontro per caso, tra le buche e i sanpietrini.
La città del quartiere di chissà dove. Dei palazzi stesi al sole, e di chiese antiche che sbucano tra un angolo e il cemento. Persiane abbassate nelle ore più calde, e voci di donne che rimbombano tra le strade e i cortili. Ed un garage, quello suo, e quella vecchia 500, e una suora che lo usa e ha il suo permesso.
La città dei gradini e delle panchine. Le partite di calcetto fuori casa, mentre il sole scende. E lei con i capelli raccolti, il viso dolce e gli occhi grandi. Ed un abbraccio.
La città dei gruppi di giovani, e delle uscite di sera. Profumi che provengono da ogni casa, e la musica di qualche automobile che scivola per le strade, insieme ad una macchina che passa silenziosa: qualcuno starà tornando a casa. Gruppi di ragazzi sui motorini. Risate, e parole in dialetto vivo. Sopra, un cielo nero, sotto, tanti cuori che battono, amicizie che sbocciano, ed amori che nascono.
La città del sole e delle spiagge. Delle primavere calde, dove finisce il cemento e inizia la sabbia. E le ciabatte in spalla, e quel mare di Calabria azzurro già d’estate. Le magliette colorate, gli amici che ridono e si rincorrono. Una ragazza, un sorriso. Una coppia di amici. Un abbraccio, tutti insieme, una foto. Il tempo si ferma. E lei in quella foto spettinata, il ciuffetto sugli occhi, e Lei un pochino nascosta, tra le braccia dei figli, e una grande dolcezza negli occhi.
La città del belvedere. Dei silenzi di sera. Di un muretto che la domina. Delle luci della città che occhieggiano e si confondono con le luci del cielo. Di una panchina. Vuota. Mentre Lei sogna di essere lì con i suoi anni trascorsi. E che non accetta. Di fredde spire di vento che avvolgono lei, e i suoi ricordi, allontanandoli.
La città dei sogni d’amore. Di un campanello mai suonato. Di una ragazza che non si è mai affacciata. Di due mani che non si sono mai sfiorate. Avrei voluto tenerle la mano nella mia, solo una volta… Solo una volta…
Mentre Lei mi parlava, in quelle chiacchierate, io ero nei suoi occhi. Accanto a lei, a vivere quella città, attraverso i suoi ricordi, a viverla con Lei. E insieme, sorridevamo, ed eravamo felici.
Quella fu per me anche la città delle stelle. Di una notte di agosto. Di un “ti amo” ripetuto infinite volte ad un telefono. Di due anime belle, lontane ma sotto lo stesso cielo, che si ripetono il loro amore, mentre la notte li avvolge.
E adesso non resta che una casa vuota. Il profumo di Lei nella casa, che segna la sua presenza; i graffi sul pavimento che raccontano la storia di una vita. E quel portone con quel piccolo cancello, dove non ci sarà più lei ad accogliermi.
Tutte quelle vie strette e misteriose, ognuna con la sua storia, un mondo di emozioni inesplorato.
E infine il mio baule di ricordi, la casetta di nonna, e quei gradini sui quali puntualmente mi sbucciavo le ginocchia. Una parte di me vive tra quelle mura; le mura di quella casetta in Via Capalbo che ho cerchiato sulla fotografia.
E questo è il mio buon motivo per tornarci.
Chissà perchè l’idea della morte si insinua così fiocamente nei momenti più strani. Una vocina che si fa strada attraverso un chiassoso coro di rumori. Forse è come il pensiero di una partenza, di un viaggio, chissà… Forse è solo paura di una solitudine forzata, tutto qui…
Lei oggi non c’è più, ed è stata una delle persone più belle, in ogni senso, che abbia mai incontrato in tutta la mia esistenza, e quando mi ha lasciata ho preso dolcemente il ricordo di lei facendolo diventare parte di me, della mia forza; ancora oggi questa persona che ho amato, torna a trovarmi, e spesso, nei sogni, e nei pensieri durante le giornate, a ricordarmi ciò che è stato, e ogni volta c’è una lacrima, e un sorriso. Perché mi ha cambiata, perché mi ha dato tanto di lei senza chiedermi niente, e questo è forse il più grande, il più bel gesto d’amore che si possa sperare mai di avere.
Lei è ancora lì, in quella città, e si muove tra le stanze della sua casa, tornata in vita chissà come, chissà quando, ma lei c’è, in quella città, e anche la città è tornata a vivere.
Elena Ricci