“Occorre formare una nuova classe dirigente, più preparata, più pronta a cogliere le novità di un percorso che bisogna inventare secondo una logica di rinnovamento e di difesa da un mercato globale che ci vede perdenti”. E’ un messaggio chiaro e forte quello che lancia a tutto il nostro territorio il prof. Salvatore Martino, che insegna presso il locale liceo scientifico, ma che è soprattutto direttore della scuola di formazione socio-politica dell’arcidiocesi Rossano-Cariati.
Per il prof. Martino “La Sibaritide è diventata una delle aree più deboli e più emblematiche di tutta la Calabria, appunto perché la politica ha mirato solo a se stessa e non al governo delle comunità. Vi sono comuni del territorio – afferma ancora – in cui l’egoismo politico e la faziosità impediscono di fatto il funzionamento degli organismi regolarmente eletti dal popolo. Il danno che ne deriva è incalcolabile in termini di possibilità e in termini di prospettive. Credo che questo territorio – è l’amara constatazione di Martino – abbia perso troppi appuntamenti, che troppi treni siano passati senza che nessuno abbia cercato di accogliervi ed ospitarvi le speranze della gente. Una classe politica – questo è l’atto di accusa di Martino – che ha saputo produrre solo danni non è credibile e non può essere delegata a rappresentare gli interessi di tutti. Non è più possibile continuare a fidarsi di chi ha guardato a se stesso e non alla comunità. I partiti come organismi di partecipazione non esistono più così come non esiste più il dibattito attorno ai temi. In genere, chi fa politica oggi, la fa perché ha occupato uno spazio che dovrebbe essere di democrazia e di partecipazione”. Sui giovani Martino afferma: “Se si pensa al dramma di tanti giovani che, grazie al sacrificio delle proprie famiglie, oggi compiono gli studi, si laureano, conseguono masters e specializzazioni di ogni tipo, e poi sono sistematicamente costretti ad emigrare, ad andare all’estero per mancanza di lavoro, viene da riflettere, non senza amarezza, su quello che veniva prospettato loro dai politici qualche anno fa. Gli si diceva che occorreva qualificarsi, specializzarsi, acquisire titoli e competenze perché, poi, ci sarebbe stata la possibilità di sfruttare le competenze acquisite e mettersi in gioco a livello di lavoro, in quanto, si aggiungeva, solo in quel modo non soltanto si sarebbe risolto il problema lavoro ma addirittura si sarebbero potuti occupare posti e ricoprire ruoli di grande responsabilità. Nella realtà, niente di tutto questo. Ecco perché occorre riscoprire il senso della propria identità e cercare di trasformare il territorio che langue, non per mancanza di risorse, ma per incapacità amministrative e politiche, in una sorta di nicchia dello sviluppo, all’interno della quale bisognerebbe far crescere le vitamine della democrazia e della speranza. La logica del clientelismo e del cinismo va sconfitta a vantaggio della ricerca bene comune”.
Giacinto De Pasquale