L’intervista, parte integrante della tesi “Corigliano Calabro Fotografie – Luce e cenere”, è stata rilasciata nel settembre del 2007 ed è qui pubblicata integralmente in tutte le sue parti.
1. Dott. Viteritti, lei rappresenta una delle “memorie storiche” della Città per quanto riguarda gli avvenimenti politici e culturali avvenuti negli ultimi trent’anni. Un periodo, che di certo ha fatto registrare una crescita consistente in tutti i settori della vita economica e sociale di Corigliano,
eppure si ha l’impressione che la Città non riesca ad essere al passo con i tempi, sia da un punto di vista politico che amministrativo. Come si spiega un tale ritardo?
Penso che la città stia ancora scontando i ritardi accumulati negli anni sessanta e settanta, quando a Corigliano esplosero fenomeni di crescita economica, sociale ed urbanistica a cui non corrispose un’adeguata risposta politica ed amministrativa.
Nel momento in cui la Piana di Sibari era interessata ad un dibattito di valenza nazionale (porto, università, industrializzazione, centrale ENEL, ect) il Comune si trovò spesso ad essere retto da commissari straordinari, che assunsero decisioni importanti seguendo criteri sulla cui natura è meglio sorvolare.
I partiti, dal loro canto, non furono in grado di attrezzarsi e di rinnovarsi per rispondere alle sfide poste dalla nascita della Regione Calabria e dell’Europa Unita.
Prevalevano demagogia, difesa di piccoli interessi particolari, una incapacità di autotutela che portava i gruppi politici locali ad essere “vassalli” dei potenti cosentini dell’epoca, i quali pescavano a piene mani nel locale serbatoio di voti, approfittando di divisioni politiche spesso più artificiose che reali. A Corigliano c’erano i seguaci di Mancini, di Frasca, di Mundo, di Misasi, di Buffone, ect, ma non c’era un politico, o un gruppo di politici, capaci di assumere su di sé la rappresentanza complessiva degli interessi locali. Ed infine c’è da rilevare che la macchina burocratica del Comune era un vero e proprio carrozzone, mal guidato e male organizzato, con particolare riferimento agli uffici tecnico ed urbanistico. Oggi la situazione è diversa, ma quei ritardi pesano ancora. In particolare, Corigliano non esercita nel modo dovuto il suo ruolo naturale di “guida” nella Sibaritide, soprattutto per l’insufficienza della locale classe politica.
2. Come si può pensare di partecipare al processo storico dell’unificazione d’Europa quando in Calabria e presso le sue istituzioni di governo assistiamo a cruente lotte di potere che spesso sono fortemente influenzate da indagini giudiziare e sulle quali pesano continue intimidazioni mafiose, culminate addirittura nell’assassinio del vicepresidente del consiglio regionale?
Purtroppo il problema della legalità in Calabria è quello che condiziona in maniera drammatica molti aspetti della vita politica ed economica della Regione. I cittadini e gli imprenditori non si sentono sicuri. Molti ambienti, troppi personaggi sono coinvolti e in tanti trovano comodo muoversi in quella zona grigia che può essere utile per arricchimenti o fortune politiche. Non penso che la società civile calabrese possa uscirne con le sue sole forze.
Ma lo Stato non si rende conto di come la questione criminale sia un cancro che finirà per corrodere l’intera nazione. La marginalità della Calabria, che allontana i riflettori della pubblica opinione nazionale da tanti fatti che sarebbero clamorosi se si verificassero altrove,non aiuta certamente. In questi ultimi anni, poi, la questione calabrese o, piùin generale quella meridionale, è sparita dall’agenda di partiti e governi,soppiantata da altre problematiche spesso alimentate ad arte e non sorrette daun reale stato di urgenza.
3. Corrado Alvaro, nel suo Gente in Aspromonte, produce una lettura inquietante del rapporto cittadino calabrese – sistema giustizia, arrivando a sostenere che il calabrese, se prende coscienza di un sistema costituito da prepotenti e malversatori, dapprima gli resiste e poi si ribella, sostituendosi ad una giustizia dai tempi biblici. Ancora più esplicitamente, nella introduzione di Capire la Calabria, scriveva: “…esso è il più facile a diventare ingiusto e prepotente sapendo di esserlo, facendosene anzi un culto disperato e una missione come della giustizia; posizione esatta da angelo condannato.”
Ritiene che questi due aspetti trattati dal nostro scrittore caratterizzino ancora oggi alcuni comportamenti dell’individuo calabrese?
Per i“briganti” di oggi non valgono le analisi sociologiche del passato, per cui spesso si diventava violenti in seguito ad una ingiustizia (vera o presunta). I mafiosi hanno origini “familiari” e si muovono in un sistema che offre loro infinite possibilità di intimidazioni e traffici lucrosi. Non sono affatto“angeli vendicatori” di subìte violenze, ma coscienti artefici di un destino che scelgono in base ad un preciso calcolo di utilità personale e di gruppo.
4. In tale contesto, che ruolo ha lo scarso senso civico del coriglianese (o più in generale dei calabresi) verso le istituzioni?
E’ un fenomeno, quello della mancanza di senso civico, non certamente riconducibile ai tempi nostri, anzi ha precise e riconoscibili origini storiche. Esso rappresenta la pre-condizione che favorisce fenomeni di micro-illegalità in cui si sviluppano poi consorterie e faccendieri di ogni tipo. In questo lo Stato potrebbe essere di grande aiuto, mettendo in campo un sistema repressivo capace di combattere con successo le quotidiane violazioni che minano la fiducia dei cittadini onesti. Oppure, intervenendo sulla magistratura regionale, rendendola più funzionale e veloce. Oppure controllando con più decisione gli “uffici” che pretendono, spesso alla luce del sole, prebende e gratifiche per lavori d’ufficio. Ma lo Stato italiano vive una profonda crisi di identità e la soluzione regionale, almeno per il territorio meridionale, si è rivelato un passo prematuro, non preparato con le dovute attenzioni.
La nascita della Regione Calabria non ha avuto alcun significato di crescita sociale ed economica. Essa si è rivelata un moltiplicatore di occasioni di malaffare e di clientelismo, contribuendo a dare un colpo terribile ad una regione che negli anni sessanta presentava timidi passi di fuoriuscita dall’assistenzialismo.
5. Che ruolo ha l’impegno di tanti onesti cittadini, imprenditori, politici del territorio che ritengono di dover fare qualcosa per migliorare loro stessi e la loro terra?
Si tratta di un impegno che contribuisce a tenere accesa la fiammella della speranza in un riscatto della regione. Ma non di più. Ripeto: se lo Stato non fa della Calabria un “caso” nazionale adottando opportuni provvedimenti amministrativi e legislativi, non ci sono possibilità di rinascita.
Se il Parlamento, per esempio, non fa una legge circostanziata e precisa in direzione della trasparenza e democrazia nei partiti, questi ultimi continueranno ad essere piccoli feudi di ottocentesca memoria in cui alimentare personali ambizioni e sfrenate voglie di ricchezza e di potere. Ricchezza, ovviamente, da drenare in gran parte dalle pubbliche casse.
6. Cosa pensa di una manifestazione come “Corigliano Calabro Fotografia”, realizzata nel contesto di una città come Corigliano?
Una premessa è d’obbligo. Io sono stato uno degli ideatori e promotori dell’evento e quindi, inevitabilmente potrò essere o sembrare tendenzioso nella risposta,anche se cercherò di rispondere con obiettività. A prima vista un Festival dedicato alla fotografia potrebbe apparire come una iniziativa estemporanea e poco adeguata ad una città come Corigliano, che non è sede universitaria, nonospita una scuola d’arte e non ha alcuna tradizione fotografica alle spalle. Eppure non è così, ove si rifletta allo sforzo compito in questi ultimi anni dalle Amministrazioni comunali per promuovere una politica culturale coerente,seria e ben articolata. A Corigliano esistono una biblioteca ed una mediateca di buon livello funzionale e qualitativo. Gli archivi comunali e delle famiglie illustri sono stati recuperati e resi accessibili agli studiosi mediante opportuni inventari a stampa o su supporto digitale. Sono state istitute due Fondazioni intitolate a personaggi illustri della città, Costantino Mortati eCarmine De Luca, dotate di locali propri e finanziamenti comunali, che svolgono una discreta attività di divulgazione scientifica e storica. Le scuole cittadine sono attivamente impegnate in incontri culturali e manifestazioni valorizzative del patrimonio storico locale. Ed infine, l’Ente pubblico ha appoggiato con ampiezza di partecipazione delle manifestazioni come “Chiese aperte”,o “La scuola adotta un monumento” che hanno visto la partecipazione convinta delle scuole cittadine.
A queste iniziative pubbliche c’è da aggiungere, sul fronte dell’impegno privato,l’attività della cooperativa “Il Serratore” che in vent’anni di attività ha prodotto una mole di ricerche ed iniziative impressionante per quantità e qualità. In sostanza, voglio dire che un festival della fotografia non nasce come un fiore nel deserto, ma si inserisce in un contesto forte di impegno culturale complessivo, contribuendo però ad attirare su Corigliano l’attenzione dei media a livello nazionale. Un archivio recuperato, purtroppo, non fa notizia, anche se prima bisogna salvare gli archivi e poi dedicarsi all’effimero (come è stato fatto a Corigliano). Ma una città come Corigliano ha bisogno di una immagine forte e positiva – e non mi soffermo sulle motivazioni ovvie di tale disperato bisogno.
Ecco allora la necessità di alcuni eventi che hanno proiettato la città alla ribalta regionale e spesso nazionale, come “Alba jazz”, Cinemadamare”, “Atmosfere” e il Festival dedicato alla fotografia, che si è conquistato un posto di assoluto rilievo nel panorama nazionale di tali eventi, attirando su Corigliano l’attenzione di quasi tutta la stampa nazionale (come del resto succede per i festival della letteratura, della storia o della scienza ormai diffusi ovunque). Gli organizzatori, infine, hanno coinvolto alcuni fra i maggiori fotografi partecipanti invitandoli ad operare sulla città e sul suo territorio. Tra i risultati di maggior rilievo è da segnalare un volume fotografico diGianni Berengo Gardin, Viaggio a Corigliano, edito da una primaria casa editrice, Contrasto, che ne ha curato la diffusione a livello nazionale.
7. Nel 2002, viene pubblicato AA.VV. ”Beni Ambientali Architettonici e Culturali di un centro minore del Sud Corigliano Calabro”,quest’opera si pregia di un suo saggio storico I Viaggiatori Stranieri .
Tale scrittura riecheggia più tardi ancora in Gianni Berengo Gardin Viaggio a Corigliano, infatti nel testo introduttivo Lei ipotizza un ritorno di Vivant Denon che :” rimarrebbe inevitabilmente emozionato per i profondi cambiamenti nel frattempo intervenuti.”
Non crede invece che resterebbe folgorato cogliendo ciò che resta di quel“giardino delle esperidi”, è convinto realmente che la costruzione selvaggia , l’abusivismo e la speculazione edilizia dello Scalo , di Schiavonea e di altre frazioni di Corigliano,compiute negli ultimi trent’anni, rappresentino una credibile o plausibile emozione alternativa al giardino aureo inteso da Denon?
Non lo credo di certo. Volevo solo dire che è ancora possibile cogliere sensazioni,atmosfere, particolari di un paesaggio ormai scomparso per sempre. E poi era una provocazione, perché è sempre utile ragionare tenendo presente il passato recente e più antico.
Corigliano Calabro, settembre 2007.