Il “decreto del fare” si rivela la classica montagna che partorisce il topolino. Appare però, quantomeno offensiva l’impostazione che viene proposta per le agevolazioni alla stabilizzazione dei giovani. Pensare di dare accesso ai non diplomati, con un età compresa tra i 18 ed i 29 anni, che vivono da soli e con qualcuno a carico, significa non comprendere cos’è il dramma della disoccupazione giovanile in Italia ed in special modo nel Meridione.
Anzi, andiamo oltre. Significa comprendere qual’è il problema ma, al tempo stesso, significa non essere in grado di pensare a provvedimenti realmente efficaci.
Non comprendere che, oggi, in Italia i disoccupati non sono giovani senza titolo di studio, non sono masse di gente non istruita, ma, al contrario, sono laureati e diplomati che non riescono ad entrare nel mercato del lavoro perchè il mercato stesso è strutturato in maniera tale da rendere più favorevole la precarizzazione del lavoratore, significa essere semplicemente inadeguati come economisti e come politici. E questa precarizzazione non è figlia della crisi attuale, che colpisce soprattutto i lavoratori che erano già all’interno del ciclo produttivo e che ne vengono espulsi con conseguenze gravissime, ma è figlia di una visione dei rapporti economici solo dal punto di vista del capitale e non del giovane che deve entrare nel mercato del lavoro.
Ci hanno raccontato che bisognava essere flessibili, dimenticando però che il cardine della flessibilità, almeno di quella americana a cui si ispiravano i promotori di queste tesi, è un compenso lordo maggiore per il lavoratore: non ho la garanzia del posto fisso, non ho ferie, non ho sicurezze, però in cambio ho una paga molto più “pesante”. Il modello italiano prevedeva e prevede lo strano fenomeno del “non ti do ne diritti, ne sicurezza ma ti pago pure poco”.
La colpa che questo governo ha è il non aver avuto, ancora una volta, il coraggio di scegliere. Si rinvia l’aumento dell’IVA ma non si dice che i soldi verranno presi dai pagamenti dell’IRPEF. Si boccia la proposta di un reddito minimo garantito, che esiste in tutti i paesi europei, ma non si danno risposte in alternativa.
Ed ora Letta minaccia d’andare in Europa a sbattere i pugni! E per che cosa? E’ disposto a violare il patto di stabilità che strangola le imprese che lavorano con la Pubblica Amministrazione? E’ disposto a non accettare quegli equilibri di bilancio che in maniera improvvida il suo partito e il centrodestra hanno voluto costituzionalizzare?
La realtà ci mostra un Letta incapace di dire quel “qualcosa di sinistra” di morettiana memoria. Ci mostra un Letta che trova normale interloquire con un pluri condannato.
Il provvedimento appena varato non sarà in grado di spostare un euro verso i ceti più poveri, verso chi ha pagato, fin dal primo momento il prezzo della crisi e di cui non è responsabile.
Si sarebbe dovuto parlare di detassazione per i lavoratori, di provvedimenti in favore del popolo delle partite IVA che sta scomparendo, si sarebbe dovuto avere il coraggio di mandare al diavolo i vincoli di un Europa schiacciata sulle banche, si sarebbe dovuto prospettare, almeno in ipotesi, la possibilità di una patrimoniale verso chi guadagna più di un milione di euro. Ed invece ci si è inseriti nella scia del governo Monti, che rappresentava la faccia meno folcloristica della destra berlusconiana, e si continua, imperterriti, a fregarsene del destino di centinaia di migliaia di giovani. Ed in questa situazione gli spettri della Grecia, della Turchia o della Spagna, cioè di una rivolta di piazza che vede la proposizione di una frattura generazionale, diviene uno scenario terribilmente concreto. Uno scenario che nella sua proposizione violenta è da auspicare che non si realizzi, ma che, proprio come definitivo strappo tra padri e figli, tra una generazione che aveva tutto e tutto ha sprecato ed una generazione che non ha più nulla e nulla potrebbe non avere mai, se non ci affrettiamo a dare un segnale di speranza, potrebbe essere l’unico possibile da qui a breve.
Ed appare, a questo punto, inutile ricordare cos’era l’alleanza di centrosinistra, cos’era “Italia Bene Comune”, la stessa che alle amministrative, sic, fa il pieno in quasi tutta Italia. SEL ha cercato di ragionare con il PD, ha cercato di portarli sulla strada che il popolo stesso del PD chiedeva, non Marini ma Rodotà ovvero Prodi e di nuovo non Napolitano e l’inciucio contro natura ma la splendida figura del calabrese Rodotà. A distanza di mesi noi non abbiamo tradito nessuno dei punti contenuti nel programma elettorale…altri quel programma lo hanno regalato a Berlusconi ed alla sua corte di “nani e ballerine”.
La giustificazione che abbiamo ascoltato, sempre con attenzione, era che la crisi che il Paese viveva esigeva reazioni forti, soluzioni forti…lasciamo giudicare, a chi legge, la forza e la bonta di quello che il governo del Letta al quadrato ha fin qui prodotto. Stendiamo, infine, un velo pietoso sulla decisione di “aprire un indagine conoscitiva” sulla questione dell’acquisto degli aerei F35…14 miliardi di euro per un centinaio di aeroplani sono una scelta che, il solo prendere in considerazione, rappresenta la natura perversa di questo governo…chiudiamo le scuole, tagliamo la sanità ma prepariamoci ad invadere la Svizzera…
Alberto Laise coordinatore SEL Corigliano Calabro