Il dato che maggiormente ha colpito nella recente tornata elettorale (primo e secondo turno) è quello sull’astensionismo. Basti pensare che nel turno di ballottaggio solo il 41% degli aventi diritto è andato a votare per una competizione, le comunali, che notoriamente fanno registrare la percentuale più alto in fatto di partecipazione al voto. Su elezioni e astensionismo il quindicinale dell’arcidiocesi Rossano-Cariati “Camminare insieme”
in distribuzione in questi giorni, ha pubblicato un interessante commento a firma di Domenico Delle Foglie. “Noi irriducibili sostenitori della democrazia – scrive l’articolista – possiamo darla vinta al partito dell’astensione che, ad ogni tornata elettorale, innalza la sua asticella? Un partito ormai trasversale, viste le dimensioni raggiunte non solo a Corigliano ma in tutta Italia. Tanto che è meglio non chiedere neppure ai parenti e agli amici. Perché la domanda del giorno è cambiata. Non più “per quale partito hai votato?”. Ma un molto più realistico: “Questa volta hai votato?”. E alzi la mano chi non ha in famiglia, nella cerchia degli amici, ma anche nella propria comunità di appartenenza, qualcuno che abbia disertato le urne. Naturalmente per scelta o per stanchezza, per disaffezione o per disistima, per rassegnazione o per protesta, per impeto moralistico o ascesso di realismo. Ognuno, se interpellato, esprimerà le proprie personalissime ragioni. Ma proprio questa circostanza – scrive ancora Delle Foglie – deve aiutarci tutti a riflettere. Perché il partito dell’astensione (legittima e democraticamente tutelata) non ha un leader, non ha un testimonial d’eccezione, non ha un volto che buchi il video e ci spinga a disertare le urne. Non ha, ci si passi il paradosso, una intenzionalità “politica”. Perché se tale fosse, almeno avremmo qualcuno con cui confrontarci e scontrarci. Che dovrebbe spiegarci le ragioni del rifiuto del voto e aiutarci a discernere. Per poi individuare, meglio se insieme, le soluzioni a questa emorragia di partecipazione. Dunque, ci troviamo nelle peggiori condizioni e dobbiamo prendere atto che abbiamo dinanzi a noi un nemico davvero insidioso. Tanto che qualche analista si spinge ad affermare che “la crisi della democrazia rappresentativa è compiuta” o addirittura mette in guardia dal rischio di derive autoritarie. E qualche dubbio, a dire il vero si insinua anche in noi, perché quando minoranze sempre più esigue di elettori (pur attraverso la mediazione degli eletti che sono espressioni di partiti e coalizioni) scelgono per tutti, si fa fatica a delineare i contorni di una democrazia reale. E di un’amministrazione della cosa pubblica (soprattutto nelle diverse articolazioni territoriali) che risponda al criterio essenziale del bene comune. Se il cittadino rinuncia, scegliendo l’astensione, ad esprimere un giudizio sull’operato dell’amministratore pubblico, perché mai quel sindaco, quella giunta, dovranno domani farsi carico dei problemi di tutti? Una scelta di guida amministrativa povera di consensi è già un implicito lasciapassare per amministratori infedeli”.
Giacinto De Pasquale