Il sogno è sospinto dalla speranza e la speranza è la forza che anima la gente di buona fede, quella che permette alle persone di credere in se stessi, nelle proprie idee, negli insegnamenti ricevuti come dote dai propri padri, nella società in cui si vive, nella comunità in cui si è venuti su, crescendo e diventando adulti all’insegna di un comune senso di appartenenza, e di approcciarsi, così, animati da fresche e pure energie e sospinti da buoni e genuini propositi, alla realtà della vita per vivere migliorando se stessi e i luoghi in cui si vive il proprio tempo esistenziale.
“La Città della gioia” è il luogo in cui tutti vivono serenamente la propria vita, all’insegna del tempo che trascorre portando buoni atti compiuti da persone scrupolose e coscienziose; la Città della gioia è quella che ognuno di noi contribuisce a costruire con i (propri) singolari atti di tempo; la Città della gioia è quella che ciascun individuo vive nel proprio animo, coltivando il valore della per-sona e accrescendo il senso comune di appartenenza in cui si vive. La Città della gioia è quella in cui tutti remano verso la stessa meta, quella indicata dalla saggezza, dal buon senso, quella rintracciabile nell’Idea del Bello, che non è il bello esteriore e apparente ma è il Bello dell’Essere.
Vedete, non si farebbe certamente della retorica, se dicessimo che “noi” viviamo uno dei luoghi più belli della Terra (e non solo dell’Italia); non si direbbe qualcosa lontano dal vero, se affermassimo che il nostro borgo antico, con l’antico maniero, le tante chiese, i molteplici monumenti e rilievi storici dall’incommensurabile valore artistico (ed estetico), è uno tra i posti più belli al mondo; e non ci allontaneremmo dal vero, credo, nel dire che la nostra gente, il nostro popolo, nel corso delle generazioni che si sono susseguite nel tempo, a vivere questo magnifico posto, abbia avuto intuito, volontà, laboriosità e dedizione per accrescere la fecondità e la prosperità di questa Terra, lasciando ai posteri, cioè a noi, una traccia positiva, un insegnamento costruttivo, un esempio-modello da seguire e imitare, a nostra volta, nel nostro tempo per accrescere quell’idea del Bello.
Questa è storia, questa non è retorica, questi sono i luoghi e le tradizioni che ci hanno generato come figli e abitanti di questo spazio, di questa “zolla”, di questo preciso suolo del mondo. E allora che dire, se si facesse un confronto tra ciò che eravamo ieri e ciò che siamo oggi? Ci sarebbe un sacco da ridire, tanto da obiettare, molto da pensare! Forse, davvero, i nostri padri sono stati più bravi, più saggi, più avveduti di noi! Eppure loro, ieri, nella loro epoca, a differenza della nostra, non avevano i nostri mezzi, i nostri strumenti, il sapere “multidisciplinare” che caratterizza la contemporaneità. Ma la realtà odierna è ferma, lì, sotto gli occhi di tutti. E da qualsiasi angolatura che la si guardi la “fisionomia” non cambia.
Non voglio stare qui ad allargare il discorso, anche perché eclisserei da quello che è l’obiettivo vero di questo scritto, che non è quello di soffermarsi sulla storia, sulla civiltà, sulle origini della nostra società, ma quello di guardare all’oggi, al presente della nostra Città. E non sto qui, ora, a ripercorrere e analizzare problematiche (sociali, politiche etc.) che maledettamente affliggono la Città, perché l’ho fatto già mille volte nel passato, tutte le conosciamo vivendole sulla propria pelle, con i propri sensi e le afflizioni che in alcuni casi queste comportano e, dunque, sarebbe (ahimè) perfino superfluo, in quanto ripetitivo, ridondante, farlo.
Corigliano i prossimi 9 e 10 giugno è chiamata a compiere una scelta politica di vitale importanza per tutta la Città, perché in gioco, con questo voto, per uno o per l’altro candidato, non la gioia della Città (come ho letto in un articolo di questo BLOG) ma c’è qualcosa di più, qualcosa di molto più grande, qualcosa che ha che fare con la vita o con la morte, cioè la stessa esistenza.
Potremmo stare qui a parlare della Città e formulare le parole più belle, creando le metafore più suggestive ai sensi, a dipingere frasi e periodi con gli aggettivi più accattivanti, usando le parole come se fossero colori, per scrivere e descrivere Corigliano dando vita alle sfumature e ai rilievi più strabilianti, facendolo in nome della Gioia, del Bene, dell’Amicizia, della Fratellanza, della Reciprocità, del Rispetto, o, ancora più semplicemente, in nome dell’Amore, di quell’amore che lega ogni cittadino ai luoghi, alla terra, al posto in cui è venuto su, crescendo, diventando adulto.
Ma sarebbe un gioco effimero questo, abbiamo assistito già nel 2001, nel 2006, e poi ancora nel 2009 a questo giochetto, e non è bello fare leva sulla sfera emotiva del popolo, utilizzando le parole magiche, della gioia, del sogno, della felicità, per ottenere il consenso.
Per questo occorre guardare alle cose, ai fatti, alle cose vere.
Corigliano fino a pochi anni fa era un piccolo “paesotto” di campagna, poi con l’impegno, la sagacia e la solerzia del buon amministrare, del vivere i problemi della città, studiando progetti e proponendo idee, realizzando importanti opere pubbliche, migliorando gli standard di vita, evolvendo la urbanità il vecchio paesotto è diventato la nuova cittadina ionica. Poi, dopo quegli anni, niente, tutto è rimasto fermo a quel tempo. E chi si ferma, come insegna la storia, retrocede. E dal 2001 la città ha fatto molti, tanti passi indietro.
Ergo: in politica, come nella vita, non mi stancherò mai dirlo, le idee, i valori, gli ideali camminano con le gambe degli uomini, dunque è la persona, l’uomo, nel suo essere, qui e ora, con la propria storia, a essere il garante della moralità e del buon governo della res pubblica. E in città ci conosciamo tutti, tutti sappiamo di tutti, e quindi parla la storia.
Concludendo, e sempre per restare alla concretezza dei fatti (e non delle belle parole) in questo momento storico, annerito da mille situazioni negative, occorre un sindaco che abbia il carisma delle idee, che abbia contezza di ciò che significa amministrare un comune “dissestato” e grande come il nostro, che abbia l’esperienza necessaria per comprendere e porre subito rimedio ai problemi incombenti e insistenti sul territorio.
Agitare lo spauracchio della paura, in questo caso, non è solo fuorviante e inappropriato farlo, ma è dimostrare la propria malafede politica (o buonafede intesa come fedeltà al proprio partito). Ma questa è altra cosa rispetto alla realtà.
E allora i prossimi 9 e 10 giugno, al di là della propria appartenenza politica, a prescindere dal colore del proprio partito di riferimento, votiamo, ancora una volta, senza anomalie di sorta, per Giuseppe Geraci sindaco.
Ermes