Siamo delle studentesse nate a Corigliano Calabro e ci ritroviamo qui per smantellare gli assurdi luoghi comuni che continuamente leggiamo sul Sud e suoi abitanti. Desideriamo rispondere soprattutto ad una lettera scritta da Francesca Chaouqui (http://27esimaora.corriere.it/articolo/sono-nata-nella-terra-dove-e-stata-uccisa-fabiana-io-sono-scappata-lei-non-ce-riuscita/) su una tragedia verificatasi nel nostro paese e presa come spunto per poter continuare ad infangare il Sud ed in particolar modo la comunità calabrese.
Iniziamo col citare la frase di un film ben noto: “ Quando un forestiero viene al Sud piange due volte: quando arriva e quando parte.” Ignare di quale esperienza abbia vissuto Francesca Chaouqui siamo qui per descrivere la nostra realtà, la realtà coriglianese. Corigliano è un paese di ben quaranta mila abitanti situata al centro tra mare e montagna dove le “case non ristrutturate” fanno parte di quello che viene comunemente definito centro storico. Diversi sono i bar o pub usati come luoghi d’incontro dai ragazzi, i quali contrariamente a quanto detto da Francesca restano ben volentieri nella loro terra, nelle loro case insieme alle loro madri che non dimostrano differenze tra i figli che siano maschi o femmine e che non scelgono di mandarli fuori dalla Calabria, ma anche scegliendo di partire per qualsivoglia motivo, come nel nostro caso, i nostri genitori pur soffrendo la distanza sono sempre i primi sostenitori delle nostre scelte.
Pertanto, sentiamo di dissociarci da tutto ciò che è stato descritto da Francesca perché la Calabria, Corigliano così com’è oggi, non rientra per niente nella offensiva descrizione fatta. Oggi, noi coriglianesi davanti al dramma della giovane Fabiana siamo sconvolti per un episodio crudele e singolare, a cui non siamo proprio abituati. Non bisogna aggrapparsi a quello che è successo per ritrarre la Calabria come un posto dove mafia, violenza e sottomissione femminile le fanno da padrone. I ragazzi coriglianesi oggi hanno dimostrato la loro sensibilità, il loro essere coscienti della negatività della violenza e hanno allestito un corteo commossi e motivati da messaggi tutt’altro che negativi come l’amore per la vita, il rispetto verso le donne e soprattutto la solidarietà verso una famiglia sofferente, che alcuni di loro nemmeno conoscevano. Un gesto che i giovani calabresi, con tutto il nostro orgoglio, hanno saputo offrire spontaneamente.
Replicare a questa lettera,nostro malgrado, ci allontana da quello che in questi giorni ha colpito tutti noi ossia la brutale perdita di una ragazza di soli sedici anni, uccisa per mano di un giovane assassino per futili motivi che però non rappresenta,fortunatamente, il tipico ragazzo coriglianese.
Episodi di femminicidio non sono né originari né circoscritti alla Calabria ma rappresentano una problematica molto più grave dell’Italia tutta, che andrebbe approfondita e combattuta con determinazione e unione.
Concludendo, non siamo ipocrite e non intendiamo ignorare i problemi che la nostra terra presenta, ma sicuramente non è un caso isolato e non bisognerebbe mai fare come si suol dire “di tutta l’erba un fascio” poiché ci sono famiglie che dedicano davvero la loro vita all’educazione dei figli cercando di trasmettergli valori e sperando per i propri figli solo il meglio, che sia esso fuori o dentro dalla Calabria.
Cara Francesca, a nostro giudizio, dovresti delle scuse a queste famiglie e soprattutto alla famiglia Luzzi che è principale protagonista di questa vicenda. Dovresti delle scuse alla Calabria, dove dici d’aver lasciato “un pezzo del tuo cuore”, che da quello che traspare dalle tue parole sembra non conosci per niente o meglio, ne conservi un ricordo ben lontano dalla realtà odierna.
Alessandra Ritacco, Gina Pagliuso, Giusi Cariati & Teresa Curia