di Biagio Simonetta *(corriere.it)
Leggo e rileggo la lettera di Francesca Chaouqui sulle donne calabresi e cado in un disordine di emozioni che non riesco a controllare. È così strano dover difendere la mia terra dalla penna altrui, dopo tre anni passati assorbendo le accuse più dolorose: traditore, racconta favole, scrittore di “fotoromanzi”. È come trovarsi dall’altra parte del fiume in un solo istante. Faccio fatica. Sono nato e cresciuto in Calabria, e della Calabria ho sempre odiato le logiche criminali. Anch’io, come Francesca Chaouqui, sono emigrato. Attenzione, però: sono andato via, non scappato. Perché le parole sono importanti. LEGGI TUTTO ARTICOLO