In Calabria, la pacificazione forzata fra dirigenti del Partito voluta dal Commissario D’Attorre ha prodotto effetti controproducenti, perché ha riconsegnato centralità ad una classe dirigente già delegittimata dal voto delle regionali 2010, ampiamente impopolare e quindi inadeguata ad affrontare il tempo attuale che esige idee nuove, metodi nuovi e anche volti nuovi.
Di più, il livello nazionale del Partito, inserendo in lista nominativi calati dall’alto e senza legami con il territorio, ha concesso un alibi alla vecchia classe dirigente che nei prossimi congressi si appresta a riprendere in mano il partito potendo attribuire a errate scelte nazionali l’insuccesso. Tuttavia è la stessa classe dirigente che nel 2010 governava la regione e i principali comuni, dominando inoltre il partito. La stessa quindi che ha provocato sconfitte a catena e un governo della cosa pubblica giudicato dagli elettori in modo perentoriamente negativo. Come stupirsi allora di un altro risultato negativo?
A nulla vale appellarsi al risultato delle primarie che da strumento di democrazia sono diventate strumento di autoconservazione di una classe dirigente. Non è in alcun modo occultabile il fatto che in molti centri si siano verificate inspiegabili anomalie, risultando in numerosi centri un numero di molto maggiore di voti alle primarie per il Parlamento rispetto alle elezioni politiche, evidente sintomo di un voto viziato, se è vero che in tutta Italia i votanti alle elezioni per il PD sono stati circa il triplo di quelli delle primarie per il parlamento. A ciò si aggiunga che i brevissimi tempi concessi per la celebrazioni delle primarie stesse hanno favorito i gruppi già organizzati e l’apparato.
Chi avesse sfregiato la democrazia non può passarla liscia. Occorre un’operazione verità sulle primarie con delle conseguenza sulle carriere politiche di responsabili e favoriti. Se comportamenti del genere rimangono senza conseguenze, non ci saranno controlli che tengano: le prossime primarie saranno anche peggiori. I meccanismi di condizionamento non potranno che consolidarsi e il popolo del PD si troverà defraudato dell’unico strumento per far sentire la propria voce.
Il Partito Democratico non è però privo di risorse al suo interno. Il nuovo, fra mille difficoltà, sta riuscendo comunque a farsi largo e a dare testimonianza che un altro PD è possibile ed anzi già in campo.
A fronte di una classe dirigente esausta c’è, infatti, un popolo di militanti che – con sacrificio personale e senza indennità o anche rimborsi spesa – tiene in piedi la struttura del partito. Inoltre già esiste una nuova classe dirigente, formatasi nel PD, o nelle amministrazioni locali, o comunque dotata di competenze acquisite nei propri percorsi personali. Il popolo del PD stesso è ricco di energie e competenze che non si può pensare di escludere.
A tali forze, ancora animate da passione civile, può e deve essere affidato il Partito a partire da oggi perché solo queste possono farsi credibili promotrici di un radicale cambiamento.
Di certo non rappresentano un sostanziale cambiamento i congressi provinciali e regionali in Calabria, convocati ma di cui già si prevede il rinvio: chi gestisce (con pessimi risultati) il Partito è naturale che pensi di gestire anche le prossime elezioni e la propria ricandidatura.
Il PD così com’è oggi in Calabria è un partito chiuso, non contendibile, e che guarda con sospetto le forze che dalla società potrebbero arricchirlo perché possibile fonte di turbamento di equilibri interni: inevitabile che, perdurando tali atteggiamenti, invecchi rapidamente.
Per tale ragione viviamo la situazione paradossale per la quale la maggioranza degli elettori che si riconoscerebbero nel PD è stata costretta a non votarlo per non avallare una gestione del partito e una classe dirigente in cui non è possibile riconoscersi.
Per la stessa ragione un congresso come quello Provinciale che sia una mera conta di tessere -. peraltro in assenza di un’anagrafe pubblica degli iscritti – non ha alcun significato. Occorre un messaggio diverso e chiaro. Ribadiamo la necessità della convocazione di un assemblea aperta (che – già proposta – sta avendo significative adesioni nel PD calabrese) a tutti gli iscritti e anche simpatizzanti – cui deve esser data immediata possibilità di iscrizione – oltre che tutti quei soggetti (associazioni, volontariato per primi) cui si rivolge il PD nazionale nella sua carta d’intenti che credono nelle idee e nei valori del Pd. Molte sono le forze che dalla base si stanno muovendo per il cambiamento del Partito, a tutte facciamo appello perché convergano in un’azione comune.
Il luogo del confronto non potrà che essere l’assemblea che se non convocata per come richiesto sarà autoconvocata dagli iscritti.
Il PD che noi vogliamo nella sua organizzazione è un partito aperto, e i meccanismi del partito devono garantire la più ampia e libera partecipazione, adeguando il sistema di tesseramento italiano a quello dei grandi partiti europei con iscrizione online, pagamento non in contanti e centralizzato, invio postale della tessera del partito, misure idonee ad evitare fenomeni di malcostume che vedono tessere pagate in blocco dall’Onorevole di turno e iscritti a loro insaputa. Trasparenza dunque nelle iscrizioni ma anche gestione trasparente e verificata dei Bilanci del PD Calabrese e di tutte le sue rappresentanze nelle assemblee elettive ad ogni livello e la loro verificabilità pubblica sulla rete. Essenziale è la redistribuzione dei fondi ad ogni realtà territoriale a cominciare dai circoli perché solo con un partito radicato nel territorio e autonomo finanziariamente si pongono le basi di una effettiva autonomia di azione rispetto agli eletti, troppo spesso finanziatori interessati dei circoli stessi.
Cordialmente
Miele Gaetano