Sono consapevole del fatto che questo mio intervento provocherà una serie di commenti, gran parte dei quali, pur se esternati sotto mentite spoglie e dietro l’anonimato, indicano, chiaramente, la provenienza. Ma, dopo tanto silenzio, sento il dovere morale di “uscire” allo scoperto per dire la mia sulle tante parole e sui tanti interventi, molti dei quali apprezzabili, che si succedono per via mediatica sulla prossima competizione amministrativa che, finalmente, dopo tanti mesi, restituirà – ce lo auguriamo tutti – la città di Corigliano al popolo, con la elezione democratica del Sindaco e del Consiglio Comunale.
Mi perdoni, il blog, se occupo più dello spazio consentito, ma prometto che, se non sarà necessario, mi asterrò dal ritornare sull’argomento, fiducioso che su di esso, cali la parola FINE. E ciò dipenderà solo da LUI.
Lungi da me dal voler ritornare a speculare su di un passato, a dir poco, disastroso e deleterio che ha visto annoverato Corigliano tra i Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Si è detto e si sta continuando, da qualche parte, a dire ancora tanto. E ritengo, quindi, che il silenzio – inteso come meditazione ed atteggiamento di ascolto – sia più eloquente delle vacue parole.
Debbo constatare, purtroppo, che, mentre si comunicano alla città “primarie” che poi vengono abolite, progettualità politiche – che di molto scarso sanno con riferimento a concreti disegni mirati a recuperare il tempo perduto-, si avanzano polemiche, a mò di botta e risposta, sulla incapacità di uno e sulla presunta “bravura” di un altro, poco conto viene dato a ciò che, realmente, pensa il popolo, dall’ultimo al primo strato sociale.
Mi sembra di assistere, in poche parole, ad una ulteriore “guerra” dove l’egoistico “io” si antepone, ancora un volta, al collettivo “noi”, dove l’”agorà”, la piazza, ha ceduto il posto all’unilateralismo più becero, seminando ulteriore confusione e trascurando, ancora una volta, il popolo che, pertanto, viene utilizzato solo come “serbatoio” di voti senza che sia coinvolto, direttamente, nelle scelte e nella democratica discussione.
Ne è prova lampante l’ultima campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento della Repubblica.
Chi ha assistito ad un solo comizio? Chi ha preso parte ad un dibattito organizzato da un Partito in competizione (ma come si fa a parlare di partiti se si è dinanzi ad agglomerati ed accozzaglie il cui unico scopo è accaparrarsi consensi!!!)? Dov’è finita la democrazia se si è “costretti” a votare ciò che LORO decidono, barrando un listino o soltanto un simbolo?
E con quali risultati, poi?
Una Politica di tal guisa non favorisce e tutela, né si fonda sulla partecipazione democratica e, pertanto, non è Politica.
Nessuno, quindi, si è posto il problema di cosa pensi e voglia la base popolare dopo questo lungo e travagliato periodo di commissariamento straordinario.
Si badi! Ritengo, in perfetta coscienza, che a nulla servono i “proclami” e le accese dispute, oggi in atto, atteso che bisognerebbe, invece, guardare all’essenziale, calarsi, soggettivamente e oggettivamente, nelle condizioni delle fasce più deboli, dei giovani – che non devono essere guardati in maniera strumentale -, fare ricorso alle professionalità serie e competenti che Corigliano ha la fortuna di avere, senza chiedere la tessera o di quale partito sia, ma invocare ed implorare il loro coinvolgimento e chieder loro di mettere a disposizione del bene comune tutto quanto di buono hanno da offrire.
Se così non sarà intravedo una campagna elettorale alla “vecchia maniera” che darà a Corigliano un Sindaco, un Consiglio Comunale e, finanche una Giunta, frutti di mero compromesso, figli di poteri spartitori, risultati delle correnti tesseristiche più forti.
Il popolo, oggi, quella grande parte della città, – che assiste, impotente, all’abbandono e al degrado di un Centro Storico, di cui tutti si sciacquano la bocca al momento opportuno, che percorre una viabilità che tale non può definirsi, che è costretta a sorbire una questione igienico-sanitaria che è sotto gli occhi di tutti, che vive in frazioni, private dei più elementari servizi ed afflitte da annosi problemi mai risolti – ricorda e fa il nome, ancora, di GIUSEPPE GERACI.
Chissà perché! Ed è inutile che mi si risponda, con i mezzi che ho detto nella premessa, che è “acqua passata che non macina più”. Perché se molti cittadini, umili, semplici, ma accorti e vigili (e sono, lo garantisco tantissimi) ricordano quello che è stato definito il “Buon Governo”, significa che qualcosa è rimasto, che quella frazione di tempo è ancora attuale e presente, significa che, al contrario di ciò che pensano i c.d. avversari, il ricordo di Giuseppe Geraci, come sindaco, alberga nel cuore di moltissimi coriglianesi.
E non mi si venga a dire e a ricordare i c.d. “fenomeni” del 2006 e del 2009 perché, contrariamente a quanto riferiscono anche i diretti interessati di quei periodi, ci sarebbe tanta verità da raccontare che loro stessi hanno omesso di dire, limitandosi a riferire “una” verità di parte e di convenienza.
Ancor oggi, tutto ciò si sta verificando e, da più parti, si invoca la sua ridiscesa in piazza, intesa come proposizione, ancora una volta, della sua candidatura alla carica di primo cittadino. O, come intende LUI, a “rimetterci, nuovamente, la faccia”.
E, ahivoglia, di rispondere a qualche intervento favorevole a tale ipotesi, con frasi altrettanto vacue e senza senso come quelle che, ove ciò si dovesse verificare sarebbe un fuor d’opera. Perché, se lo si pensasse sul serio, davvero si deve ritenere che il nome “Geraci” fa paura. Ma cosa, invece, fa paura?
Ritengo, intanto, che dal 2010, ogni volta che LUI appare in pubbliche manifestazioni, a funerali, o solo in un Bar, per prendere un caffè con gli amici, si verifichi una vera e propria affettuosa “aggressione” che termina nella fatidica e imbarazzante domanda: “ma perché non ti candidi?”.
E’ chiaro, netto, irrefutabile segno, tutto ciò, che la stragrande maggioranza di popolo non ha dimenticato la sua “era”.
Si badi! Non è, poi, tanto positivo che, a distanza di ben 20 anni, si parli, ancora bene di Geraci. E questo affermo perché ciò è altrettanto chiaro segnale che da molti anni (per non dire un ventennio), Corigliano non ha un Sindaco. E quando dico Sindaco mi riferisco al primo cittadino di una grande città come la nostra che non se ne sta chiuso nella sua stanza, ma interviene là dove vi è emergenza, dialoga e comunica con la gente, esterna la sua cordialità e la sua profonda umanità in occasione di pubbliche parate e pubbliche manifestazioni ma, con altrettanto deciso rigore, gestisce la res publica, il governo della città. E ciò è un grave male. Perché se quel buon governo, quella profonda umanità, non hanno avuto proseliti, ebbene, a tutti può esserne addebitata la colpa ma non a LUI e ad un popolo che, inerme, ha dovuto assistere allo sconquasso totale della città.
Mi sarei aspettato, dalle numerose “trombe” che stanno suonando in questi giorni, maggior rispetto per il popolo che è costretto a subire, per come ho detto innanzi, solo proclami e, ancora, “promesse” che non saranno (perché non potrà essere diversamente), puntualmente, mantenute.
Mi sarei aspettato, in misere parole, che si dicesse ai cittadini la verità vera sul collasso finanziario (anche enunciando i numeri che a me, personalmente, fanno paura) in cui versano le casse del Comune. E si proponessero adeguate soluzioni, iniziative, anche di estremo rigore. Ciò, finora, non è avvenuto ma ci si trincera sull’unilaterale “sicuramente farò” senza dire da dove potranno essere attinte le risorse.
Mi sarei aspettato cosa si intenderà fare, in termini pratici e realistici, per riordinare, riqualificare e, quindi, far funzionare la “macchina comunale” in tutti i suoi apparati, in tutti i suoi settori, che, a detta di molti, fanno acqua da tutte le parti.
Mi sarei aspettato proposte concrete e fattibili con riferimento al Centro Storico, alla questione della “spazzatura”, e non mere denunce fini a se stesse, non a lavaggi di bocca e di convenienza.Pperché … u’ mierichj penza e ru malati si nni va… e … a pruminter’e nnu darj restin’j figghj i maritari…
Non si dice nulla di tutto ciò ma si continua a promettere, a promettere, a promettere, a spendere belle parole, perché bisogna “gabbare”, ancora una volta il popolo e , quindi, … bisogna vincere!
Ma cosa si vincerà se non l’acqua fresca? Lo sanno i signori aspiranti candidati a sindaco che non avranno la possibilità di gestire un solo euro? E come si metteranno quando i cittadini “busseranno” per chiedere conto della promesse loro fatte? Qua sta il punto nevralgico! Perché il parlar chiaro non fa litigare nessuno.
Bisogna, invece, dire alla gente – che, però, lo ha capito e molto bene – che oggi, più che mai, c’è bisogno di un sindaco e di un’amministrazione che “stringa la cinghia” e si adoperi, con spirito di abnegazione a risanare tutto ciò che di cattiva gestione e di male è stato fatto a Corigliano. Non si potranno pretendere, quindi, posti di lavoro, sussidi, assistenzialismo, perchè manca la materia prima, cioè i fondi.
E sul disastro finanziario non spetta a me fare analisi. Facciano le “trombe” un accurato esame di coscienza e diano le risposte, ammettano le colpe, chiedano, umilmente, perdono. Tenendo in debito conto che su tale punto non può, sicuramente, invocarsi, a discolpa, il fenomeno “Santa Tecla”.
Che il popolo abbia capito, lo si comprende da come si atteggia e si comporta e da quello che pensa e dice.
E mi par strano che tutto ciò non costituisca oggetto di analisi da parte dei “papabili”, che tornano a porsi il problema su cosa intenda fare GIUSEPPE GERACI, se si candidi o no, se scenda in campo o starà alla finestra.
Credo, in ogni caso, che Giuseppe Geraci, per il rispetto che ha sempre portato al popolo di Corigliano, debba rispondere all’accorato “grido di dolore” che promana, soprattutto, dalle fasce più deboli e meno considerate della nostra società, dai tanti giovani che attendono un suo cenno di adesione; debba fare un’attenta analisi sui fenomeni che lo hanno visto protagonista negli ultimi sette anni (dal 2006 ad oggi); debba cogliere il lato positivo delle cose pur non disdegnando le negatività che sono emerse finanche dalle carte di indagine.
Perché, se è vero che il 2006 si è realizzata una vera e propria congiura questa si è rivelata letale non per il singolo ma per la collettività.
Se è vero che bisognava eliminare il “popolare”, il “famoso”, il “pubblico”, l’”amato”, e si pensava di esservi riusciti, oggi si assiste, ancora una volta, ad una corale acclamazione che non proviene da “primarie”, mai fatte e frutto di correnti e fazioni più forti, da logiche impositive che sanno di vecchia politica. Il nome, di contro, proviene dalla base, dal popolo, dai cittadini semplici e operosi, da tanti giovani, professionisti e non, dalla gente comune.
Cosa farà Giuseppe Geraci? Credetemi, non lo so neanche io che, quasi quotidianamente, lo incontro o lo sento. Ma se dovessi dargli un consiglio, un parere, esternargli un punto di vista, pur tremando per il peso grave che tale impegno comporta, gli direi “CANDIDATI”. Sicuramente il consiglio è corroborato di condizioni prima delle quali il distacco definitivo e totale da un mondo che non appartiene al suo modo di fare politica e di amministrare, un mondo dal quale ha ricevuto, ingiustificatamente, attacchi, tradimenti e vituperii. Poi, respirando l’aria del lontano 1993, invocherei da lui mani sciolte, liste composte da energie nuove, giovani, sane, da professionalità emergenti e competenti che, coniugate alla esperienza che proviene dai “capelli bianchi”, alla rettitudine morale e personale, riconosciuta oltre i confini territoriali, diano a Corigliano un governo stabile, efficiente, responsivo alle istanze della collettività.
Questo si aspetta la città. Non il litigio, l’antagonismo, la diatriba.
Questo mi sento di dire all’amico, al politico, al già sindaco, a nome di non so quanta gente attende, da tempo, un suo SI. L’amico si vede, soprattutto, nelle difficoltà. E oggi Corigliano, in serie difficoltà di ogni genere, attende, disperato, una sua mano tesa .
Risponda, almeno, alle numerose istanze, pubblicamente. Dica i perché di una scelta o di un’altra, ma risponda.
Per me, ove opponga IL GRAN RIFIUTO, commetterebbe un atto di viltà, a dir poco, imperdonabile.
Avv. Francesco Paolo Oranges