La dignità e la rabbia. L’amore e la rabbia. Tutte cose che spingono a mettere da parte l’orgoglio di chi, pur lavorando dalla mattina alla sera per portare il pane a casa, non è ricco. «Vi chiedo di realizzare un piccolo sogno, aiutate il piccolo Alessio… aiutate chi ha bisogno e chi ha soltanto la colpa di essere nato forse sotto una cattiva stella, in fondo nella vita c’è sempre una piccola speranza alla quale aggrapparsi, la nostra speranza ora può essere ognuno di voi», dice Vito Cosimo Trotta.
Vito ha meno di quarant’anni fa il pescatore nella sua Corigliano e da circa cinque anni aiuta il piccolo Alessio Emanuele, il suo terzo figlio, a combattere contro la microcefalia, una malattia terribile, ereditata incolpevolmente. O forse no, perché parrebbe che una responsabilità potrebbe esserci: Vito e la mamma del piccolo Alessio hanno dato mandato a un battaglione di legali cosentini, tra cui le avvocate Antonella Falvo, Susanna Cecere e Daniela Santelli, per verificare la presunta colpa medica di chi avrebbe potuto e dovuto diagnosticare la microcefalia per tempo (e per farlo sarebbe bastata un’attenta ecografia) e non l’avrebbe fatto. Ma questa non è la sede per additare nessuno, visto che l’aspetto legale della vicenda di Alessio e della famiglia Trotta sarà deciso dai giudici di Rossano. Occorre spiegare, a questo punto, cosa sia la microcefalia, per far capire al lettore il dramma della famiglia Trotta: è una malformazione per cui la circonferenza del cranio di chi ne è affetto è inferiore, a volte di molto, alla media. Da ciò una serie di disturbi terribili: ritardi intellettivi, difficoltà di tutti i tipi nella vita quotidiana e, a volte, attacchi di epilessia. Purtroppo è il caso del piccolo Alessio, che in questi giorni è ricoverato a Roma, anche per i suoi disturbi epilettici. Ma Roma e l’Italia, per curarlo, non bastano. La speranza è molto più lontana: è a Cuba. Ma un pescatore può guadagnare abbastanza per affrontare questo viaggio della speranza dal cui buon esito dipende la possibilità, per Alessio, di recuperare il minimo sindacale di una vita normale? E questo “minimo” lo spiega papà Vito con parole semplici: «Reggersi in piedi, visto che ora non può farlo». Non basta: Alessio è arrivato ad avere quattordici crisi epilettiche in un giorno solo ed è privo di autosufficienza persino nel nutrirsi. Una situazione tragica, troppo grande per un bambino così piccolo. E allora, come s’è detto già, l’orgoglio cede all’amore. Ed è l’amore che spinge Vito Trotta a chiedere aiuto: «Ogni giorno ringrazio sempre Dio per far sì che sia ancora mio figlio. Non è semplice per me chiedere un aiuto economico, ma lo faccio appellandomi alla generosità di tanti genitori come me». Io, prosegue Vito, «non ho la possibilità economica di aiutare mio figlio, perché sono un semplice pescatore, e credetemi sono inerme davanti al suo dolore e a quello di mia moglie, ma so che non devo e non posso arrendermi, che devo lottare con coraggio pur sapendo che mio figlio non potrà mai essere un bambino “normale”, ma è mio obbligo di padre, cercare almeno di dargli una vita più dignitosa di quella che ha ora, consapevolmente però che oltre al mio grande amore non posso dargli nulla, e per questo, mi sento impotente nel vederlo soffrire». C’è altro d’aggiungere? A chi può intervenire con una piccola donazione, mettiamo a disposizione l’Iban dei genitori di Alessio: “IT82E0889280691000000393858”. Non servono i miliardi ma solo tanta solidarietà: «I bambini sono creature innocenti e non meritano di star male», conclude Vito sconsolato. «È così difficile il mestiere di genitore». Come dargli torto?
Saverio Paletta – Fonte Calabria Ora